Omelia (23-02-2025) |
Paolo Curtaz |
Se amate Mette paura, siamo sinceri. Chi, come me, ha la malsana abitudine di accendere la radio appena sveglio, mentre si alza, fa colazione e sbriga i mestieri prima di iniziare la giornata lavorativa, sa che negli anni il disagio è aumentato. Nubi fosche si addensano all'orizzonte: le guerre conclamate o ignorate, i toni che si alzano, le manifeste ambizioni espansionistiche dei grandi della terra, l'incapacità della nostra vecchia Europa e trovare una voce comune... Ci sono dei giorni in cui vorrei lasciar perdere e ascoltare della sana musica invece che seguire le cupe litanie dei pericoli che stiamo correndo. L'uomo, alla fine, è destinato a soccombere travolto dalla propria aggressività? Abbiamo gettato la maschera anche noi in Occidente? Ci liberiamo dell'ipocrisia, del politicamente corretto, possiamo finalmente sfogare la nostra vera natura finora compressa dentro un bozzolo di buonismo? Sì, forse. E mi chiedo, da pensatore, da teologo, da cercatore di Dio: quindi è così che andrà a finire, come sempre? Vincerà il forte, l'aggressivo, il violento, lo spregiudicato? Come sembra accadere nella quotidianità, come, con disagio sperimento ogni giorno? Forse è proprio così. Meglio farsene una ragione. O forse no. Una voce ci giunge da lontano. Da dentro. Una voce che illumina, scuote, provoca, nutre, giudica, accarezza, spinge, incoraggia. La voce del rabbì. A voi che ascoltate io dico. Ascoltiamo Sì, Signore, ascoltiamo. Ci dobbiamo riprendere ancora dalle staffilate delle beatitudini. Dobbiamo ancora interiorizzarle, ma ti ascoltiamo. Me lo immagino, il Signore. Chiede ascolto. Poi sorride. Tace, pausa teatrale perfetta, poi fissa la folla, uno a uno. Guarda i poveri, gli affamati, gli scoraggiati, i perseguitati, che da lontano sono arrivati per ascoltarlo; guarda noi, guarda me. E sdrammatizza. Se amate quelli che vi amano quale gratitudine vi è dovuta? Cosa fate di straordinario? Giusto. Cavolo. Ovvio. Il cristianesimo non è la fiera del buonsenso, l'esaltazione del banale, dell'ovvio. Il cristiano non è un bravo ragazzo che vive fuori del tempo, un po' tontolone e beota (anche se ci sono dei cristiani che si ostinano a pensarlo e, quel che è peggio, ad esserlo). Insiste, il Signore. Se uno ti odia, amalo. Se uno ti maledice, benedicilo. Se uno ti tratta male, prega per lui. Solo così si interrompe la spirale della violenza. Solo così possiamo voltare pagina. Tutti si aspettano un pugno se ti danno uno schiaffo. E vendetta truculenta. E la voce che alza il tono. Stupiscili, fai il contrario. Direte: si è sempre fatto così, da sempre. L'uomo è malvagio e aggressivo. Vero, giusto. E se scegliessimo di scrivere una storia diversa, finalmente? Scelta consapevole Non è un atteggiamento naif. Figuriamoci. Richiede una forza enorme vivere da miti. E farlo non significa essere degli idioti. Sei tu che scegli di non reagire allo schiaffo. Gesù, durante il processo, alla guardia del tempio che lo schiaffeggia, chiede ragione della sua azione (Gv 18,22-23). Sei tu che scegli di porre dei gesti di fiducia, paradossali, destabilizzanti, sei tu che scegli di agire in maniera diversa. Perché pensi che Gesù abbia ragione. E ti fidi. Come Davide, fuggitivo, che, potendolo, non uccide re Saul che lo sta inseguendo. Ma gli dimostra che avrebbe potuto farlo, per invitarlo a desistere. Con l'apostolo Paolo che parla dell'umano, Adamo, come vivente e di Gesù, nuovo Adamo, che dona la vita. Questa la scelta da fare: esistere o scegliere di far esistere. Vivere o dare la vita. Una scelta controcorrente. Altro che buonismo. Cose straordinarie No, non sono capace, dai, non scherziamo. Non saluto le persone che mi stanno antipatiche, altro che amare i nemici. E se mi sforzo si vede, e tanto. E non ho questo amore in me. Ma, se accolgo il comandamento nuovo, quello suo quello che dice: amatevi gli uni gli altri con l'amore con cui vi ho amati, allora posso provare, accolgo l'amore di Cristo che in me tracima, deborda. Non ti amo per mio sforzo ma perché mi lascio plasmare da una altro amore, perché mi sono scoperto amato. Voglio fare cose straordinarie, fuori dall'ordinario, che nessuno si aspetta. Voglio osare un mondo nuovo a partire dal mio piccolo mondo interiore. Costruire un metro quadro intorno a me in cui il Vangelo diventa possibile. E non attendere che siano gli altri a cambiare. Non adeguarmi alla mentalità di questo mondo. Osare. Non perché mi sento un originale, ci mancherebbe. E so bene quanto costa, oggi, scegliere di prendere sul serio questa pagina, smettendo di anestetizzare il Vangelo. Lo faccio perché imito il Dio misericordioso. Che guarda con compassione all'animo umano fragile e ferito. E lo cambia amandolo. Ci voglio almeno provare. Non giudico chi non lo vuole fare, ci mancherebbe. Voglio perdonare per essere perdonato. Dare. Quello che sono, con tutta l'abbondanza dei miei limiti, ma dare. Dare senza attendere un tornaconto, dare non perché idiota o sempliciotto o illuso. Dare perché imito Dio. Ricevendo da lui una misura traboccante. Mi fido.
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