Omelia (21-06-2003) |
padre Lino Pedron |
Commento su Matteo 6, 24-34 Dio vuole per sé tutto l'uomo e non tollera compromessi: "Amerai il Signore Dio tuo con tutto il tuo cuore, con tutta la tua anima e con tutta la tua mente" (Mt 22,37). Dietro tutte le forme di idolatria si nasconde il maligno. Egli si nasconde dietro il mammona, che è l'insieme delle cose che possediamo. Chi adora il mammona, adora satana. Il detto intende provocare nell'ascoltatore una decisione chiara: o Dio o il possesso. Quando si cerca di accumulare ricchezza, questa diventa un idolo e Dio viene dimenticato. Questo detto trova una clamorosa dimostrazione nel racconto di Mt 19,16-30. Il ricco che non accoglie la chiamata di Gesù indica l'impossibilità di vivere secondo il vangelo e di restare contemporaneamente attaccati alle proprie ricchezze. La conquista del mondo è il comando dato da Dio agli uomini (Gen 1,28). L'uso delle cose è legittimo, ma esse devono restare al nostro servizio e non noi al loro. Quando il possesso delle cose impedisce o ritarda il cammino verso Dio e il prossimo, allora abbiamo la riprova che il mammona è più importante di Dio e dei fratelli. Il peccato è amare le creature al posto del Creatore. Tutto deve essere sacrificato per il raggiungimento del fine ultimo che è Dio (Mt 5,29-30). Chi vive totalmente orientato a Dio, come ci ha insegnato il vangelo fino a questo punto, deve evitare l'affanno per le necessità materiali. Dio che ci ha già dato il più (la vita) ci darà anche il meno (il cibo e il vestito). Affannarsi è mancanza di fede nell'amore infinito e provvidente del Padre. In queste preoccupazioni inutili possono cadere ugualmente, anche se per motivi opposti, il povero e il ricco. Il senso della vita non può ridursi alla sola ricerca dei beni materiali e all'appagamento dei bisogni fisici. Gesù ci ha già insegnato in Mt 4,4: "Non di solo pane vivrà l'uomo, ma di ogni parola che esce dalla bocca di Dio". I motivi per cui dobbiamo liberarci dai desideri di possedere e dalle preoccupazioni materiali sono due: la conoscenza del vero Dio, nostro Padre, provvidente e buono, e il compito prioritario che Dio ci ha affidato di cercare il suo regno e la sua giustizia. I pagani sono tutti coloro che non conoscono Dio come loro Padre provvidente e salvatore e di conseguenza si agitano come se fossero degli orfani che devono confidare esclusivamente nelle proprie forze. Gesù non vuole assolutamente distogliere l'uomo dal lavoro. Sta scritto infatti: "Il Signore Dio prese l'uomo e lo pose nel giardino di Eden, perché lo coltivasse e lo custodisse" (Gen 2,15). Egli vuole insegnarci a vivere bene, come persone intelligenti e illuminate dalla fede. Infatti affannarsi è inutile e dannoso. L'affanno guasta l'uomo e gli accorcia la vita: "Quale profitto c'è per l'uomo in tutta la sua fatica e in tutto l'affanno del suo cuore in cui si affatica sotto il sole? Tutti i suoi giorni non sono che dolori e preoccupazioni penose; il suo cuore non riposa neppure di notte. Anche questa è vanità" (Qo 2,22-23). Dopo averci ripetutamente comandato di non affannarci per l'oggi, Gesù ci comanda di non affannarci neppure per il domani perché è un atteggiamento sciocco: "E chi di voi, per quanto si dia da fare, può aggiungere un'ora sola alla sua vita?" (Mt 6,27). Il Padre nostro celeste, che ha cura del nostro presente, avrà cura anche del nostro domani. |