Omelia (23-02-2025)
don Michele Cerutti
Amare i propri nemici e non giudicare: come si fa?

La strada del Vangelo abbiamo visto domenica scorsa è impegnativa.
In questa celebrazione siamo condotti ancora su strade più impervie. Il rischio è che la pagina evangelica proclamata la scorsa settimana diventi una serie di slogan.
Oggi la Liturgia della Parola concretizza il piano di azione a cui i discepoli debbono attenersi.
Ci viene offerto il primo grande insegnamento: l'amore per i propri nemici.
Viviamo tempi a livello mondiale che non vanno sicuramente in questa direzione.
Il Medio Oriente è sempre di più lo specchio di quello che dico.
Israeliani e palestinesi da anni vivono nell'odio reciproco. Ucraini e russi continuano a bombardarsi senza tregua.
A livello più familiare vediamo fratelli e sorelle bisticciare per eredità. Mariti e mogli giurarsi vendette.
L'aria che respiriamo è questa.
Il cristiano è come il pesce salmone che deve andare non dove tira l'acqua a valle, ma tornare alla fonte quindi andando controcorrente.
Non è semplice sicuramente, ma Luca lo dice all'inizio del suo Vangelo: Nulla è impossibile a Dio.
Gesù nel proporre questo insegnamento lo ha vissuto in prima persona in tutta la sua vita, ma in particolare sulla Croce.
L'esperienza di Santi come Stefano e Maria Goretti ci viene in aiuto.
Papa Francesco in Sri Lanka nel 2019 durante la sua vita apostolica ci offre una riflessione che colpisce per la profondità e per aiutarci a comprendere:
«il credente, cosciente di potere operare il male anche quando vorrebbe fare il bene, ha la convinzione profonda che Dio gli perdona, che lo ama pure quando fa il male. L'amore di Dio non è mai meritato; è grazia, per questo precede addirittura il pentimento dell'uomo. Tutti vangeli sono una testimonianza del rimettere i peccati, del perdonarli da parte di Gesù, e la fede dei discepoli ha potuto leggere la sua venuta come perdono per tutti gli uomini. Anche in croce, come in tutta la passione, non solo Gesù non ha risposto alla violenza ricambiando il male, ma ha chiesto a Dio di perdonare ai suoi carnefici. Da questa sua capacità di perdonare, egli chiede ai suoi discepoli di essere uomini e donne pronti a perdonare. Il discepolo dunque sta di fronte a Dio con umiltà e può pregarlo: "Perdona i nostri peccati, come anche noi li perdoniamo a chi ci ha offeso". Il perdono che siamo capaci di dare agli altri è quanto di più prezioso abbiamo ricevuto. Nella vita niente si risolve con la vendetta, non tutto si risolve con la giustizia. Soprattutto laddove si deve mettere un argine al male, qualcuno deve amare oltre il dovuto, per ricominciare una storia di grazia. [...] Dio dona ad ogni cristiano la grazia di scrivere una storia di bene nella propria vita e in quella dei suoi fratelli, specialmente di quelli che hanno compiuto qualcosa di spiacevole e di sbagliato. Con una parola, un abbraccio, un sorriso, possiamo trasmettere agli altri ciò che abbiamo ricevuto di più prezioso, cioè il perdono. Viviamo perché siamo stati perdonati continuamente, e la memoria viva di questo perdono ci permette di perdonare agli altri».
È Cristo stesso colui che ci perdona e quindi noi come discepoli siamo in grado di esprimere questo perdono.
La lezione prosegue con un impegno importante che ci viene consegnato e sul quale ogni giorno dobbiamo misurarci.
"Non giudicate e non sarete giudicati".
Un invito che mi faccio prima di tutto per me visto che commento questo passo decisivo e difficile perché giustamente chi mi ascolta può dire: Medico cura te stesso.
Tuttavia, nel momento in cui Dio Padre e la sua misericordia diventano il metro del mio agire e del mio pensare ogni giustizia autentica non potrà mai condannare o escludere qualcuno.
Se io divento il metro di ogni giudizio, allora passerò le mie giornate a giudicare il prossimo e se io sono sordo alla misericordia di Dio e continuerò a essere uno che condanna, che vede nell'altro il problema di tutto e non riuscirò mai a essere lontanamente capace di sentire la nostalgia e la bellezza del perdono e della riconciliazione, sia essa con Dio come col prossimo.
La via per riuscire a vincere le debolezze del rancore e del giudizio sono la preghiera per chi ci fa del male. L'impegno potrebbe essere offrire anche delle Messe quindi unendoli al sacrificio eucaristico e quindi a colui che sulla Croce ha per primo pregato per i suoi nemici e affidando a Dio stesso ogni considerazione che ritiene opportuna.
Il secondo antidoto è l'accostarsi al sacramento della Riconciliazione.
Sentendo l'abbraccio del Padre, che attraverso i meriti del Figlio e la preghiera della Chiesa, concede il perdono riusciamo anche noi a essere uomini e donne capaci di aprirci ai fratelli che ci hanno fatto dei torti.
Ci venga in aiuto lo Spirito Santo espressione dell'amore tra il Padre e il Figlio nella reciprocità perché da questi insegnamenti che oggi ci vengono consegnati dalla Trinità stessa nel Vangelo troviamo la strada vera e autentica che ci porta a vivere già su questa terra la pienezza che realizzeremo in cielo.
Il perdono non è sicuramente dimensione umana, ma deve essere una grazia solamente invocata.
Gesù stesso ce lo dice lui che è vero uomo e vero Dio sa che per donare il perdono si rivolge al Padre, sulla Croce, con l'espressione che tutti conosciamo: Padre perdona loro perché non sanno quello che fanno.
Quindi nessuna paura se non riusciamo a perdonare, se non riusciamo a liberarci della dimensione del giudizio chiediamo con insistenza questa grazia di essere dispensatori della misericordia di Dio.