Omelia (18-04-2025) |
don Andrea Varliero |
Ho amato tutto Da questa prospettiva, amici miei, cambia tutto. I miei occhi stanno per chiudersi, sento le forze dissanguarsi, la sete togliermi il respiro, non provo neanche più dolore. I miei ultimi attimi sono da questa prospettiva, da questa croce. Chi ha posto in me la sua fiducia, chi ha dedicato l'intera sua vita a me, chi ha camminato insieme, sta là in fondo, nascosto tra la gente. Hanno paura, ma soprattutto hanno una domanda fredda come una lastra di ghiaccio: a che cosa è servito? Mi guardano, e sentono la loro vita sprecata e disperata, il fallimento della loro speranza. Gli voglio bene, vorrei avere più fiato e dirgli che sono sempre con me, che nulla è disperso, né perduto, quando si ama. Intravvedo le vesti filettate dei religiosi, mi squadrano con sguardo perplesso e accigliato: non può essere Dio questo, questa non è la liturgia, questa non è la fede calma e ossessiva, rasserenante e rassicurante. Sento sulla mia pella il loro disprezzo, soprattutto la loro pretesa: dimostracelo! Un segno, un solo segno ci basta, e ti crederemo! Mi guardano, e sentono nelle vene il fallimento della loro fede, una vita senza segni. Gli voglio bene, vorrei poter restituire loro un cuore bambino, capace di stupore, capace di meraviglia, capace di novità. Chi mi sta qui sotto, soldati che a malapena comprendo nella loro lingua straniera, sono un misto di rabbia e di bestemmia, sono la violenza che mi sorride beffarda. Conoscono la carne umana, macellai di professione: non sai che cosa sia il potere, e ridono, e ridono. Non sai che cosa sia il meccanismo del mondo, non sai che siano la violenza e la paura, il re del mondo. Mi guardano e bestemmiano, mi guardano e ridono. Gli voglio bene, vorrei strappare questo mio cuore e restituirglielo, far ripulsare nelle loro vene la pietà, l'umanità. Chi mi sta accanto, crocifissi come me, li sento gridarsi qualcosa. Sto accanto a loro, come milioni e milioni di crocifissi. Non sto più in alto, né il mondo si è fermato, sono un anonimo tra gli anonimi, un senza volto tra i senza volti, un senza voce tra i senza voce. Dai, salvati! Dai, salvaci! Non è per questo che ti hanno messo in croce? Per salvarci? Gli voglio bene, vorrei che l'ultimo volto che fissano prima di morire fosse il mio volto, un volto disarmato di misericordia. Oggi, con me, insieme a me. Chi mi sta sopra è un cielo grigio piombo. Un cielo chiuso che non promette niente di buono. Silenzio, il silenzio di Dio. Vado a ricordarmi un canto che mi ha posto sulle labbra mia madre, il canto della sinagoga: «Eloì, Eloì, lemah Sabactanì?» Dio mio, Dio mio, perché mi ha abbandonato? Per chi non ha più Dio, per chi si è stancato di Dio, per chi si è sentito tradito e rigettato anche da Dio, è per loro che intono questo salmo. Gli voglio bene, so che cosa significa essere un senzadio. Dietro di me questo legno che è diventato tutt'uno con il mio corpo, un misto di pelle, sangue e schegge. Questa croce non mi è data per essere compresa, razionalizzata, spiegata. Mi è stata data per essere abbracciata, mi è stata data per essere amata. Su questo legno mi appoggio: la immagino come una nave che tra le tempeste mi conduce al Dio in cui ho sempre confidato, al Dio Padre di tutti, oltre tutto, al Padre che è perdono, solo perdono. Al Dio che non giudica, ama. Muoio così, abbracciando tutto. Se tu mi chiedi in questa vita cosa ho fatto, io ti rispondo ho amato, ho amato tutto. |