Omelia (19-03-2006)
padre Gian Franco Scarpitta
Fra la prescrizione e la libertà

Anche nelle nostre attività pastorali, sia pure indirettamente e senza intenzionalità primaria, noi pastori non di rado rischiamo di ingenerare una sorta di sfiducia e di sospetto nell'animo dei fedeli tutte le volte che ci soffermiamo sul tema dei Comandamenti di Dio.
In questi casi siamo infatti tentati di inculcare specialmente nei più piccoli l'idea di una Legge Divina caratterizzata quasi per intero dalla fissità delle prescrizioni e dei decreti, e accompagnata da tutta una serie di "conditiones sine qua non": Se non fai questo non avrai.... Se non fai quello non potrai.... E (peggio ancora) se non osservi questo e quello un giorno andrai.... E non è da escludersi che determinati risultati a noi ormai del tutto evidenti quali la presa di distanza dei giovani dalla Chiesa nonché il senso di sfiducia da parte loro nei confronti del sacro siano determinati, oltre che dalle cause esteriori della moda e del benessere, anche da questa sorta di timore reverenziale che si inculca loro nel determinismo dei precetti e dei comandamenti sanciti da parte di avulse ed estraneee autorità ecclesiali: la categoricità con cui noi pastori si è soliti determinare prescrizioni, leggi, decreti e ossessionare non di rado i fedeli di tenera età sul senso del peccato e sulla minaccia della pena eterna può fomentare nel fedele senza dubbio un'attitudine di riverenza e di rispetto nei confronti del sacro e della classe clericale ma tuttavia allo stesso tempo incutere anche distacco, indifferenza e ritrosia nei confronti dei contenuti della fede predicati dall'altare nonché una mancata appartenenza alla vita ecclesiale.
Ricordo che, anni prima di riavvicinarmi ai Sacramenti e alla vita di parrocchia che mi portarono poi al sacerdozio, ancora ragazzino, avevo cessato di accostarmi al confessionale perché scoraggiato dal fatto che più di una volta il sacerdote di turno mi si era rivolto con termini di minaccia dell'Inferno per non essere andato a Messa qualche Domenica... E qualche volta aveva aggiunto delle considerazioni sconcertanti che è meglio non descrivere in questa sede. Ma se non mi accostavo più alla confessione, diventava giovo forza che legittimassi anche di non recarmi successivamente alla Messa festiva.
Forse più che sui Comandamenti noi pastori di anime dovremmo soffermarci sulle Beatitudini, che comportano la stessa osservanza dei precetti divini, tuttavia sottolineando il valore di positività della loro osservanza e soprattutto la promessa di una ricompensa presente e futura riservata a chi si mostra fedele; più che il timore e la sottomissione di riverenza fredda e apatica dovrebbero essere infatti l'entusiasmo e il senso di responsabilità personale, come anche lo spirito della libertà dei Figli di Dio a motivarci tutti nell'osservanza dei Comandamenti e questo non prima di aver preso coscienza della validità dello stesso Signore e dell'importanza che Egli sia al centro della nostra vita.

Oltretutto, è proprio questo il Dio che ci viene presentato da Gesù: un Dio Padre misericordioso che si avvicina egli stesso all'uomo nonostante questi si allontani da lui mediante l'ostinazione del peccato, un Dio che intende qualificare la nostra vita fino al punto da volerla vivere Egli stesso con noi fino a sacrificarsi all'estremo supplizio.
Se osserviamo la Prima Lettura di oggi, anche nell'Antico Testamento, proprio a proposito dei Comandamenti, prima ancora di pronunciarsi mediante moniti e prescrizioni Dio ha premura di manifestare se stesso con le prerogative di Padre premuroso e dedito alla realizzazione del suo popolo; non per niente il Decalogo di cui alla Lettura è preceduto da un'affermazione che raramente noi prendiamo in considerazione: "Io sono il Signore tuo Dio che ti ha fatto uscire dal paese di Egitto, da una condizione di schiavitù." Questa affermazione non è fuori luogo poiché tende ad evidenziare CHI sta per esporre i Comandamenti che regoleranno la vita sociale degli uomini di Israele e cioè Dio. Non tuttavia un Dio fautore di ordini perentori e deterministici ma un Padre che ha già mostrato di avere sollecitudine nei confronti del suo popolo al punto di uscire da se stesso, di rinunciare alla propria grandezza e alla propria magnificenza per chinarsi a servizio degli Israeliti e donare loro la libertà e la salvezza e pertanto meritorio di attenzione e di obbedienza su quanto sta per proporre. I Comandamenti di Dio non sono vuoti e fissi ma derivano dall'amore che Dio stesso ha sempre mostrato per il suo popolo, e anche nella loro formulazione si evidenzia l'interesse divino nel promuovere il solo bene degli uomini.
Si tratta insomma di un Dio che intende orientare l'uomo e non già condizionarlo e privarlo della propria libertà e come afferma la seconda Lettura di un Dio che salva l'uomo scegliendo quello che umanamente parlando viene a qualificarsi come "pazzia", ossia la morte di croce. Il Dio dei Giudei infatti è credibile solo nella misura in cui commette miracoli e prodigi, il Dio dei pagani merita fede nella misura in cui lo si può razionalmente dimostrare o procacciare e comunque a lui accedere per via diretta con il lume della ragione; il Dio di Gesù Cristo è invece Colui che per amore dell'uomo si lascia immolare nel patibolo, cosa ritenuta da tutti irrazionale e inaudita ma che per coloro che credono qualifica la vera potenza divina e la vittoria sul male e per questo non può che reputarsi un Dio degno di fiducia e di sequela; vale la pena che lo si segua in tutto ciò che Egli ci indica.

Finalmente, Cristo mostra anche in se stesso il vero Tempio di Dio.
Eccoci a tal proposito all'episodio della cacciata dei venditori dal tempio, esempio del tutto singolare di zelo del Signore nei confronti della casa di preghiera che era il luogo di culti posto alla sommità di Gerusalemme (Sion): la presenza dei cambiavalute e dei venditori di capi di bestiame destinati al sacrificio era cosa del tutto legittima in quella circostanza; illecito era però il mercimonio che prendeva il sopravvento sul carattere spirituale di queste attività nel senso che era inconcepibile che si desse importanza primaria al mercato finalizzato agli abusi e ai guadagni illeciti a discapito della sacralità di quel luogo di culto e per questo Gesù adopera una violenza atta a ripristinare l'equilibro che in quel caso si stava infrangendo. Una violenza quindi indispensabile e legittima e pertanto santa, che conduce anche in tempi odierni alla rivendicazione etica della legittima difesa. Ma qual è il vero motivo della cacciata dei venditori dal tempio se non il fatto che Gesù, nella sua presenza, nelle parole e nelle opere, costituisca Egli stesso il tempio, cioè la via di accesso al Padre di cui potranno beneficiare tutti gli uomini? In Cristo infatti si realizza il vero tempio cultuale essendo lui stesso il vero luogo di incontro per tutti gli uomini di ogni epoca e seguire lui nello spirito dell'apertura incondizionata e della fiducia equivale a voler incontrare e trovare Dio. Il Dio Padre di salvezza e non di mere prescrizioni e decreti.