Omelia (09-03-2025)
don Andrea Varliero
Il grande disastro che possa capitare

Tentato, messo alla prova. Attenzione: è lo Spirito a condurre Gesù nel deserto, è lo Spirito a lasciarlo solo con la sua fame e la sua sete, è lo Spirito a circondarlo nel silenzio, è lo Spirito a non dare risposte. Il Divisore gli avrebbe volentieri risparmiato quel viaggio interiore nel deserto, il Divisore ben volentieri gli avrebbe impedito di sedersi, di ascoltare la propria fame, di chiedere di Dio. Quando siamo tentati: lì è presente lo Spirito, non il Divisore. Quaranta giorni è un tempo tutto umano di una vita, quaranta giorni nel deserto: solitudine, assenza di fratelli e sorelle, ascolto di sé stessi e delle proprie fami, fragilità. Il deserto è uno spazio ostile che non ci permette di rimanere, è un vento che soffia senza parole, né rumori, né suoni. Il deserto richiede attenzione ad ogni minimo dettaglio, l'essenzialità per sopravvivere. Il deserto amplifica l'udito, allarga il cuore, intensifica ogni nostro sentire. Nella lingua biblica deserto è significato con «Midbar», «senza parola»: luogo non legato alla vista, bensì all'ascolto. È nel silenzio di un deserto, è nella camera di un ospedale, è nella stanza chiusa dietro di noi, è nel silenzio di una chiesa, è nel silenzio dalle connessioni, che Dio parla. E si spoglia di ogni granitica certezza, di ogni consolazione, di ogni richiesta di aiuto, di ogni paura, per lasciarsi incontrare.
Lì, nel deserto, assistiamo ad un dialogo immenso tra due esperti di Parola, tra due fini teologi, il Diavolo e Gesù. Conoscono entrambi in modo entusiasmante la Parola di Dio, sanno citare a memoria passi adeguati, come chi si è chinato sulla Bibbia per una vita intera. Il loro dialogo non è avvenuto una volta soltanto, avviene infinite volte, è un dialogo che ogni giorno ci abita dentro: loro due abitano nel deserto dentro di noi. E portano una domanda: sul Dio in cui credere. Davanti alla mia fame, davanti alle relazioni che vivo con le persone, davanti al Sacro, in quale volto di Dio io creda. Scrive padre David Maria Turoldo: «Credere in un Dio sbagliato è il grande disastro che possa capitare».
«Dì a questa pietra che diventi pane»: quante volte l'ho chiesto anche io. Che questa dura pietra, che questa fatica umana, che questa fame che vivo, diventi sicurezza materiale. In fondo, Dio non è questo? Un grande benefattore che, se servo senza fiatare, mi garantisce tutto? No, non è questo il volto. È Altro. «Non di solo pane vivrò»: è una risposta che ha il gusto della speranza, è incontrare un volto che mi fa alzare la testa e guardare lontano, verso l'orizzonte. Non sono chiamato a rimanere chino sul mio pezzetto di pietra o sulle briciole di pane. Non di solo consumo, non di solo soldo, non di sola finanza, non di soli abiti, non di soli muri, non di sola salute, vivo. Vivo soprattutto di Qualcuno che è oltre me.
«Ti darò tutto questo potere e la loro gloria»: riguarda anche me. Questa mia autorità, questa mia istituzione, questo potere quotidiano che ho, a partire dai fornelli della cucina fino ad arrivare alle vite di milioni di uomini e donne. In fondo, Dio non è questo? Un Potente che, se mi inchino, mi rende partecipe dello stesso potere? No, non è questo il volto. È Altro. «A Lui solo renderai culto». Solo quando Lui è entrato nella mia vita mi sono sentito finalmente libero. Mi inginocchio davanti a Lui, e mi sento la persona più libera del mondo. Nel suo volto non c'è traccia del potere umiliante, non ci sono dinamiche meschine, non c'è da controllare le persone. Nel suo volto di fraternità le nostre vite non sono umiliate, fioriscono. Se lascio entrare il volto del Dio servo, allora sono libero.
«Ai suoi angeli darà ordini a tuo riguardo affinché essi ti custodiscano», puoi anche gettarti giù dal precipizio, puoi osare ciò che non si può osare. Sì, anche a me è capitato di pensarlo. In fondo, Dio non è questo? Un grande illusionista, un fenomeno da baraccone, una favola a lieto fine? Non, non è questo il volto. È Altro. «Non tenterai il Signore». Un rapporto umano che sfibra l'altro ad ogni passo, una relazione che ad ogni minuto chiede se mi vuoi bene, un continuo contestare e un continuo chiedere conferma, non è amore. È un'ossessione che soffoca. Non tentare il Signore, non mettere alla prova il suo Amore. Una bellissima frase d'amore, una bellissima indicazione su che cosa sia l'amore autentico: stare accanto perché si ama, senza pretendere i segni dell'amore. Amare non le consolazioni di Dio, ma il Dio delle consolazioni.
Ogni giorno si gioca questo dialogo dentro di me, ogni giorno è forte quella stessa domanda: «Se tu sei figlio di Dio». Ogni giorno sono chiamato ad abitare questo deserto, a ritrovare quel volto, a dissotterrarlo dalle macerie delle tentazioni, a togliere il se: «tu ci sei Padre».