Omelia (26-02-2025)
Missionari della Via


Nel testo di oggi potremmo dire che Gesù incoraggia i suoi discepoli a non spegnere il bene, anche in germe, che c'è negli altri. Il Signore ci chiama ad essere inclusivi e accoglienti, non esclusivi ed escludenti! Guardiamo al testo: i discepoli vedono un tale che stava compiendo un esorcismo nel nome di Gesù ma loro volevano impedirglielo perché non era del loro gruppo! Il bene compiuto passa in secondo piano rispetto all'appartenenza alla propria cerchia. Quando atteggiamenti faziosi, sospettosi, di chiusura di fronte alla diversità (dell'altro, di un carisma, di un movimento nella Chiesa) si fanno largo, è segno che si stanno chiudendo le porte del cuore allo Spirito! Quando il "bene secondo me" prende il sopravvento sul "bene in sé" si possono giungere ad ostacolare gli altri che, nella varietà dei doni e dei carismi, stanno seguendo il Signore e operando nel suo nome! Quando viene meno il senso di appartenenza a Cristo e alla Chiesa o lo si assolutizza in riferimento al gruppo o al movimento di cui si fa parte, il rischio è quello di chiudersi agli altri e non riuscire a vedere e valorizzare il bene che essi compiono. Riflettiamo seriamente sul nostro modo di guardare, di parlare, di scegliere e di agire. E chiediamoci: siamo costruttori di comunione? Concretamente, cosa facciamo per costruirla?

Tra i tanti aspetti possibili, portiamo nel cuore un importante principio esistenziale ed educativo: esercitiamoci nel valorizzare il bene che c'è negli altri. Tante volte lamentiamo che le persone che abbiamo accanto non cambiano. La domanda è: noi diamo loro modo e tempo di cambiare? Ad esempio, una persona che vive con noi fa una cosa bella? Anziché dire "era ora, oggi nevica!", oppure "va beh, ma potevi fare meglio", diciamo un bel grazie o facciamo un bel complimento! Oppure una persona sbaglia a dire o a fare qualcosa: anziché stroncarla con improperi di ogni genere, cerchiamo di capire perché l'ha fatto; se c'è, mostriamo il lato positivo di ciò che ha detto e a quel punto, indichiamo ciò che può essere fatto o detto meglio e incoraggiamola! Valorizzare dunque il bene, per portarlo alla perfezione: ecco un grande principio dell'educazione! Un principio che Dio per primo usa con noi e che anche noi suoi figli siamo chiamati ad usare gli uni con gli altri.

«La carità si rallegra nel veder crescere l'altro. Ecco perché soffre quando l'altro si trova nell'angoscia: solo, malato, senzatetto, disprezzato, nel bisogno... La carità è lo slancio del cuore che ci fa uscire da noi stessi e che genera il vincolo della condivisione e della comunione» (papa Francesco).

«Il nostro compito di cristiani è testimoniare la gioia del Risorto restando uniti, anche in mezzo a tante sofferenze. Dovremmo essere una presenza di amore e di speranza per tutti anche per i dubbiosi e gli incerti. Ma dove trovare le forze? Dove attingere il coraggio e la gioia di testimoniare? Mentre "la connessione digitale non basta per gettare ponti, non è in grado di unire l'umanità", la connessione con Dio, invece, nella preghiera, libera il cuore da ogni pesantezza spirituale e morale e lo rende capace di comunicare con tutti al di là di ogni limite o difetto di connessione. L'ascolto della Parola di Dio ci guarisce e ci rende capaci di uscire da noi stessi per affrancarci non solo dal Covid ma anche da quel "virus mortifero dell'indifferenza, dell'autoreferenzialità che ci isola dagli altri e ci ripiega su noi stessi". Restare uniti e connessi significa dialogare, incontrarsi e trasmettersi, reciprocamente, tutte quelle belle iniziative di carità che, come singoli o come gruppi e comunità, stiamo già realizzando in uno spirito di servizio umile e generoso, consapevoli che può servire "con amore solo chi comprende che tutto, nel suo esistere, è dono e che la sua stessa vita acquista senso solo nel donarla» (don Alfonso Giorgio).