Omelia (12-03-2006)
Antonio Pinizzotto
«Si trasfigurò davanti a loro...»

«Gesù prese con sé Pietro, Giacomo e Giovanni e li portò sopra un monte alto, in un luogo appartato, loro soli» (Mc 9,2).
La Seconda Domenica di Quaresima ci conduce annualmente al monte della Trasfigurazione per contemplare lo splendore di Cristo Signore in vista del Mistero pasquale, che da lì a poco Egli compirà per la nostra salvezza.
E' una tappa importate per Pietro, Giacomo e Giovanni, che li prepara a sostenere lo scandalo della Croce del loro Maestro e Signore.
Questi tre discepoli sono gli stessi che Gesù porta con sé nell'ora in cui viene consegnato alla morte. Per questo essi hanno necessariamente bisogno di fare un'esperienza forte, di stare un po' con Gesù in disparte, lontano dalla folla e dal chiasso. Ed è in un questo straordinario luogo, il Tabor, dove Gesù li conduce e manifesta la sua gloria.
Anche Domenica scorsa, il deserto ci parlava di "solitudine", di prova, luogo per incontrare Dio e sperimentare che solo Lui è necessario alla nostra Vita e senza di Lui nulla è possibile per noi. Allo stesso modo oggi, l'evento della Trasfigurazione conduce noi, come i discepoli, al silenzio del monte, per godere appieno della presenza di Dio, messa a tacere dai rumori del quotidiano, della corsa frenetica dei nostri impegni, dove lo stesso Dio, in genere, non trova posto!

«Si trasfigurò davanti a loro e le sue vesti divennero splendenti» (Mc 9,3).
I tre discepoli sono testimoni privilegiati di un evento chiamato trasfigurazione. Esso designa Gesù che si presenta diverso, trans-figurato, cioè al di là (trans) dell'aspetto (figura) abituale. Abituati ad incontrare un uomo, ora sperimentano la dimensione ultraumana di Gesù.
Gesù manifesta chiaramente ai tre discepoli "chi Egli è"! Essi lo avevano conosciuto attraverso la sua persona, la sua Parola di novità, i suoi gesti, tra cui emergono in particolare i miracoli... ma stavolta è tutto diverso: Egli si fa conoscere nel mistero della sua gloria, permettendo loro di assaporare ciò che vedranno "più avanti", quando il loro Maestro avrà attraversato un altro monte, il Calvario; le vesti splendenti, candide sono, infatti, quelle della Risurrezione, come anche quelle del nostro Battesimo.

«E apparve loro Elia con Mosè, che discorrevano con Gesù» (Mc 9,4).
Mosè ed Elia, figure rispettivamente della Legge e dei Profeti, rappresentano la Rivelazione veterotestamentaria. Posti accanto a Gesù, in dialogo con Lui, essi ci fanno comprendere il compiersi del tempo prestabilito da Dio, lo scoccare dell'ora della salvezza, la realizzazione della nuova ed eterna Alleanza, che sarà segnata con il Sangue di Cristo, Figlio di Dio e Salvatore degli uomini. Per dirla con l'autore della Lettera agli Ebrei: «Dio, che aveva già parlato nei tempi antichi molte volte e in diversi modi ai padri per mezzo dei profeti, ultimamente, in questi giorni, ha parlato a noi per mezzo del Figlio, [...] irradiazione della sua gloria e impronta della sua sostanza» (Eb 1,1-3).

«Maestro, è bello per noi stare qui; facciamo tre tende, una per te, una per Mosè e una per Elia!» (Mc 9,5).
I tre sono sconvolti: l'esperienza che sono chiamati a vivere è irresistibile, perché essi riconoscono che va' al di là dei limiti umani e chiama in causa il Cielo. Tuttavia, essi stanno bene; non vorrebbero muoversi da questo luogo appartato dove Gesù li ha condotti. Da qui, l'idea di Pietro di costruire delle tende: sarebbe bello fermarsi lì per non scendere dal mondo ed andare incontro alla passione e alla morte del Figlio di Dio!
L'atteggiamento di Pietro rispecchia in maniera sovrana il nostro, quando sfuggiamo alle nostre responsabilità, ai nostri doveri, magari delegandoli ad altri, senza preoccuparci affatto delle cause...
Ma Gesù, non esita ad avviarsi alla Passione: Egli sa cosa lo aspetta e, certamente avrebbe voluto sfuggire anche Lui a quell'ora terribile; ma il Suo Amore per noi, per l'uomo schiavo del peccato, non gli permette di resistere... Pietro costituisce, pertanto, una tentazione per Gesù, non meno rilevante di quelle sofferte nel deserto.

«Poi si formò una nube che li avvolse nell'ombra e uscì una voce dalla nube: "Questi è il Figlio mio prediletto; ascoltatelo!"» (Mc 9,7).
La nube è il segno dello Spirito di Dio che guida il popolo di Israele lungo il deserto ed ora conferma il Cristo nella sua missione verso la Croce; la presenza dello Spirito con la voce del Padre e la presenza del Figlio costituiscono per noi una Teofania, che richiama certamente il Battesimo di Gesù, ma soprattutto che evidenzia l'azione trinitaria di Dio-Amore in ciò che si sta compiendo e in ciò che di lì a poco di compirà.
La voce del Padre, che riconosce in Gesù il Suo Figlio prediletto, tuona oggi nella nostra assemblea liturgica e nella Chiesa sparsa nel mondo: "Ascoltatelo!".
L'esperienza della Quaresima deve far emergere in noi la fame e la sete della Parola di Dio: come poterne a fare a meno nel nostro cammino? Quella Parola di verità e di vita che è Cristo è la sicura strada della salvezza, della gioia, della pace, dell'Amore!
Per questo, lasciamoci avvolgere dalla dolce ombra dello Spirito che riscalda i nostri cuori tiepidi, sensibili solo a ciò che è precario, illusorio ed evanescente. Lasciamoci condurre dal Fuoco dell'Amore sul monte della prova, per vincere con Cristo e in Cristo la vittoria finale del trionfo della vita sulla morte.

«E subito guardandosi attorno, non videro più nessuno, se non Gesù solo con loro» (Mc 9,8).
Gesù è ora chiamato a scendere dal monte per inoltrasi verso l'ora tragica della Croce. E' chiaro che al momento i discepoli hanno capito ben poco o forse niente di quella esperienza sovrannaturale... ma capiranno più tardi, quando vedranno il loro Maestro bere l'amaro calice della Passione... ed allora fuggiranno!

L'esperienza che ci propone oggi la pagina evangelica è davvero bellissima e, certamente, le nostre parole non possono contenerla o spiegarla! Solo il cuore, con il suo linguaggio d'Amore, può accoglierla per farla propria.

Riprendendo l'atteggiamento di Pietro che vuole costruire delle tende per fermarsi con Gesù sul monte, atteggiamento che, come abbiamo detto, rispecchia perfettamente il nostro, Pietro il Venerabile, abate di Cluny, in un Sermone propone questo dialogo: «"Signore è bello per noi stare qui; se vuoi farò qui tre tende, una per te, una per Mosè e una per Elia" (Mt 17, 4) Che dici, Pietro? Vorresti fare una tenda qui sulla terra? Vuoi che rimanga qui colui che è venuto solo per passare di qui? Vorresti apprestare una tenda terrena a colui che abita nei cieli? Non è venuto per avere una casa sulla terra, egli che non volle possedere neanche una pietra su cui posare il capo. Non è venuto perché tu gli costruissi una tenda terrena ma perché egli ti meritasse una dimora celeste. Non è venuto per abitare qui una casa costruita da te ma per sollevarti, dopo di lui, nella dimora che egli ti ha preparato lassù.
"E' bello per noi stare qui". Certo, è bello, Pietro, come tu dici, restare qui; ma è di gran lunga più bello andare là dove sarai veramente felice, nella patria. Se è bella questa gioia momentanea, pensa quanto più bella sarà la felicità eterna. Se ti fa gioire la vista dell'umanità di Cristo rivestita di gloria per breve tempo, prova a immaginare quale e quanta sarà la gioia che colmerà la tua anima nella contemplazione eterna della sua divinità. Quella divinità nella quale gli angeli desiderano fissare lo sguardo (cfr. 1 Pt 1,12) e dalla cui vista mai vorrebbero distogliere gli occhi. E' quella visione beatifica che è promessa ai puri di cuore e che ad essi, quando che sia, sarà data in premio. Anche tu ne godrai; ma prima, come Cristo ha patito per te, così anche tu dovrai soffrire per Cristo. E' proprio necessario che tu gli sia compagno nella passione affinché dopo tu possa essere partecipe della sua gloria. Là egli stesso accoglierà te e tutti i suoi nelle tende eterne. Là, veramente, preparerai non tre tende, una per Cristo, una per Mosè e una per Ella, ma una sola tenda, per il Padre, per il Figlio e per lo Spinto Santo: e questa tenda sarai tu stesso. Allora "Dio sarà tutto in tutti" (1 Cor 15,28), quando, come leggiamo nell'Apocalisse: "La dimora di Dio sarà con gli uomini ed essi saranno suo popolo ed egli sarà Dio-con- loro" (Ap 21,3)»
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Questo dialogo ci aiuta certamente a capire di più questo evento straordinario e motiva con altrettanta insistenza il nostro impegno alla conversione: la penitenza, la riscoperta della Parola di Dio, dei Sacramenti, in particolare dell'Eucaristia e della Riconciliazione, la carità verso i fratelli... dicono la nostra fedeltà a Dio come Abramo, che non esita ad offrire a Dio quanto di più importante ha ricevuto nella sua vita, il figlio Isacco.
Facciamo della nostra vita un sacrificio gradito a Dio, cantando con gioia la nostra vittoria sul peccato e sulla morte: «Camminerò davanti al Signore nella terra dei viventi» (Salmo responsoriale); non esitiamo a seguire Gesù sulla via della Croce, perché già s'intravedono le prime luci della Pasqua. Il grande don Tonino Bello ci insegna: «Se ascoltiamo l'invito del Signore saremo trasfigurati noi e tutti coloro che ci incontreranno saranno felici di aver fatto la nostra conoscenza, che è poi la conoscenza del Signore perché noi siamo dei tramiti con Lui che è la fonte, il centro, è l'alba, è l'attesa, è il principio, è la fine, è il punto di riferimento di tutto, è lo zenit, è l'asse di convergenza di tutta l'esistenza, è un pozzo di luce tanto che bisogna chiudere gli occhi per non calcificarli dentro. Bene: pozzo di luce. La luce della Trasfigurazione che mi auguro possa aiutare la vostra anima a consolidare la voglia di andare avanti nel nome di Dio».
Amen!