Omelia (18-04-2025) |
padre Ezio Lorenzo Bono |
Il Paradiso non esiste Un autore, di cui non ricordo il nome, ha detto che le parole più belle mai pronunciate sulla faccia della terra sono state quelle scambiate da una croce all'altra: "Ricordati di me, Signore, quando entrerai nel tuo Regno". "Oggi sarai con me, dunque in Paradiso". Ieri, celebrando il ricordo di quella notte dei tradimenti, abbiamo meditato sui linguaggi dell'amore e su come dire "ti amo" senza dire "ti amo": Gesù l'ha fatto lavando i piedi agli apostoli. Oggi, invece, meditiamo sulle sette parole - le ultime che ha pronunciato sul legno della croce - e che rimangono come un testamento spirituale per ciascuno di noi. La prima parola: speranza. "Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato?" Non è un grido di disperazione, ma l'inizio del Salmo 21, il salmo del giusto sofferente che, dopo la prova, viene esaudito da Dio. Gesù ci chiede di mantenere sempre la speranza: Dio non abbandona mai i suoi figli, anche quando tutto sembra buio. La seconda parola: perdono. "Padre, perdonali, perché non sanno quello che fanno". Gesù ci insegna a perdonare sempre, fino a settanta volte sette. Ci chiede di credere nel perdono dei peccati: saper perdonare, ma anche saper chiedere perdono. La terza parola: risurrezione. "Oggi sarai con me in Paradiso". Il ladrone crocifisso accanto a Gesù gli dice con fede: "Ricordati di me, Signore, quando sarai nel tuo Regno". È una testimonianza di fede nella vita dopo la morte. Gesù gli promette: oggi, non domani. Quindi ci invita a credere nella risurrezione e nella vita eterna. La quarta parola: Chiesa. "Donna, ecco tuo figlio. Figlio, ecco tua madre". Con queste parole, Gesù affida a Giovanni, il discepolo amato, Maria - e in lei, la sua Chiesa. Ci chiede di amare, custodire e difendere la Chiesa come una madre. La quinta parola: carità. "Ho sete". Un grido di soccorso, un appello d'amore rivolto all'umanità. Gesù ha sete d'amore, sete di giustizia, sete della nostra compassione. Ancora oggi, attraverso i poveri e gli oppressi, ci dice: "Ho sete". Ci invita a mantenere viva la carità. La sesta parola: fede. "Padre, nelle tue mani consegno il mio spirito". Gesù si abbandona totalmente a Dio. È l'atto supremo della fede, della fiducia. Ci chiede di fidarci anche noi, fino all'ultimo respiro. La settima parola: obbedienza. "Tutto è compiuto". Gesù ha portato a termine la volontà del Padre. Ha obbedito fino alla fine, nell'amore. Non è un grido di sconfitta, ma un "Sì" pieno, totale, definitivo. "Ho fatto ciò che mi hai chiesto, Padre. Ho amato, ho perdonato, ho donato tutto." Anche a noi, oggi, è chiesto di vivere un'obbedienza fiduciosa, che dà senso e compimento a tutta la nostra vita. Ecco, allora, il testamento di Gesù, riassunto in sette parole-chiave: speranza, perdono, risurrezione, Chiesa, carità, fede, obbedienza. Non sono parole rivolte solo al futuro, ma al nostro presente. Perché il Paradiso comincia qui, ogni volta che scegliamo di stare con Gesù. Essere con Lui, già adesso, è essere in Paradiso. Perché il Paradiso, come luogo, non esiste. Il Paradiso è Gesù. |