Omelia (01-03-2006)
Antonio Pinizzotto
Dio è "infinitamente" Misericordioso!

«Perdonaci, Signore: abbiamo peccato» (Salmo responsoriale).
Questo canto unanime della Chiesa si eleva a Dio, che ci dona un nuovo tempo di grazia per farci sperimentare quanto è grande il Suo Amore per noi, quanto è infinita la Sua Misericordia verso i Suoi figli.
Con il tradizionale rito dell'imposizione delle ceneri vogliamo assumere l'impegno di convertire il nostro cuore verso gli orizzonti nuovi della Grazia.
La Quaresima, che oggi iniziamo, cammino che ci conduce alla celebrazione annuale della Pasqua di Cristo, è la scuola che dobbiamo frequentare per imparare l'Amore, l'Amore che Dio ha per noi, tanto da rendersi sempre disponibile al perdono, e l'Amore che noi dobbiamo nutrire per i fratelli, dove si realizza il progetto di Comunione universale, pensato da Dio sin dalla creazione.

La Liturgia della Parola, oggi e in questo tempo più che mai, è ricca di orientamenti per la nostra vita e di spunti per la nostra riflessione. E noi, riconoscendoci affamati e assetati della Parola di verità e di vita, non possiamo che gustarla per farne il tesoro della nostra vita.

La Prima Lettura, tratta dal libro del profeta Gioele, è una Liturgia penitenziale, nella quale la voce di Dio richiama il Suo popolo ad un pentimento sincero e non formale, apparente: «"Ritornate a me con tutto il cuore, con digiuni, con pianti e lamenti". Laceratevi il cuore e non le vesti... Suonate la tromba in Sion, proclamate un digiuno, convocate un'adunanza solenne. Radunate il popolo, indite un'assemblea, chiamate i vecchi, riunite i fanciulli, i bambini lattanti; esca lo sposo dalla sua camera e la sposa dal suo tàlamo. Tra il vestibolo e l'altare piangano i sacerdoti, ministri del Signore, e dicano: "Perdona, Signore, al tuo popolo e non esporre la tua eredità al vituperio e alla derisione delle genti"» (cfr. Gl 2,12-18).
Oggi siamo noi, il nuovo Israele, chiamati a convertire il nostro cuore a Dio, mentre il peccato ci opprime e ci rende schiavi.
Il Signore Dio ci offre ancora il suo perdono, invitandoci a tornare a Lui con un cuore nuovo, purificato dal male che lo opprime, per prendere parte alla Sua Gioia.
Alla scuola di Cristo, Maestro e Signore, dobbiamo abbandonare la strada delle condanne, dei giudizi, delle sentenze spietate, per imparare il linguaggio del perdono, dono di Dio che si rende necessario alla nostra società e al nostro tempo, minati dalla guerra, dalla vendetta, dalla violenza, dal terrorismo... ovvero, dal male!
Il Papa Benedetto XVI, nel suo Messaggio per la Quaresima che oggi iniziamo, riporta un pensiero dell'amato suo predecessore, Giovanni Paolo II, tratto dal suo libro "Memoria e identità", dove si afferma che c'è un limite divino imposto al male ed è, in definitiva, la divina misericordia (cfr. pag. 29).
Amati fratelli e sorelle nel Signore, abbiamo bisogno di fare esperienza grande della Divina Misericordia, perché possiamo essere sollevati dai pesi delle nostre cadute.
Da qui l'impegno alla penitenza, al digiuno, alla preghiera, all'elemosina... in sostanza, alla conversione, per incontrarci con quel Dio che è infinitamente misericordioso!

«Guardatevi dal praticare le vostre buone opere davanti agli uomini per essere da loro ammirati» (Mt 6,1).
La pagina del Vangelo, che abbiamo ascoltato in questa Liturgia, sostenendo la pratica del digiuno che oggi certamente stiamo praticando, come primo nuovo impegno di questo tempo di grazia, ci aiuta a comprendere lo stile per il nostro incontro con Dio e con la Sua Misericordia.
Gesù insegna ai discepoli, cioè a noi, ad essere "veri" e non ipocriti nel nostro rapporto con Dio: l'elemosina, la preghiera, il digiuno sono le "opere buone" da compiere nel segreto del cuore dove Dio ha l'esclusiva di leggere, altrimenti risultano essere soltanto motivi per trovare il plauso degli uomini, di cui Dio non sa che farne!
Quanta ipocrisia c'è oggi tra noi, nei nostri cuori induriti dall'orgoglio, dalla presunzione, dall'ira, dal desiderio di vendetta e di successo, dall'intenzione di dimostrare sempre agli altri tutto ciò che siamo e abbiamo!
Il Signore, in questo nuovo tempo di Quaresima, ci invita ad un rapporto di intimità profonda con Lui, dove la nostra coscienza è chiamata ad esprimere quei giudizi sinceri che ci permettono di riconoscere le nostre infedeltà, la grandezza infinita della Misericordia di Dio e la ricchezza che è ogni fratello che Dio ci ha posto accanto!
La Quaresima, fratelli e sorelle carissimi, esige un svolta significativa e concreta della nostra vita, un ritorno autentico a Dio che è infinitamente misericordioso.
Con sofferenza notiamo oggi che la nostra fede ha perso la sua carica interiore per diventare soltanto una vuota pratica di azioni, che neppure il cuore controlla.
Tornare a Dio significa abbandonarsi come bambini tra le sue braccia, fidarsi unicamente e totalmente di Lui, affidare a Lui tutto ciò che siamo e abbiamo, senza "se" e senza "ma", allacciare quel rapporto di Amore dove le parole e le pratiche non hanno senso, poiché nell'Amore ha voce solo il cuore!

L'elemosina, di cui Gesù ci parla, è aprire il nostro cuore alla Carità, sapendo privarci di qualcosa di nostro, non di ciò che ci è di superfluo, per condividerlo con i fratelli. Ciò riguarda non solo i beni materiali, ma anche e soprattutto quelli spirituali.
Viviamo nella nostra società un tempo in cui le nuove povertà emergenti sembrano avere una crescita inarrestabile; chi ha il portafogli pieno e il cuore vuoto è povero: quanti, tra quelli con cui condividiamo la nostra quotidianità, vivono in questa situazione? C'abbiamo mai pensato? Ce ne siamo mai accorti? Cosa facciamo per loro? Forse non ci vuole molto; può bastare un gesto, una parola, uno sguardo, un po' di disponibilità ad ascoltare l'intimo dolore della gente senza giudicarla, condannarla, senza avere la soluzione per tutto... questo è il nostro aprire il cuore alla Carità! Disporre del nostro tempo e dei nostri talenti facendone parte a chi ci sta accanto, tenendo magari un po' di compagnia a qualche persona sola o ammalata, provando a fare una passeggiata con qualche persona che sta attraversando un momento di prova nella sua vita, dedicando qualche ora della nostra settimana al volontariato, al servizio in Parrocchia, riallacciando rapporti troncati per via di incomprensioni... Sono questi i "piccoli" gesti che ci fanno grandi davanti a Dio e non davanti agli uomini, che ci fanno rifiutare l'ipocrisia e la superbia! Sono questi "piccoli" gesti che riempiono il nostro cuore d'Amore poiché, mentre siamo chiamati a "dare", "riceviamo" un tesoro grande, che va' ben al di là delle leggi del mercato e dell'economia a cui siamo abituati.

Un altro aspetto su cui il Vangelo di oggi si sofferma è la preghiera.
In genere, sono due le situazioni in cui ci ritroviamo: la prima è quella che ci porta ad avere un rapporto con la preghiera legato alla "pratica", ovvero alla recita, troppo spesso meccanica, di parole e di frasi che le nostra labbra emettono senza che il cuore ne abbia alcuna influenza. La preghiera del Rosario, per esempio, è una delle preghiere più belle di noi cristiani; eppure, quante parole vuote si dicono! Mentre "preghiamo" pensiamo a tutto, eccetto a Maria, la nostra Mamma celeste, per chiederle di intercedere per noi presso il Suo Figlio Gesù!
La preghiera non è altro che intimo dialogo con Dio, è parlare con Lui, dire a Lui tutto ciò che siamo e abbiamo, chiedendo conforto, aiuto, protezione, grazia... La preghiera è dialogo d'Amore con Lui che ci ricolma dei suoi doni; da qui la nostra lode e la nostra gratitudine a Lui!
La preghiera esige, pertanto, l'intimità dove il nostro cuore si apre nella confidenza più totale alla Misericordia di Dio, che è Padre e che ci comprende fino in fondo.
La seconda situazione, in cui spesso ci ritroviamo, è invece quella in cui non preghiamo mai, perché non abbiamo il tempo per farlo, presi dalla frenesia delle nostre giornate, o perché non sappiamo pregare. Ma come è possibile ciò? Come non trovare il tempo per dialogare con Colui da cui abbiamo ottenuto tutto, con Colui che ci è Padre e cammina "discretamente" accanto a noi senza disturbarci? Quanto può essere lungo il nostro cammino quando vogliamo, o semplicemente pensiamo di fare a meno di Lui?
La preghiera è elemento necessario per il cristiano, è quel pane spirituale senza cui non è possibile reggersi in piedi. La preghiera è quel dialogo d'Amore con Dio, dove le parole sono soltanto un elemento marginale, nel quale Lui si fa nostro "Compagno di viaggio" e la nostra fatica è dimezzata, perché Lui porta con noi il peso delle nostre fatiche.

Ancora un aspetto su cui oggi Gesù si sofferma è il digiuno. Questa pratica era molto attiva al tempo di Gesù, ma il risultato era solo l'ipocrisia, perché quel digiuno non permetteva di raggiungere il cuore e quindi Dio, ma era semplicemente una pratica esteriore.
Lo stesso rischio lo corriamo anche noi, che magari in modo "certosino" ci asteniamo dal mangiare le carni il venerdì, ma che non sappiamo fare tesoro di questo esercizio per crescere nell'Amore verso Dio e fratelli.
Per questo, sembra opportuno, che ciascuno di noi, secondo coscienza, trovi la forma di digiuno più adeguata alla propria persona per vivere meglio la Quaresima, tenendo fisso l'obiettivo che il digiuno è privazione di qualcosa o di alcune cose per capire la necessità di Dio nella nostra vita. Digiuniamo, allora, dai vizi, dal soffermarci troppo davanti alla televisione, da qualche lettura non edificante, da un divertimento sfrenato, dal pettegolezzo, dal giudicare le persone, dal trattare i fratelli come se fossero nostri servi, cominciando, in particolare, dalla nostra famiglia... per dedicare magari un po' di tempo in più alla preghiera, alla lettura e alla meditazione della Parola di Dio, al dialogo con chi ci sta accanto, con chi ha bisogno... purché tutto giovi alla nostra edificazione nei confronti di Dio, affinché possiamo crescere nell'Amore.

«Vi supplichiamo in nome di Cristo: lasciatevi riconciliare con Dio. [...] Ecco ora il momento favorevole, ecco ora il giorno della salvezza!» (2 Cor 5,20.6,2).
L'invito di Paolo può costituire la sintesi di quanto detto. L'Apostolo qui vuole parlare ai nostri cuori, perché essi si lasciano davvero guidare da Dio e scoprire l' oggi della salvezza che Egli ci chiama a vivere.
Riscopriamo la nostra identità di battezzati, di morti e risorti con Cristo, camminando in novità di vita verso la Pasqua del Signore, per fare esperienza ancora con Lui della vittoria sul peccato e sulla morte.
A Lui chiediamo, con le parole di Davide: «Rendimi la gioia di essere salvato» (Sal 50,14).
Accostiamoci, dunque, a ricevere le ceneri, segno eloquente del fallimento, di ciò che è stato bruciato, consumato, distrutto. Le ceneri parlano del nostro peccato, della nostra fragilità, di ciò che ha intaccato e deturpato la nostra vita. Ricevendole sul nostro capo vogliamo assumere, in tutta coscienza, l'impegno a cambiare la nostra vita, per darle il senso giusto, quello per cui Dio ci ha creato, andando a scoprire la dignità e la bellezza di essere i suoi figli.
Andiamo a gustare in questo tempo di grazia che Egli è infinitamente Misericordioso con noi, che il Suo perdono è più grande della nostra colpa e che Egli non si è stancato ancora di amarci!
La Vergine Maria, che conosce bene la "fatica del cuore" e la "notte della fede" (cfr. Enciclica Redemptoris Mater di Giovanni Paolo II, n°17), interceda per noi e ci ottenga il dono dell'autentica conversione a Dio!
Amen!

Buona Quaresima!