Omelia (13-02-2025)
Missionari della Via


Del brano di oggi, forse più del miracolo di Gesù colpisce l'atteggiamento di questa donna siro-fenicia, dunque pagana, non appartenente al popolo di Israele. In particolare, ci è di esempio la sua umiltà: prega Gesù con insistenza, non si scoraggia dopo il rifiuto, non si offende dopo le motivazioni del diniego e non parla mossa dall'orgoglio ferito. Chi di noi ci sarebbe riuscito? L'atteggiamento di questa donna sembra suggerirci che l'umiltà può tutto: non la superbia, non l'arroganza ma l'umiltà. Questa donna si fa umile perché ha chiaro che c'è qualcosa di più importante di sé stessa e del proprio orgoglio: il bene di sua figlia. Cosa conta più di noi stessi? Il bene, l'amore, la verità. Non potremo mai accogliere il molto che Dio ci vuol dare se non ci rendiamo umili. Non potremo mai amare sul serio se non diventiamo umili. Non potremo mai difendere e diffondere la verità se non ci facciamo umili. Più siamo pieni di noi, più saremo vuoti di Dio. Più siamo pieni di boria, meno lo saremo della grazia! Gesù per primo ha percorso la via dell'umiltà, spogliandosi della sua divinità pur di salvarci. Lui, nostro Signore, creatore e salvatore, si è lasciato sbeffeggiare e umiliare durante la passione. Quale esempio! E San Paolo dirà che proprio per questa sua umiltà, e il suo farsi obbediente fino alla morte, Dio Padre lo ha risuscitato. E così, in scia a Gesù, vediamo la Vergine Maria; umile, piccola, nascosta, eppure piena di ogni grazia. E come lei stessa cantò nel Magnifica: «il Signore ha guardato l'umiltà della sua serva, tutte le generazioni mi chiameranno beata». Cosa è che vince il mondo? A cosa Dio "non resiste"? Qual è il fondamento di ogni virtù? Qual è quella cosa senza la quale non vi è vera santità? Una parola sola: l'umiltà!

«Il bambino di qualche mese che vuole un oggetto luccicante può gridare per farselo dare. Può anche tendere la mano, lasciarla ricadere per la stanchezza, tenderla ancora, per ore. Sua madre finirà col notarlo e non potrà sopportarlo: gli darà l'oggetto. Una formica si arrampica su un piano verticale e liscio, fa qualche centimetro, e cade, si arrampica ancora, e cade, si arrampica ancora, e cade. Un bambino che l'osservi si divertirà dinanzi a questo spettacolo per dieci minuti, poi non potrà più sopportarlo; mette la formica su un filo di paglia e la solleva al di sopra del piano verticale. Così, stancando Dio con la nostra pazienza, lo costringiamo a trasformare il tempo in eternità. Una pazienza capace di stancare Dio procede da un'umiltà infinita. L'umiltà ci dà un potere su di Lui. Solo il nulla perfettamente vuoto può coniugarsi con l'essere perfettamente compatto. Solo mediante l'umiltà possiamo essere perfetti come il Padre nostro. Per questo occorre un cuore completamente stritolato. Una preghiera fatta di gesti, come quella della formica che sale e ricade, è ancora più umile di una preghiera espressa con parole o grida anche interiori o con un desiderio tacitamente diretto. Significa sapere che non si può nulla, e tuttavia esaurirsi in sforzi riconosciuti come inutili, nell'attesa umile del giorno in cui forse sarà notato dalla Potenza che non si osa implorare. Non c'è atteggiamento di maggiore umiltà dell'attesa muta e paziente» (Simon Weil).