Omelia (27-04-2025)
don Lucio D'Abbraccio
Dal dubbio alla fede che nasce dalla Misericordia: «Mio Signore e mio Dio!»

Celebriamo oggi la seconda Domenica di Pasqua, una domenica ricca di significato, conosciuta fin dall'antichità come Domenica «in Albis», per le vesti bianche che i neobattezzati deponevano dopo una settimana. Questa Domenica, per volontà di San Giovanni Paolo II, è dedicata alla Divina Misericordia. In questo giorno, siamo invitati a contemplare il cuore aperto di Cristo, sorgente inesauribile di perdono, di pace e di vita nuova.
Il Vangelo di Giovanni che abbiamo ascoltato ci introduce in quella «sera di quel giorno» di Pasqua. Immaginiamo la scena: i discepoli sono riuniti nel Cenacolo, lo stesso luogo dell'Ultima Cena, ma ora l'atmosfera è diversa. Le porte sono «chiuse per timore dei Giudei». Hanno il cuore oppresso, la speranza infranta, la paura che attanaglia le loro anime dopo i tragici eventi della passione e morte del loro Maestro. Si sentono soli, smarriti, forse persino in colpa per averlo abbandonato.
Ed ecco che Gesù appare in mezzo a loro. Gesù risorto non rimprovera, non giudica. Non dice: "Perché mi avete abbandonato?", né: "Dove eravate durante la croce?". Dice semplicemente: «Pace a voi!». È la parola della riconciliazione, del perdono, dell'amore che ricostruisce ciò che è stato infranto.
«Pace a voi!» non è un semplice saluto augurale, ma una reale effusione della sua pace, quella pace che il mondo non può dare, frutto della sua vittoria sulla morte e sul peccato. Questa pace guarisce le ferite dell'anima, placa l'agitazione interiore, infonde coraggio.
E per fugare ogni dubbio, per mostrare che è veramente Lui, il Crocifisso risorto, mostra le mani e il fianco. Quelle ferite, segni della sua passione d'amore, non sono scomparse, ma sono glorificate. Sono la prova tangibile del suo sacrificio redentore, la sorgente inesauribile della misericordia. I discepoli, annota l'autore sacro, «gioirono al vedere il Signore». La paura si scioglie, la tristezza svanisce, lasciando spazio a una gioia pura e incontenibile. Hanno visto il Signore! La loro speranza è risorta con Lui!
Gesù ripete: «Pace a voi!». E poi, con un gesto solenne, soffia su di loro e dice: «Ricevete lo Spirito Santo. A coloro a cui perdonerete i peccati, saranno perdonati; a coloro a cui non perdonerete, non saranno perdonati». Qui si manifesta in tutta la sua potenza la Divina Misericordia. Gesù risorto dona ai suoi discepoli lo Spirito Santo, il Paraclito, colui che guida alla verità e rinnova ogni cosa. E con il dono dello Spirito, conferisce loro il potere di perdonare i peccati. La riconciliazione con Dio, resa possibile dal sacrificio di Cristo, viene ora affidata alla sua Chiesa. È attraverso il ministero della Chiesa che la misericordia di Dio continua a raggiungere ogni uomo e ogni donna che riconosce il proprio peccato e si apre al suo perdono. Con questo gesto potente, Gesù istituisce il sacramento della Riconciliazione, un dono immenso della sua misericordia che ci permette di sperimentare concretamente il suo perdono, di essere rialzati dalle nostre cadute e di ritrovare la gioia della comunione con Dio e con i fratelli.
Ma in quella stanza, Tommaso, «chiamato Dìdimo», non era presente quando appare il Risorto. Quando gli altri discepoli gli raccontano: «Abbiamo visto il Signore!», la sua risposta è stata: «Se non vedo nelle sue mani il segno dei chiodi e non metto il mio dito nel segno dei chiodi e non metto la mia mano nel suo fianco, io non credo». Le sue parole risuonano della nostra umana difficoltà ad accettare ciò che supera la nostra comprensione, a credere senza vedere, a fidarci della testimonianza altrui.
Ebbene, otto giorni dopo, scrive l'evangelista, i discepoli sono di nuovo riuniti, e questa volta c'è anche Tommaso. Di nuovo, Gesù si presenta a porte chiuse e ripete il suo saluto di pace. Ma poi si rivolge direttamente a Tommaso. Conosce il suo cuore, la sua esigenza di toccare per credere. E nella sua infinita misericordia, non lo rimprovera duramente, ma lo invita a verificare, a toccare le sue ferite: «Metti qui il tuo dito e guarda le mie mani; tendi la tua mano e mettila nel mio fianco; e non essere incredulo, ma credente!».
Di fronte a questa offerta inattesa e amorevole, Tommaso crolla. La sua resistenza si scioglie, la sua incredulità svanisce. Non ha nemmeno bisogno di toccare. Le parole di Gesù, la sua presenza misericordiosa, lo raggiungono in profondità. La sua risposta è una delle più alte professioni di fede di tutto il Nuovo Testamento: «Mio Signore e mio Dio!». In quel momento, Tommaso non solo riconosce la resurrezione, ma proclama la divinità di Gesù. Le ferite visibili del Risorto lo hanno condotto alla fede invisibile nella sua natura divina.
E Gesù conclude con una beatitudine che risuona potente per noi, discepoli del terzo millennio: «Perché mi hai veduto, tu hai creduto; beati quelli che non hanno visto e hanno creduto!». Questa beatitudine è rivolta a tutti coloro che, pur non avendo visto fisicamente Gesù risorto, accolgono la testimonianza degli Apostoli, la Parola di Dio, e credono. Siamo noi questi beati! La nostra fede si fonda sulla testimonianza di coloro che lo hanno visto, sulla Parola che ci è stata tramandata, sulla presenza viva di Cristo nella Chiesa e nei sacramenti.
La Domenica della Divina Misericordia ci ricorda che le ferite di Cristo, sorgente di salvezza, sono sempre aperte per accogliere la nostra miseria e guarirla con il suo amore. La sua misericordia non ha confini, non conosce limiti. Ci precede, ci accompagna, ci cerca instancabilmente, specialmente quando siamo chiusi nella paura, nel peccato, nell'incredulità, come i discepoli nel cenacolo o come Tommaso nel suo dubbio.
Siamo invitati oggi a spalancare le porte dei nostri cuori alla sua misericordia. A non avere paura di presentarci a Lui con le nostre ferite, le nostre debolezze, i nostri peccati. Nel sacramento della Riconciliazione, in modo particolare, sperimentiamo l'abbraccio misericordioso del Padre, che attraverso le mani del sacerdote ci ridona la pace e la gioia dei figli perdonati.
Ma la misericordia non è solo un dono da ricevere; è anche una chiamata a diventare noi stessi strumenti di misericordia per gli altri. Le parole di Gesù ai discepoli: «Come il Padre ha mandato me, anche io mando voi», ci ricordano che siamo inviati nel mondo per portare questa stessa pace e questo stesso perdono. Siamo chiamati a essere testimoni credibili della sua misericordia nelle nostre famiglie, nelle nostre comunità, nel nostro ambiente di vita.
San Giovanni Paolo II, istituendo questa domenica dedicata alla Divina Misericordia, ci ha ricordato che la misericordia è il cuore pulsante del Vangelo, il volto più autentico di Dio. In un mondo spesso segnato dalla violenza, dall'odio e dall'indifferenza, siamo chiamati ad essere testimoni di questa misericordia, ad accoglierla nelle nostre vite e a diffonderla con le nostre parole e le nostre azioni.
Impariamo da Gesù a guardare le ferite del mondo con occhi di compassione, ad avvicinarci a chi soffre con gesti di tenerezza e di solidarietà, a perdonare chi ci ha offeso con la stessa generosità con cui siamo stati perdonati. Accogliamo il dono della sua pace e lasciamoci trasformare dal suo amore misericordioso, per diventare a nostra volta canali della sua grazia per il mondo intero.
Affidiamoci con fiducia al Risorto e, come Tommaso e santa Faustina diciamo: «Mio Signore e mio Dio! Gesù, confido in Te». Amen!