Omelia (17-04-2025) |
don Andrea Varliero |
Notte di paura, di rabbia, di tristezza e di gioia Questa sera sono chiamato ad ascoltare la paura. Notte di paura, chiamati a fare il primo passo, a riprendere il cammino. Abbiamo paura, come quel popolo schiavo: paura per gli egiziani, per quello che rappresentano, ossia il potere tecnologico, politico ed economico di sempre. Paura a fidarmi di una Parola fatta di vento, paura di affrontare il mare, la notte, paura anche della morte. Una paura talmente radicata che mi fa dire che l'Egitto lo porto dentro al cuore: è lui quel dittatore interiore che tiene fermo, imbrigliato, carcerato. Allora, questa sera, compio l'essenziale contro la paura: il primo passo. Il primo passo che dice che la paura non è l'ultima parola, dove attorno a me c'è la notte senza stelle, dove davanti a me c'è un mare che mi annega, dove dietro di me c'è una guerra che mi insegue, qui è tempo del primo passo, di una prospettiva del tutto nuova. Questa sera è il tempo dello slancio, a dare il meglio di sé stessi, perché la Storia non si ripeta. Notte di paura abitata dalla sua Presenza: è la Pasqua del Signore! Provo tante volte sentimenti di rabbia. C'è così tanta ingiustizia a questo mondo, così tanta contraddizione, così tanta incoerenza, parole così violente volgari e sciocche, così poca umanità e attenzione, che la rabbia sale. Mi consola un detto che mi ha sempre accompagnato: «la Speranza è la virtù di chi si arrabbia», arrabbiarsi come atto di Speranza. Come vivere questa rabbia? L'ira di Dio me lo insegna, la sua rabbia è diventata creatività, la sua ira si è chinata fino a terra e ci ha lavato i piedi. «Mi chiedi una cosa impossibile, don Andrea: noi siamo abituati a servire, ma lasciarci lavare i piedi ci è davvero difficile». Concordo con te, Roberto. Qui, davanti a me, stanno persone che quotidianamente servono: una corsia d'ospedale in un reparto di geriatria, un figlio che ha attraversato la difficile malattia, chi ha ascoltato una persona fragile, chi dedica i pomeriggi a seguire un ragazzo nel fare i compiti, chi ha creato uno spazio di amicizia per un gruppo di disabili, chi coordina un'associazione di volontariato che serve tante e tante famiglie in difficoltà, una coppia che ha aperto le braccia e la casa ad bambino per un affido, una madre chiamata ad amare fino in fondo. Forse, anche per loro, tutto questo bene è nato da una rabbia, da un senso di ingiustizia, da un desiderio di più amore. E hanno trasfigurato la rabbia in speranza, hanno iniziato a lavare i piedi. Ma lasciarsi lavare i piedi è tutt'altra storia: occorre spogliarsi di tutto, occorre la cosa più difficile disarmarci, lasciarci amare. Questo catino è il sacramento della Speranza: «Se dovessi scegliere una reliquia della tua Passione prenderei proprio quel catino colmo d'acqua sporca. Girare il mondo con quel recipiente e ad ogni piede cingermi dell'asciugatoio e curvarmi giù in basso, non alzando mai la testa oltre il polpaccio per non distinguere i nemici dagli amici e lavare i piedi del vagabondo, dell'ateo, del drogato, del carcerato, dell'omicida, di chi non mi saluta più, di quel compagno per cui non prego mai, in silenzio, finché tutti abbiano capito nel mio il tuo Amore» (Madeleine Delbrel). Notte di rabbia d'amore abitata dalla Speranza: è la Pasqua del Signore! Vivo una notte di tristezza. È la tristezza respirata tra tanta solitudine delle nostre case, la tristezza nei rapporti umani ferenti, la tristezza del tradimento e del rinnegamento, la tristezza di non sentire neanche più il gusto di Dio. Entriamo questa sera nella notte della tristezza, quella dell'Orto degli Ulivi. Padre, se possibile, passi da me questo calice. Papa Francesco ha scritto una bellissima catechesi sulla tristezza: «Nessuna prova è al di fuori della nostra portata; nessuna prova sarà superiore a quello che noi possiamo fare. Ma non fuggire dalle prove. Cosa significa che io in questo momento sono in desolazione? San Paolo ricorda che nessuno è tentato oltre le sue possibilità, perché il Signore non ci abbandona mai e, con Lui vicino, possiamo vincere ogni tentazione (cfr. 1Cor 10,13). E se non la vinciamo oggi, ci alziamo un'altra volta, camminiamo e la vinceremo domani». Notte di tristezza abitata dalla sua stella ferma all'orizzonte: è la Pasqua del Signore! Sento la gioia. Una gioia immensa ad essere entrato nel silenzio della Pasqua, nel mistero del Dio che lava i piedi e si lascia mangiare da noi. Sento la gioia che nasce da questa notte di poter essere stato chiamato a rivivere questa cena ogni giorno della mia vita, insieme ad una comunità. «Ci sono così tante persone affamate nel mondo che Dio si può rivelare solo in forma di pane». Che gusto ha la gioia? Sa di pane! Notte di gioia e di pane: è la Pasqua del Signore! |