Omelia (13-04-2025)
Missionari della Via


Leggendo il Vangelo della passione possiamo visualizzare nella nostra mente questa storia crudele, suddividendo automaticamente buoni e cattivi. Abitualmente noi siamo dalla parte dei buoni! In realtà dentro di noi vivono le stesse contraddizioni che caratterizzano l'umanità, le stesse che ci fanno scappare davanti al pericolo, che ci fanno prendere accordi con i potenti, che ci fanno "lavare le mani" davanti alle responsabilità, che ci fanno tradire il Signore per un tornaconto umano, che ci fanno leggere le sofferenze come punizioni. È difficile per noi accettare che il nostro cuore, come diceva Manzoni, è un guazzabuglio, un centro di intricati sentimenti che spesso emergono soprattutto nei momenti di crisi. Essere dei cristiani autentici alla luce della passione di Gesù ci chiama ad entrare in noi stessi per rendere la nostra fede vita concreta, iniziando ad accettare la nostra vulnerabilità, ammettere che siamo deboli, fragili, influenzabili dal mondo. Quando neghiamo tutto ciò, cominciamo a praticare la fede d'apparenza, che non va nel profondo, non incarna Cristo nel mondo ma vive del "sembrare di Cristo". Davanti alla prova, però, cadono le maschere dell'apparenza e si manifesta la persona, quella che fa finta di essere buona mentre dentro, come tutti, è capace di tradire, rinnegare, falsificare. Se non partiamo da questa consapevolezza ma coltiviamo l'intima presunzione di essere giusti, non incarneremo mai una fede autentica. La passione ci invita ad attraversare queste immaturità che mettiamo in atto, che rendono la vita difficile a noi e agli altri, che rendono Gesù un uomo innocente che soffre ma non il redentore, cioè Colui che è venuto a salvarci dal nostro peccato, dalle nostre schiavitù, dalle nostre mancanze di fraternità. Il giorno delle Palme possiamo mettere in scena una contraddizione talvolta presente nella nostra vita. Mentre sventoliamo i ramoscelli per accogliere Gesù, quel Gesù relegato ai giorni di festa, poi gridiamo: "vogliamo Barabba!", nell'ora della prova. Anche noi possiamo relegare Gesù ai giorni di festa: non lo facciamo? Possiamo essere quelli che vanno in chiesa e poi quando c'è da truffare l'assicurazione e risparmiare qualcosa, chiudiamo un occhio. Possiamo essere quelli che tengono a Gesù nelle feste comandate e poi vivono come se non ci fosse nella quotidianità. Possiamo essere di quelli che non sgarrano un digiuno il venerdì e poi non pagano adeguatamente le donne delle pulizie o i propri operai, o trattano con poco rispetto quelli della loro casa. Gesù per noi può diventare il manto da vestire per dire a tutti: "siamo brave persone". Anche noi, cari fratelli e sorelle, possiamo essere non incarnazione di Cristo ma gente di facciata, animatori di divisioni e violenze, persone che chiudono gli occhi davanti al bene e voltano le spalle al fratello. Il Vangelo non è la mentalità del mondo, perciò lo Spirito di Dio proprio nel giorno in cui siamo in festa e sventoliamo le palme della gioia ci racconta la crocifissione, per ricordarci di partire da noi. Ci sono tante guerre nelle famiglie, nei quartieri, nel vicinato, fra i parenti, nelle comunità cristiane; e noi dove siamo collocati? Il crocifisso ci ricorda l'amore disinteressato, la pace da costruire, la verità da elevare, la vera regalità che non è quella del dominio, la carità che sembra fallire e morire, ma risorge sempre più luminosa. Noi davanti a ciò vogliamo fare veramente spazio al crocifisso risorto che porta la speranza o vogliamo vivere secondo il mondo, con i criteri del mondo, con i suoi principi? Proprio i discepoli hanno fatto una esperienza di Dio che li ha portati a confrontarsi con le loro vulnerabilità, e a partire da esse hanno deciso di fare spazio alla Spirito Santo, così da fuggiaschi sono diventati evangelizzatori capaci di morire come Cristo stesso, innocenti e risorti. Don Tonino Bello, ha usato parole bellissime per ricordarci cosa significa vivere da cristiani: «Non fidatevi dei cristiani "autentici" che non incidono la crosta della civiltà. Fidatevi dei cristiani "autentici sovversivi" come san Francesco d'Assisi che ai soldati schierati per le crociate sconsigliava di partire. Il cristiano autentico è sempre un sovversivo. Uno che va contro corrente non per posa ma perché sa che il Vangelo non è omologabile alla mentalità corrente" (A. BELLO, Senza misura. Riflessioni sulla carità, La Meridiana, Molfetta 1993, 61).