Omelia (23-03-2025)
Missionari della Via


Il Vangelo di oggi ci parla del grande mistero della sofferenza, un argomento così delicato davanti al quale piuttosto che dire cose insensate spesso è meglio tacere. «Dio non è venuto per cancellare la sofferenza. Egli non è venuto neppure per darne la spiegazione, bensì egli è venuto per colmarla della sua presenza» (Paul Claudel).

Nel Vangelo alcuni vanno da Gesù per riferire un fatto di cronaca abominevole. Pilato ha esercitato il suo potere in maniera sanguinaria: facendo uccidere delle persone nel Tempio, ha mischiato il sangue di alcuni Galilei con quelli dei sacrifici. Un atto forte per tenere tutti imprigionati nella paura e nel terrore. Costoro chiedono a Gesù una spiegazione, il perché di questo fatto. Ma da parte di Gesù c'è solo una riflessione e un invito che loro devono cogliere: «Credete che quei Galilei fossero più peccatori di tutti i Galilei, per aver subito tale sorte? No, io vi dico, ma se non vi convertite, perirete tutti allo stesso modo». Non solo, ma Gesù, passando da un eccidio ad una disgrazia, cita la caduta della torre di Siloe su diciotto persone, ripetendo sempre lo stesso invito: «convertitevi!».

Quante volte quando ci arriva una malattia, quando ci capita un fatto doloroso, subito ci poniamo la domanda: "Ma cosa ho fatto di male per meritarmi questo?". Noi cerchiamo risposte, ed è anche lecito, ma occorre che entriamo nella consapevolezza che a certi eventi non vi sono risposte. Oggi è come se Gesù ci chiedesse di non pensare che la nostra sofferenza sia una punizione di Dio per i peccati commessi, o che Dio sia assente, o che non ci ami o che non gli importi della nostra sofferenza. Oggi «Gesù ci invita a fare una lettura diversa di quei fatti, collocandoli nella prospettiva della conversione". Infatti, le sventure, gli eventi luttuosi [...] devono rappresentare occasioni per riflettere, per vincere l'illusione di poter vivere senza Dio, e per rafforzare, con l'aiuto del Signore, l'impegno di cambiare vita. La vera saggezza è lasciarsi interpellare dalla precarietà dell'esistenza e leggere la storia umana con gli occhi di Dio, il quale, volendo sempre e solo il bene dei suoi figli, per un disegno imperscrutabile del suo amore, talora permette che siano provati dal dolore per condurli a un bene più grande» (Benedetto XVI).

Noi viviamo in un'epoca che del dolore ne ha fatto uno spettacolo. Tutti davanti alla TV per fatti di cronaca nera, spinti solo da una morbosa curiosità. Eppure, al mistero della vita, della sofferenza non ci si avvicina da semplici spettatori sdraiati su una poltrona intenti a godersi lo spettacolo. «No, ci si mette davanti alla sofferenza e ci si chiede come e cosa devo fare Se non mi converto io cammino verso quel nero, vivrò senza senso. Si sta davanti alla vita per farsi cambiare. Le tragedie sono appelli, come devo rispondere di fronte al dolore, quello è importante! Non domandarmi solo il perché, ma che io risponda con amore, con la conversione, che io mi lasci trasformare dalle notizie» (don Fabio Rosini). È questa la lettura dei fatti dolorosi: che io mi converta, che io inizi ad amare, che io inizi a guardare la sofferenza degli altri non da spettatore, ma come colui che sa farsi prossimo e piangere con chi è nel pianto!

PREGHIERA

Signore, mio Dio, eccomi davanti a te: sono malato, Signore, e tu conosci la mia sofferenza e la mia fatica, tu conosci anche la mia paura. Signore, nella mia notte sii tu la mia luce, non lasciarmi solo nella mia angoscia, fa' che io creda nel tuo amore e nell'amore degli altri.