Omelia (07-03-2006) |
Casa di Preghiera San Biagio FMA |
Dalla Parola del giorno Come la pioggia e la neve scendono dal cielo e non vi ritornano senza avere irrigato la terra, senza averla fecondata e fatta germogliare, perché dia il seme al seminatore e pane da mangiare, così sarà della parola uscita dalla mia bocca: non ritornerà a me senza effetto, senza aver operato ciò che desidero e senza aver compiuto ciò per cui l'ho mandata. Come vivere questa Parola? La breve pericope di Isaia trasuda fiducia piena, speranza fondata sulla irrevocabilità della Parola di Dio. Nelle culture antiche, alla parola veniva attribuita un'efficacia che permaneva nel tempo. Qui, e in altri passi della Bibbia, essa è quasi personificata. Nel Nuovo Testamento, poi, si identifica con la stessa persona divina di Gesù, definito da Giovanni il "Logos", la "Parola". Proprio per questi tratti che la accomunano al trascendente, quanto la parola annuncia è già realtà. Potranno essere dilazionati i tempi di attuazione, ma nulla potrà fermarla o deviarne il corso. Sarà così anche per la "Parola" incarnata, il "Verbo": verrà contrastato, perseguitato, catturato, crocifisso, ma ciò per cui il Padre l'ha inviato si realizzerà puntualmente. La stessa morte non riuscirà a soffocarla, anzi proprio in essa la Parola rivelerà tutta la sua potenza dirompente. Una certezza di fede che alimenta la speranza cristiana. Purtroppo tale certezza sembra che oggi venga un po' accantonata. Forse si abusa troppo della parola, svuotandola dei suoi contenuti, riducendola a "voce", "suono". Si parla tanto e non si dice più nulla. C'è bisogno di riscoprire il silenzio perché in esso la Parola possa tornare a echeggiare. C'è bisogno di ritrovarsi con se stessi, a tu per tu con Dio, fuori da tutte le pseudo-sicurezze, perché l'umile pianticella della speranza possa attecchire nel nostro cuore, affondando le radici nell'humus fecondo della Parola. Oggi, nella mia pausa contemplativa, cercherò di immergermi nel silenzio. Lentamente, senza farmi violenza, porterò la mia attenzione sul ritmo del mio respiro che cercherò di rendere sempre più calmo. Mi raccoglierò, quindi, nel mio cuore in atteggiamento adorante: qui dimora Dio. Sussurrerò: Parla, o Signore, il tuo servo ti ascolta. Manda, o Signore, la tua Parola. Che essa torni a echeggiare nel mio cuore, operando ciò per cui tu la invii. La voce di un sacerdote e poeta Questo è un mondo senza misura e senza gloria, perché si è perso il dono e l'uso della contemplazione... civiltà del frastuono. Tempo senza preghiera. Senza silenzio e quindi senza ascolto... E il diluvio delle nostre parole soffoca l'appassionato suono della sua Parola. David Maria Turoldo |