Omelia (18-04-2025)
padre Gian Franco Scarpitta
Amore, riscatto e pazzia

Dice Camus che ogni bambino che nasce ci ragguaglia del fatto che Dio non è ancora stanco degli uomini. Oggi noi sperimentiamo che Dio non si è stancato di amare gli uomini e più gli uomini lo respingono e lo rinnegano, più egli va a cercarli e a rappacificarsi con loro. Dio non si stanca cioè delle infedeltà umane, delle cattiverie che gli rivolgiamo apertamente tutte le volte che lo oltraggiamo in ogni opera di male che commettiamo verso gli altri o che lo calunniamo nelle ingiustizie e nelle conculcazioni di cui facciamo soffrire soprattutto i deboli. Anzi, contemplando la croce noi osserviamo che Dio (come anche diceva Dostovijsky) fa proprie tutte le aberrazioni di questo mondo e le sofferenze degli uomini sono parte dell'unica Sofferenza subita per noi da lui stesso nel suo Figlio Gesù Cristo.
La croce racchiude infatti tutte le angosce, le sofferenze, le privazioni degli uomini. Raccoglie tutte le delusioni e le disperazioni, le difficoltà e le ansie procurateci inesorabilmente dai problemi che la cita ci riserva. La croce è espressione della sofferenza umana e allo stesso tempo della vicinanza di Dio a questa sofferenza. Questo strumento ligneo tuttavia compendia anche le speranze di tutti gli uomini, ci sollecita a guardare oltre le apparenze e a continuare con fiducia il nostro cammino. Essa infatti è espressione suprema di quel Dio che per l'appunto non si stanca di amare l'uomo, sia quello sofferente sia, ancor di più, quello che fa soffrire i suoi simili. Nella croce si affina il dolore umano al sacrificio che Dio fa di se stesso per noi, ecco perché non può essere che la massima espressione dell'amore. Amare vuol dire donare se stessi senza nulla aspettarsi, senza pretendere contraccambio, per questo l'amore veramente autentico è quello rivolto verso i nemici e verso quanti ci opprimono: esercitandolo nulla ci si può aspettare in cambio, per cui si ha la certezza di amare davvero senza riserve. La croce di questo amore è la massima espressione, perché ci rende consapevoli che siamo stati amati noi stessi da Dio nonostante le nostre innumerevoli defezioni, i nostri errori e soprattutto nonostante i nostri peccati.
Nella croce Dio ci riserva un amore estremo fino alla follia. Per i Giudei non poteva essere concepibile che un Dio fosse appeso su una croce,.
perché in tal caso era destinato a essere "maledetto". Era scritto infatti "Maledetto chi pende dal legno" (Gal 3, 14). Per amore nostro Gesù suo Figlio si è fatto maledizione, quindi si è deperito fino all'inverosimile pur potendosi svincolare da ogni riprovazione e difendersi legittimamente da ogni accusa. Ancora più assurdo e inconcepibile per la mentalità ebraica era che un Dio potesse morire in croce ed essere considerato per ciò stesso un Dio. Il Dio dei Giudei doveva piuttosto affermare se stesso con veemenza attraverso prodigi, miracoli, atti di preponderanza e di autoaffermazione. Avrebbe insomma dovuto evitare la croce o schiodarsi da essa, imponendo a tutti la sua volontà. E invece proprio in questo si evince la vera sapienza e la vera potenza di un Dio come il nostro, ben lontano dalle aspettative comuni in nome della misericordia e dell'amore per noi tutti peccatori: nella morte inesorabile e cruenta della croce. In ciò che comunemente gli uomini (non soltanto i Giudei) considerano assurdo, ignobile, irrazionale e pazzo e che invece costituisce la sua vera grandezza, la sua vera forza. Solo nella croce infatti Dio poteva pagare il riscatto dei nostri peccati, come quando si paga il riscatto di un sequestrato per ottenerne la libertà.
Solo pagando egli stesso gli effetti del nostro peccato, addossandosene tutte le pene sulle proprie spalle, Dio poteva "giustificarci", cioè renderci giusti e degni di fronte a se per poter guadagnare la salvezza e la comunione con lui.
Il prezzo con cui paga questo riscatto è il suo sangue, per cui possiamo accogliere il monito di Paolo a vivere da persone libere perché appunto siamo stati comprati a caro prezzo (1Cor 6,20). Dio, che aveva risparmiato ad Abramo il sacrificio dell'unico figlio Isacco, non ha risparmiato a se stesso il suo unico Figlio. L'uomo vale la vita di Dio sulla croce.
Non c'è quindi amore più autentico e indubbio da parte di Dio che quello di morire per noi appeso a una croce. Goethe scriveva che la pazzia non è altro che la ragione sotto diversa forma; diciamo che essa è la ragionevolezza dell'amore.