Omelia (20-03-2006) |
mons. Vincenzo Paglia |
Non basta essere giusti. Questa affermazione che pare esagerata è uno degli insegnamenti dell'episodio evangelico narrato da Matteo. L'evangelista sembra voler sottolineare l'irregolarità della nascita di Gesù. Parla di Giuseppe e del dramma, doppiamente grave, che sta vivendo. Come marito tradito, dovrebbe celebrare un divorzio ufficiale (Maria apparirebbe come adultera e, quindi, rifiutata ed emarginata dai parenti e da tutti gli abitanti del villaggio). Ovviamente anche Maria pensò a queste cose quando udì l'annuncio dell'angelo. E, tuttavia, obbedì. Giuseppe, da parte sua, aveva deciso di ripudiare la sua giovane sposa, ma in segreto. Era un gesto di giustizia delicata, si potrebbe dire misericordiosa. Eppure quell'uomo giusto, ancor più delicato della legge, se avesse fatto questo avrebbe compiuto un gesto contro la giustizia più profonda di Dio. C'è infatti un oltre di Dio che l'angelo gli rivela. Giuseppe l'ascolta e comprende quello che sta accadendo attorno a lui e dentro di lui. Diviene così discepolo del Vangelo. E l'angelo continuò: "Tu lo chiamerai Gesù". Giuseppe deve riconoscere e dire chi è quel figlio. Per questo è l'immagine del credente che sa ascoltare e sa prendere con se Gesù. Se ascoltiamo il Vangelo anche noi riusciremo a prendere con noi Gesù come l'amico dei nostri giorni, di tutta la nostra vita. |