Omelia (18-04-2025)
don Lucio D'Abbraccio
Il silenzio del Venerdì Santo!

Oggi, il silenzio avvolge le nostre anime. Un silenzio denso, carico di significato, un silenzio che parla più di mille parole. È il silenzio del Venerdì Santo, il giorno in cui contempliamo il mistero più grande della nostra fede: la passione e la morte di nostro Signore Gesù Cristo. Le campane tacciono, gli altari sono spogli, non viene celebrata l'Eucaristia, i nostri cuori sono colmi di una profonda tristezza.

Le letture che abbiamo ascoltato, in questo giorno di dolore, ci guidano in questa contemplazione. La voce del profeta Isaia ci ha presentato la figura del Servo sofferente. Un uomo disprezzato e reietto, un uomo dei dolori che porta su di sé il peso delle nostre infermità e dei nostri peccati. In Lui, sfigurato al di là di ogni umana sembianza, riconosciamo Gesù. Le sue piaghe ci hanno guariti, la sua sofferenza ci ha redenti. Questa antica profezia trova il suo compimento agghiacciante e glorioso sul Calvario.

La Lettera agli Ebrei ci rivela la profondità del sacerdozio di Cristo. Egli non è un sommo sacerdote lontano dalla nostra condizione umana; al contrario, ha provato la sofferenza, la tentazione, la debolezza. Ha offerto preghiere e suppliche con forti grida e lacrime, imparando l'obbedienza attraverso ciò che ha patito. Per questo, egli è capace di comprendere le nostre fragilità e di intercedere per noi presso il Padre. La croce non è la sconfitta, ma il trono dal quale il nostro Sommo Sacerdote intercede per l'umanità.

E infine abbiamo ascoltato la Passione di Nostro Signore Gesù Cristo secondo Giovanni. Abbiamo ricordato l'agonia di Gesù nel Getsemani, il tradimento di Giuda, l'arresto, l'umiliazione, la flagellazione, la corona di spine. Abbiamo rivissuto il cammino doloroso verso il Calvario, il peso della croce sulle sue spalle, l'incontro con sua Madre, le parole di conforto alle donne di Gerusalemme.

E poi, il momento culminante, il momento che ha cambiato per sempre la storia dell'umanità: Gesù, il Figlio di Dio, inchiodato sulla croce. Un supplizio crudele, riservato ai peggiori criminali. Eppure, in quel corpo martoriato, in quel sangue versato, non c'è colpa, non c'è peccato. C'è solo amore infinito, un amore che si dona completamente per la salvezza del mondo.

Abbiamo ascoltato le ultime parole del Signore: «Padre, perdona loro perché non sanno quello che fanno». Un grido di misericordia che squarcia le tenebre del peccato e ci offre la possibilità del perdono. E poi: «Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato?». Un grido di angoscia che esprime la sofferenza di sentirsi lontano dal Padre, ma che rivela anche la sua piena umanità, la sua condivisione della nostra fragilità. E infine: «Tutto è compiuto!». Un grido di vittoria, perché attraverso la sua morte, Gesù ha sconfitto il peccato e la morte, aprendo per noi le porte della vita eterna.

Il silenzio del Venerdì Santo non è un silenzio di disperazione, ma un silenzio di contemplazione. Ci invita a fermarci, a riflettere sul prezzo immenso pagato per la nostra redenzione. Ci chiede di guardare alla croce non come a un simbolo di sconfitta, ma come al segno più grande dell'amore di Dio per noi.

La croce ci rivela la gravità del peccato. Vediamo a quale prezzo è stata pagata la nostra redenzione. Ogni nostra infedeltà, ogni nostro rifiuto dell'amore, ha contribuito a innalzare quel legno. Ma la croce ci rivela anche e soprattutto l'infinità della misericordia divina. Dio ha tanto amato il mondo da dare il suo Figlio unigenito (cf Gv 3,16). In quel corpo straziato, in quel cuore trafitto, riconosciamo la profondità di un amore che non si arrende di fronte al nostro peccato, ma lo vince con il perdono.

In questo Venerdì Santo, siamo invitati a fare memoria non solo della sofferenza di Cristo, ma anche della nostra chiamata a portare la nostra croce. La sequela di Cristo passa attraverso la via stretta del Vangelo, che spesso comporta rinuncia, sacrificio, incomprensione. Ma la croce non è mai fine a sé stessa. È il cammino che conduce alla Risurrezione, alla vita nuova.

Guardando Cristo crocifisso, impariamo l'amore vero, l'amore che si dona, l'amore che perdona, l'amore che vince il male con il bene. Impariamo la compassione verso i sofferenti, la solidarietà verso gli ultimi, il coraggio di testimoniare la verità anche a costo della nostra vita.

In ginocchio dinanzi alla croce, affidiamo a Lui le nostre fatiche, le nostre paure, i nostri peccati. Presentiamo a Lui le sofferenze dell'umanità, le guerre, le ingiustizie, le malattie. Nella sua passione, Egli ha preso su di sé tutto il dolore del mondo.

Che questo Venerdì Santo sia per ciascuno di noi un momento di profonda conversione, un ritorno all'essenziale del nostro essere cristiani. In questa giornata, siamo chiamati a rinnovare la nostra fede, a rafforzare la nostra speranza, ad accendere nel nostro cuore la fiamma della carità. Guardando a Gesù crocifisso, impariamo il valore del sacrificio, della sofferenza offerta per amore, della donazione di sé agli altri.

In silenzio, adoriamo il legno della croce, sul quale fu appeso il Salvatore del mondo.

Questo silenzio ci prepara all'esplosione di gioia della Pasqua. Dalle tenebre della morte, la luce della risurrezione irromperà, portando con sé la promessa di una vita nuova, una vita di pace e di speranza.

Oggi, inginocchiati ai piedi della croce, lasciamoci avvolgere dal silenzio del Venerdì Santo. Un silenzio che ci parla di un amore così grande da donare la vita, un amore che ci chiama alla conversione, un amore che ci promette la risurrezione. Amen!