Omelia (12-03-2006) |
don Marco Pratesi |
Testimoni della gloria Su un "alto monte", lontano dalla confusione del piano, Gesù si trasforma e manifesta la sua gloria di Figlio. Di fronte a ciò, Pietro ha una articolata reazione che mi pare interessante. Per prima cosa Pietro si sente interpellato: "rispondendo, Pietro disse" (traduzione CEI: "prendendo la parola"). Rispondendo a cosa, a chi? In realtà nessuno gli ha chiesto nulla. Eppure, egli si sente ugualmente di dire qualcosa. Credo che questo abbia un significato: la manifestazione di Dio non mi lascia mai quieto, mi domanda sempre una risposta, esige da me una presa di posizione, mi coinvolge. In secondo luogo, Pietro afferma: "È bello per noi stare qui". Fare esperienza di Dio significa fare esperienza di bellezza, sentirsi finalmente a casa: si starebbe sempre lì, "facciamo tre tende", stiamo qui dove tutto è così stupendo, siamo fatti per questo. Però Marco aggiunge che Pietro dice queste parole non tranquillo, sereno, ma in una specie di stato confusionale, quasi un disorientamento: "non sapeva che cosa rispondere, perché erano impauriti". Annotazione singolare ma importante: quando Dio mi si fa vicino, e in qualche modo lo percepisco in modo più forte, produce in me uno sconvolgimento, una scossa, addirittura un moto di paura. È l'esperienza che si è prolungata nella Chiesa. Ricordiamo le famose parole di S. Agostino: "Cos'è che filtra fino a me e colpisce il mio cuore senza ferirlo? Timore e ardore mi prendono: timore, per quanto ne sono differente; ardore, per quanto ne sono simile. La Sapienza, la vera Sapienza filtra fino a me*" (Confessioni XI,9,11). Ecco i tratti di una autentica esperienza forte di Dio. Se non mi sentissi interpellato, sarebbe una conoscenza astratta, morta. Se non me ne sentissi attratto, mancherebbe la spinta a camminare verso di lui, rimarrei fermo, chiuso in me. Se non avvertissi la distanza, sarebbe un falso Dio, ridotto alla mia misura, un idolo da me plasmato. La Chiesa ci propone la quaresima come momento forte di incontro col Dio vivente, che ci interpella, ci affascina, ci supera infinitamente, ci coinvolge e ci sconvolge. Facciamo nostra la preghiera del Salmo: "Di te dice il mio cuore: «Cercate il suo volto». Il tuo volto io cerco, o Signore. Non nascondermi il tuo volto" (antifona d'ingresso). All'offertorio: Pregate fratelli e sorelle perché questo sacrificio ci illumini con la luce che splende in Cristo, e sia gradito a Dio Padre Onnipotente. Al Padre Nostro: Illuminàti dalla luce che splende sul volto di Cristo, preghiamo il Padre come lui, il Figlio amato, ci ha insegnato: * Quid est illud, quod interlucet mihi et percutit cor meum sine laesione? Et inhorresco et inardesco: inhorresco, in quantum dissimilis ei sum, inardesco, in quantum similis ei sum. Sapientia, sapientia ipsa est, quae interlucet mihi... |