Omelia (13-04-2025)
padre Ezio Lorenzo Bono
IL TRIONFO DI TITO

I.
L'entrata trionfale, detta anche Trionfo, era l'onore più grande concesso dal senato romano alle grandi figure che si erano distinte sul campo di battaglia e avevano ottenuto importanti successi militari. Sembra che fosse necessario aver ucciso almeno 5000 nemici per avere diritto, al ritorno a Roma, a un ingresso trionfale. Il vincitore veniva rivestito con una veste trionfale, una corona d'alloro sul capo, lo scettro in mano, e procedeva sopra un carro trainato da cavalli bianchi. Dall'Arco di Trionfo si dirigeva in pompa magna verso il Campidoglio, attraversando una città ornata di fiori e profumi, tra una folla di cittadini vestiti di bianco che cantavano e acclamavano il vincitore. Nella processione sfilavano davanti a lui i soldati, l'armata con le insegne d'oro, i nemici prigionieri, il bottino di guerra, le vittime per l'immolazione agli dèi. Dietro al trionfatore seguivano i parenti e i congiunti. Arrivato al Campidoglio, l'eroe offriva sacrifici a Giove, e il Trionfo si concludeva con banchetti sontuosi. Di questi eventi solenni abbiamo ancora molte testimonianze scolpite nel marmo: archi trionfali che possiamo ammirare ancora oggi qui a Roma.

II.
Quando i soldati romani hanno sentito parlare di un "ingresso trionfale" di Gesù a Gerusalemme, avranno forse pensato a una processione come quelle che conoscevano a Roma. Ma quando hanno visto quel Galileo - che non aveva ucciso neppure una mosca - entrare in città su un asino, vestito da una semplice tunica, tra gli schiamazzi di una folla che lo acclamava re... si saranno spanciati dal ridere. Avranno pensato a una farsa. A una carnevalata. E che fosse proprio una farsa, almeno agli occhi della gente, ne avremo conferma pochi giorni dopo: quelli che la domenica gridavano "Osanna al Figlio di Davide" il venerdì grideranno "Crocifiggilo".
Ma per Gesù non si è trattato di una messinscena. Cavalcando un asino - e non un cavallo - ha mostrato chiaramente di non essere un generale, un condottiero potente, ma un Messia mite, disarmato, umile. È una specie di "parodia sacra", un rovesciamento ironico dei canoni del potere e della gloria umana. E quell'asino che ha trasportato Gesù era solo il primo di una lunga serie di "asini" che Gesù avrebbe incontrato in quei giorni.


[- Gli asini che gridavano "Osanna" e poi "Crocifiggilo";
- Gli asini farisei che volevano far tacere la folla;
- Gli asini mercanti del tempio, che avevano trasformato la casa di Dio in una spelonca di ladri;
- Gli asini capi dei sacerdoti, scribi, anziani che volevano farlo morire, e che mandarono altri asini di informatori con domande trabocchetto;
- Gli asini sadducei che cercavano di ridicolizzarlo con la storia della vedova e dei sette mariti;
- L'asino Giuda, che non aveva capito nulla del Maestro;
- L'asino Pietro, pronto a morire ma che poi rinnega davanti a una serva;
- I tre discepoli asini che non riescono a vegliare nemmeno un'ora;
- Gli asini apostoli che fuggono all'arresto;
- Gli asini del sinedrio che lo condannano;
- L'asino Pilato che se ne lava le mani;
- L'asino Erode che spera in uno spettacolo;
- Gli asini della folla che cambiano opinione in pochi giorni;
- Gli asini soldati che lo insultano e lo crocifiggono;
- L'asino malfattore alla sua destra che continua a insultarlo anche sulla croce.
Eppure, in quella "fiera degli asini", Gesù incontra anche degli angeli.
- L'angelo Maria di Betania che lo unge con profumo prezioso;
- Gli angeli Lazzaro e le sue sorelle, che lo accolgono con amicizia;
- L'angelo, la moglie di Pilato, che lo difende con coraggio;
- L'angelo Maria, sua madre, e le donne che restano ai piedi della croce;
- L'angelo Giovanni, il discepolo amato, che riceve la madre in consegna;
- L'angelo buon ladrone, a cui Gesù promette il Paradiso;
- L'angelo Giuseppe d'Arimatea che lo toglie dalla croce e lo depone nel sepolcro che gli ha donato.
]

III.
Per concludere.
Circa quarant'anni dopo l'ingresso umile di Gesù a Gerusalemme, un altro corteo attraversò quella stessa città: quello dell'imperatore Tito, che nel 70 d.C. rase al suolo Gerusalemme dopo un lungo assedio. Il Tempio - che era il massimo orgoglio del popolo d'Israele - venne incendiato e distrutto, decine di migliaia di persone furono uccise, e i superstiti deportati in catene. I tesori sacri, tra cui la menorah d'oro del Santuario (il grande candelabro a sette bracci, realizzato interamente in oro puro), furono portati a Roma come bottino di guerra. Per celebrare quella vittoria, al suo ritorno fu organizzato il più grande trionfo militare della storia romana, e fu eretto l'Arco di Tito, che ancora oggi si può vedere nel Foro Romano, accanto al Colosseo. Gesù entra a Gerusalemme su un asino, per donare la vita e vincere la morte. Tito entra su un carro da guerra, per distruggere e imporsi con la forza. Gesù piange su Gerusalemme. Tito la cancella senza pietà.
Ancora oggi esistono le stesse logiche: quella dell'esercito del trionfo di questo mondo, con la sua apparenza, violenza e dominio -che è anche la logica della fiera degli asini, segnata da tradimenti, interessi e sopraffazioni.
 E poi c'è la logica di Gesù: quella della semplicità, dell'umiltà, dell'amore verso tutti. Noi - che siamo stati creati "poco meno degli angeli" (Sal 8) - non siamo chiamati né al trionfo umano, né al tradimento codardo, ma a vivere come angeli in questo mondo, con umiltà, fedeltà e silenziosa presenza, come quella di Gesù sul dorso dell'asino. Allora entreremo anche noi, un giorno, nella Gerusalemme celeste: non per prendere parte a una processione trionfale, né tantomeno a una "fiera degli asini", ma - finalmente - alla "schiera degli angeli".

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