Omelia (06-04-2025) |
Agenzia SIR |
Un giudizio scritto sulla polvere Nel Vangelo della V domenica di Quaresima l'evangelista Giovanni ci conduce nel tempio. L'arrivo di Gesù nella casa del Signore che è la casa del Padre suo (cf Gv 2,16) attira il popolo che desidera ascoltare la sua parola, ma anche il gruppo dei suoi detrattori che ha sempre un caso da esporgli, o meglio, un tranello da tendergli nel quale spera che il Maestro possa cadere per essere finalmente screditato dalle folle. Questa volta viene sottoposto a Gesù il caso di una donna sorpresa in flagrante adulterio. Secondo la prassi giudaica, mentre un uomo commette adulterio solo se ha rapporti sessuali con la promessa sposa o moglie di un altro (non nella poligamia o nei rapporti con le prostitute), la donna risulta adultera quando ha rapporti sessuali con un uomo che non sia il marito, persino in caso di stupro. Quindi mentre il peccato della donna sta nell'infedeltà coniugale, quello dell'uomo consiste nel ledere i diritti di proprietà di un altro uomo. Stando a quanto dice la legge di Mosè (cf. Dt 22,22-24), una donna che ha commesso adulterio dev'essere lapidata. Scribi e farisei non si accontentano di menzionare la Scrittura. Desiderano anche conoscere l'opinione di Gesù e gli rivolgono una domanda tendenziosa: «Tu che ne dici?». Se Gesù si mostrerà d'accordo con la lapidazione sarà stimato come un autentico osservante della Legge, ma potrebbe correre il rischio di perdere consensi; se invece disapproverà la lapidazione si metterà in contraddizione con l'insegnamento sull'indissolubilità del matrimonio e apparirà come uno che si pone al di sopra della Legge e di Mosè. Come uscire da questo vicolo cieco? Giovanni spiega chiaramente che la provocazione degli scribi e dei farisei è volta a mettere alla prova Gesù e a screditarlo. Nella I domenica di Quaresima era stato il diavolo a tentare Gesù nel deserto; ora sono persone credenti, i custodi dell'ortodossia ebraica, a tentarlo. La presunta adultera viene messa nel mezzo, ma non è lei che interessa, è solo strumentalizzata nella guerra che i farisei hanno dichiarato a Gesù. La reazione di Gesù è sorprendente: anziché rispondere, si abbassa per scrivere col dito per terra. Si potrebbe pensare alla prassi dei giudici romani che scrivevano la sentenza prima di pronunciarla oppure a Ger 17,13 dove è detto che chi si allontana dal Signore merita che il suo nome si scriva nella polvere. Il silenzio di Gesù appare comunque una forte provocazione alla responsabilità personale. I farisei però non mollano la presa: insistono perché desiderano incastrarlo. Allora l'imputato di un processo estenuante e informale che i farisei e gli scribi stanno portando avanti, quasi fosse un duello all'ultimo sangue, risponde con una provocazione che chiude la bocca ai detrattori e li spinge a farsi da parte: "Chi di voi è senza peccato, getti per primo la pietra contro di lei". Gesù si appella alla Legge, a Dt 17,7, secondo cui è necessario estirpare il male da Israele ma aggiunge una novità: l'esecuzione spetta a chi è senza peccato. E chi potrebbe esserlo, se per le Scritture persino il giusto pecca sette volte al giorno (cf. Pr 24,26)? Mentre Gesù ripete il gesto dello scrivere per terra, che rimanda anche all'innocenza di un bambino che gioca indisturbato senza lasciarsi turbare da ciò che accade intorno, gli scribi e i farisei, se ne vanno indignati. Il loro intento di incastrare Gesù è fallito. Non avevano, infatti, alcun interesse per la donna (tanto che non v'è menzione alcuna dell'uomo con cui avrebbe commesso adulterio). La donna, infatti, resta sola e riceve solo l'attenzione di Gesù: "Donna, dove sono? Nessuno ti ha condannata?... Neanch'io ti condanno; va' e d'ora in poi non peccare più". Alla donna Gesù dà attenzione e ne riconosce la dignità. Dinanzi all'Amore fatto carne, infatti, chi giudica si trova giudicato, chi è giudicato viene teneramente giustificato. Commento di Rosalba Manes, consacrata dell'Ordo virginum e biblista |