Omelia (09-02-2025) |
padre Antonio Rungi |
In barca con noi La quinta Domenica del Tempo Ordinario ci offre il brano evangelico della pesca miracolosa. Un testo molto importante, anche se è conosciuto e commentato più di qualche volta nelle nostre celebrazioni quotidiane. Certamente nel contesto del tempo moderno è attuale ed esso assume un significato speciale su cui è opportuno riflettere. Gesù, come si legge nel Vangelo, chiede agli apostoli di prendere il largo. Ha necessità di insegnare ad una grande folla e quindi sale su una barca, perché tanta era la gente lungo la riva del mare di Genezaret. Egli avverte l'urgenza di scostarsi un poco dalla riva, Gesù fa questa azione per essere in continuità con quello che già sta svolgendo nell'ambito della sua missione e del suo apostolato. Ma subentra un fatto nuovo. Nel dialogo con gli apostoli esce fuori la questione della mancata pesca nel corso della nottata. Le barche che erano ormai ormeggiate senza alcuna raccolta di pesce sono una desolazione. Questo rappresenta per gli apostoli un motivo per essere preoccupati e angosciati, in quanto non avendo pescato nulla, non potevano portare qualche cosa a casa e tantomeno vendere sul mercato quello che avevano pescato per acquistare qualcosa per la famiglia. Quindi lo scoraggiamento subentra nella vita di questi pescatori di Galilea al punto tale che poi Gesù dice, che non avendo pescato niente durante la notte, di buttare la rete nella parte destra. Pietro ha dei dubbi inizialmente, ma poi si convince di doverlo fare e infatti esegue l'ordine del maestro. Prendono il largo queste barche e dopo il tempo necessario per poter calare le reti e riportarle sulla barca che si accorgono che esse erano strapiene di pesci, al punto tale che si rompevano. Le stesse barche erano insufficienti per portare il carico così straordinario che avevano ricevuto dalla beneficenza del Signore. Una volta chiaramente vissuta l'esperienza della gratitudine di Dio, Pietro si rivolge al Signore e gli dice apertamente: allontanati da me che sono un peccatore. Riconosce in Gesù, quindi il Salvatore, il Redentore, che rimette i peccati e lui si riconosce peccatore che ha bisogno dell'aiuto di Dio. E Gesù non fa mancare questo aiuto al capo degli Apostoli a cui dice: Non ti preoccupare stai sereno. Da ora in poi cammineremo su altre strade per portare benessere all'umanità, sarai un pescatore di altro genere. Infatti il testo del Vangelo si conclude con questa affermazione: che i discepoli lasciarono tutto e lo seguirono. Il dono della pesca miracolosa che avevano ricevuto dal Signore è l'occasione per gli apostoli di lasciare qualsiasi cosa pur di seguire la vera vocazione e missione. Essere evangelizzatori della speranza e della gioia di vivere in ogni tempo e in luogo, dove il Signore li invia per portare la vera vita. Il testo della pesca miracolosa è certamente un tema molto attuale. Gesù oltre a far raccogliere abbondantemente il frutto del mare e a poterlo poi usare per mangiare fa un discorso di impegno a lungo termine che gli apostoli devono assumersi proprio partendo da quel momento. Essere pescatori di anime lontane da Dio e fuori della Chiesa. È il miracolo dell'abbondanza e dell'inclusione, della speranza oltre ogni speranza. Non bisogna mai scoraggiarsi di fronte alle prove della vita, di fronte alla stessa sofferenza e morte anche dei nostri parenti o amici. Pensare che l'eternità effettivamente è una prospettiva di pesca nel mondo di tante persone che si sono allontanati da Dio e che non vivono l'esperienza della preghiera e dei sacramenti. In fondo questo ha voluto fare il Signore oltre che ad essere nella barca della chiesa e dell'umanità e salvare l'una e l'altra dal fallimento. Senza il Signore non possiamo fare nulla. È indispensabile che Egli salga a bordo con noi in quella barca della nostra vita per rendere sicuro e fruttifero il nostro cammino. |