Omelia (18-03-2006) |
mons. Vincenzo Paglia |
Molta folla seguiva Gesù, ed era composta per lo più di malati, di peccatori, di gente abbandonata. Ed è ovvio che tutto ciò non passava inosservato. Anzi, questo rapporto privilegiato con i peccatori era uno dei motivi di accusa. Gesù mostra che tale rapporto non è casuale; anzi, fa parte della sua stessa missione e, si potrebbe dire, della stessa immagine di Dio. Per questo risponde all'accusa parlando non di se stesso ma di Dio, di come agisce Dio, di com'è Dio. La parabola del figlio prodigo, forse, andrebbe chiamata parabola del padre misericordioso. Essa infatti è tutta centrata, più che sulle decisioni del figlio, sull'insolito comportamento del padre, il quale nonostante tutto aspetta che il figlio minore torni a casa per abbracciarlo e fare festa. Ambedue i figli sono lontani dai sentimenti del padre, il quale mostra una misericordia senza limiti per entrambi. Aspetta che il minore torni, e appena lo vede gli corre incontro. È vero, Dio ci corre incontro pur di riaverci. È questo il senso del perdono cristiano: esso parte da Dio, ancor prima che da noi. A noi è chiesto solo di accoglierlo, di riconoscerlo. Potremmo dire che la scena del padre che abbraccia il figlio è l'icona più chiara della confessione. Il padre sembra non saper stare senza i figli. Esce perciò anche verso il figlio maggiore che non voleva entrare: vuole che anche lui abbracci il fratello. Dio è fatto così: precede sempre nell'amore e corre verso di noi, peccatori, per abbracciarci. |