Omelia (05-03-2006) |
mons. Ilvo Corniglia |
Il tempo di Quaresima, che nel suo duplice carattere "battesimale e penitenziale" è tutto proteso e polarizzato verso la Pasqua, ripropone al popolo cristiano un cammino impegnativo di conversione. Vale a dire, siamo chiamati a ritornare al Signore, concentrando la nostra attenzione su di Lui e scoprendo che Egli ci attende e ci guarda con infinita misericordia. Ma lo sguardo di Dio su di me (che grazia poterlo avvertire!) desidera incontrare il mio sguardo su di Lui. Se Dio mi guarda io non posso guardare altrove. E' questa, precisamente, la tentazione che subiamo di continuo: voltare le spalle a Lui per lasciarci catturare da ciò che non è Dio e non può assicurarci felicità e salvezza. Abbiamo ascoltato nella prima lettura la promessa che Dio fa in un mondo rinnovato dopo il diluvio: la promessa di fedeltà alla sua creazione, un'alleanza eterna con cui Egli si impegna a custodire gli uomini e tutti gli esseri viventi contro ogni minaccia alla vita, che possa provenire anche dagli uomini stessi (Gn. 9, 8-15). La risposta riconoscente e generosa dell'uomo all'iniziativa divina non può mancare. Come attuare nel concreto la nostra conversione? Tre sono le parole - chiave che scandiscono il percorso quaresimale: preghiera-penitenza-carità. Non sono soltanto mezzi per arrivare a Gesù e quindi al Padre, ma sono suoi doni che ti rendono uomo nuovo, cioè risorto. La preghiera come dialogo d'amore col Signore. Impari ad ascoltare la sua voce che risuona nel cuore e la sua Parola contenuta nella Scrittura, soprattutto quella che Dio ti dona ogni domenica durante la celebrazione eucaristica. A tua volta, poi, tu parli con Lui, come il figlio col padre, come l'amico con l'amico, lodandolo, ringraziandolo, affidandogli te stesso e gli altri, domandandogli perdono. La penitenza come libertà interiore, quando ti accorgi che sei troppo dipendente da qualcosa o da qualcuno. La carità come amore gratuito, come gesto concreto, come il saperti accorgere delle occasioni in cui Gesù si presenta a te piccolo, povero, bisognoso. Il Papa incentra il suo messaggio per la Quaresima sul passo evangelico "Gesù, vedendo le folle, ne sentì compassione" [Mt9,36; cfr 14,14, 15,32]. Si tratta di convertirsi a un impegno "vivo e urgente verso i poveri del mondo", condividendo l'amore misericordioso del Signore. Impegno, per ciascuno e in primo luogo per "chi ha responsabilità politiche ed ha tra le mani le leve del potere economico e finanziario, di promuovere uno sviluppo basato sul rispetto della dignità di ogni uomo". Tradizionalmente la prima domenica di Quaresima ci pone in contatto con Gesù che nel deserto subisce l'assalto del diavolo, ma non soccombe, riporta vittoria su di lui e su tutte le sue suggestioni. Quest'anno la Chiesa ci fa ascoltare il racconto di Marco, che è molto più breve rispetto alle narrazioni piuttosto sviluppate di Matteo e di Luca. Marco sottolinea la permanenza di Gesù nel deserto - dove è stato sospinto dallo Spirito ricevuto dopo il battesimo- più che le singole tentazioni. Ritirandosi nel deserto Gesù fa un'esperienza autenticamente biblica. Si pensi per es. ai quarant' anni trascorsi nel deserto dal popolo di Israele. Si pensi anche all'esperienza del profeta Elia, che attraversa il deserto, sostenuto da un misterioso cibo donatogli da Dio, per arrivare al monte Oreb (Sinai) dove incontrerà il Signore. Gesù fa anche l'esperienza più autenticamente umana e religiosa dell'uomo sotto ogni latitudine: per riflettere a fondo, per maturare una scelta e un'impostazione della propria vita, per pianificare e programmare la propria attività, è necessario il silenzio, è necessaria la solitudine. Una solitudine, però, riempita dalla presenza di Dio, vissuta nel dialogo con Lui. Il ritmo frenetico e spesso vorticoso del nostro tempo non incoraggia questa esperienza di deserto. Si direbbe che molti - anche cristiani praticanti - hanno paura di fermarsi a riflettere: forse temono di spaventarsi di fronte al profondo vuoto interiore; non se la sentono di rimettere in questione tante scelte di comodo; non se la sentono di buttare giù una certa maschera dal loro volto. E allora meglio non pensarci, meglio tuffarsi in un'attività febbrile o accontentarsi delle esperienze più o meno gratificanti che il momento offre. E così si continua a giocare e a scommettere su tante cose secondarie, magari anche banali o negative, e non ci si decide mai a scegliere l'essenziale. Occorre, perciò, la saggezza e il coraggio di "ritirarsi nel deserto". E ciò è possibile anche nel frastuono della città. Il deserto, se nell'esperienza biblica e anche soltanto umana è il luogo dell'incontro con Dio, è pure il luogo della tentazione. Per Israele il tempo del deserto era stato il tempo del primo amore e del fidanzamento col Signore. Ma anche il tempo dei grandi tradimenti, dei gravi peccati del popolo, che non aveva saputo vincere le molteplici tentazioni che nel deserto lo insidiavano. Anche Gesù nel deserto, dove si è ritirato per prepararsi alla missione, è raggiunto dalla tentazione di Satana. Anzi Marco - diversamente da Matteo e Luca - nota che la tentazione è un fatto permanente, cioè accompagna Gesù durante tutto il soggiorno nel deserto. Marco, nella sua grande sobrietà, non rivela il contenuto della tentazione, come faranno invece Matteo e Luca. Comunque possiamo capirlo. In effetti, lungo tutto il Vangelo di Marco vediamo Gesù continuamente impegnato a correggere nei discepoli e nella folla quella falsa concezione secondo cui la salvezza viene da un messianismo facile e trionfalistico e non invece esclusivamente dall'amore che si abbandona a Dio e si fa servizio fino alla croce. Ecco la tentazione che Gesù ha sentito forte nel deserto quando preparava il suo piano d'azione: operare la salvezza attraverso la via del potere e del successo, che ammalia e seduce la gente. Un progetto, però, che era agli antipodi del progetto divino: salvare gli uomini col servizio disarmato e impotente di chi ama fino a morire. Questa tentazione si ripresenterà puntualmente a Gesù in ogni tappa del suo ministero e assumerà una violenza inaudita nell'ora della Passione, quando Gesù si troverà in preda alla paura e all'angoscia di fronte alla morte. Attraverso questa tentazione, che prende le forme più diverse, è Satana, il grande nemico - non un simbolo, ma una presenza reale, personale, anche se misteriosa - che cerca di separare Gesù da Dio suo Padre, boicottando il disegno di Dio. Ma Gesù in una lotta dura e sofferta, perseverando nella sua scelta controcorrente, rimane fedele a Dio e al suo progetto fino alla morte. In tal modo riporta una vittoria completa sulla tentazione, alla quale aveva ceduto Israele nel deserto e, prima ancora, l'umanità ai suoi inizi. A tale vittoria di Gesù sembra alludere Marco notando che "stava con le fiere (forse simbolo degli spiriti malvagi)" e "gli angeli lo servivano (nel senso soprattutto che lo proteggevano contro gli assalti del Maligno cfr. Sal. 91, 11-13)". I cristiani non possono pretendere che sia loro risparmiata la prova. L'affrontano però nella certezza che il Signore Gesù ha vinto Satana e rimane accanto a loro. Egli ci insegna a pregare il Padre: "non ci indurre in tentazione", cioè fa' che non soccombiamo alla tentazione di tradirti, di perdere la fede. In definitiva è la fede che il tentatore cerca di insidiare, portando un figlio di Dio a essere diverso da come suo Padre lo vuole. In questa lotta permanente Gesù ci sostiene e oggi, all'inizio della Quaresima, ci consegna una "parola d'ordine", una "parola di vita" per il nostro itinerario verso la Pasqua: "Il tempo è compiuto". La grande svolta nella storia e nella tua storia personale è arrivata. La Felicità è a portata di mano. "Il Regno di Dio è vicino". Attraverso Gesù Dio si fa accanto a te per cambiare il tuo destino, per renderti suo amico, per donarti un futuro incredibilmente nuovo e beato. A quale condizione? "Convertitevi e credete al Vangelo". Dio non ti costringe, non può regalarti se stesso se tu non ci stai e non gli spalanchi la porta. Convertirsi - ecco l'impegno quaresimale - vuol dire appunto restituire a Dio il primo posto nella vita stanando e scacciando Satana da ogni angolo anche il più nascosto della nostra esistenza. Credere al Vangelo vuol dire lasciarsi affascinare dalla buona notizia del Regno, cioè Dio amore che si dona in Gesù. La buona notizia e l'appello contenuti in queste parole di Gesù li lasceremo risuonare a lungo nel nostro cuore durante il cammino quaresimale. Nessuno, qualunque sia la sua situazione e il suo stato d'animo, vorrà perdere l'appuntamento con la felicità. Ogni preghiera - sia pure breve o spontanea - detta col cuore; ogni atto di vera attenzione e di misericordia verso gli altri, specie se sofferenti; ogni rinuncia, anche piccola, al nostro egoismo, per condividere: sono tutti passi concreti nel cammino di conversione che in Quaresima abbiamo il dono di ripercorrere insieme, sostenendoci a vicenda. Come non provare il desiderio di "ricominciare", nella novità del cuore e delle opere, in questo tempo di grazia, vera "primavera dello Spirito", in cui "tutto rifiorisce...e noi, resi sempre più nuovi dal perdono del Signore, possiamo cantare un canto nuovo" (da un inno della Quaresima)? |