Omelia (02-03-2025)
Omelie.org - autori vari


COMMENTO ALLE LETTURE
Commento a cura di don Marco Simeone

Dopo le domeniche passate con le beatitudini e l'invito alla "perfezione" con la chiamata all'amore nella misura di Dio, questa domenica il tono si fa più esigente.
Sì, perché quando i discorsi sono distanti ne cogliamo la bellezza, facendoci però gli sconti: tanto mica è per me.... quanto sarebbe bello se.... dovrebbe funzionare così... e così via. Penso che ognuno di noi abbia dimestichezza con queste frasi che sono solo delle finestre opache, da dove non si vede nulla e nessuna luce riesce a passare.
Ma quando il discorso impatta la realtà con tutta la sua concretezza, allora qualche callo viene pestato, e fa male.
Questa domenica la prima lettura parla di parole e Parola, ma anche di parole e parole.
Iniziamo da queste.
Viviamo in una società satura di parole insulse, "fiumi di parole" si cantava in una canzone, fiumi di commenti (i cuoricini di Sanremo), senza sapore: lasciano il vuoto dentro.
Sembra strano che il male di questa società sia una solitudine asfissiante, mentre stiamo molte (molte) ore al giorno connessi col mondo intero.
La parola di Dio svela che le parole sono importanti (anche noi lo sapevamo!) ma forse per una considerazione che, guarda un po', a noi sfuggiva: sì perché noi ci preoccupiamo, correttamente, dell'effetto delle parole; oggi il Signore ci fa guardare alle nostre parole come la cartina di Tornasole del nostro cuore.
Quando parlo, di cosa parlo?
Soprattutto come parlo?
Io posso usare tutte parole belle: l'amore, la misericordia, la speranza e via così ma con una nota stonata, con una melodia stonata.
Qualche esempio.
Quante volte abbiamo nascosto i nostri piani (o meglio capricci) facendoli passare per Volontà di Dio?
Quanti matrimoni finiti (se mai fossero iniziati veramente!) nella ricerca di nuovi amori senza mai aver fatto una scelta disinteressata verso il coniuge?
Quanti figli lasciati nei loro problemi per la paura di riconoscere i propri errori genitoriali?
La lista potrebbe essere lunga, penso che ognuno potrebbe aggiungere una riga.
Questo atteggiamento Gesù serenamente lo chiama col suo nome: ipocrisia.
C'è un'ipocrisia volontaria: mento agli altri per far bella figura; e ce n'è un'altra "involontaria" quando riusciamo a convincerci nel credere alla bugia che ci raccontiamo.
Sì perché siamo capaci anche di questo, mistificare la realtà fino a convincere noi stessi.
Per questo Gesù ci mette in guardia: devi scoprire che hai una trave nel tuo occhio, altrimenti non si va da nessuna parte.
Come si fa ad aiutare gli altri ad affrontare i loro problemi, anche piccoli, se noi siamo allergici a fare verità e ad accogliere le nostre ferite? Questo è il cieco che guida l'altro cieco!
A questo punto potremmo dirci che se fossimo almeno sinceri con noi stessi allora cambierebbe la musica... ma neanche così funziona.
Cosa c'è nel mio cuore? Domanda interessante!
S. Paolo dice che nel mio cuore c'è il desiderio del bene ma non la capacità di farlo, allo stesso tempo c'è il peccato che vorrei evitare e che invece ci devo fare i conti ogni giorno (Rm 7): ma poi prorompe in un canto di vittoria per Gesù che ci ha liberato da tutto questo. Questo stesso grido lo troviamo anche nella 2° lettura di oggi: Siano rese grazie a Dio che ci dà la vittoria per mezzo del Signore nostro Gesù Cristo! Questo è il tesoro che gelosamente custodiamo, il suo Amore per noi che ha vinto il nostro peccato (mi ha amato nel mio peccato bruciandolo dall'interno e, allo stesso tempo, mi ha reso capace di accettare l'amore del Padre).
Se prima il discorso era tra parole vere e parole false, adesso il confronto è tra la Parola e le parole. Noi cristiani siamo chiamati ad annunciare la vittoria di Cristo, sia essa nel mondo e nella storia, quanto in noi stessi. Il nostro cuore non è altro che uno scrigno, per quanto sia di pregevole fattura è ciò che contiene che gli dà il valore. In noi Gesù ha vinto la morte, che aveva come pungolo il peccato e la nostra concupiscienza, questo è il tesoro da cui escono le parole buone e vere. Questo fa di noi uomini buoni (non le nostre intenzioni) queste sono le parole umane che sanno di Dio, perché parlando della nostra vita portano l'impronta del cielo.
A tutti noi s. Paolo ci "consiglia" di stare saldi e irremovibili, per non lasciarci rubare il tesoro, perché il tesoro vero lo possiamo annunciare a tutti, perché la vittoria di Gesù possa essere la lingua nuova da insegnare a parlare a tutti.
Facciamo attenzione oggi a quale è l'attuale "tesoro" custodito nel cuore perché nell'Eucarestia Gesù lo sta rinnovando.
Buon cammino