Omelia (12-03-2006) |
padre Antonio Rungi |
Trasfigurati in Cristo, splendore del Padre La Parola di Dio della seconda domenica di Quaresima ci presenta, nel testo del Vangelo di Marco che ascoltiamo oggi, la Trasfigurazione di Gesù sul Monte Tabor, anticipo della sua passione, morte e risurrezione. "In quel tempo, Gesù prese con sé Pietro, Giacomo e Giovanni e li portò sopra un monte alto, in un luogo appartato, loro soli. Si trasfigurò davanti a loro e le sue vesti divennero splendenti, bianchissime: nessun lavandaio sulla terra potrebbe renderle così bianche. E apparve loro Elia con Mosè, che discorrevano con Gesù. Prendendo allora la parola, Pietro disse a Gesù: "Maestro, è bello per noi stare qui; facciamo tre tende, una per te, una per Mosè e una per Elia". Non sapeva infatti che cosa dire, poiché erano stati presi dallo spavento. Poi si formò una nube che li avvolse nell'ombra e uscì una voce dalla nube: "Questi è il Figlio mio prediletto: ascoltatelo!". E subito guardandosi attorno, non videro più nessuno, se non Gesù solo con loro. Mentre scendevano dal monte, ordinò loro di non raccontare a nessuno ciò che avevano visto, se non dopo che il Figlio dell'uomo fosse risuscitato dai morti. Ed essi tennero per sé la cosa, domandandosi però che cosa volesse dire risuscitare dai morti". Questa esperienza di paradiso fatta dai tre discepoli del Signore li toccò profondamente, tanto da chiedere di continuare a stare lì a contemplare il Cristo glorioso, il Cristo trasfigurato. Nel presentarci i contenuti essenziali della mistero di luce della Trasfigurazione, il Prefazio così recita: "Egli, dopo aver dato ai discepoli l'annunzio della sua morte, sul santo monte manifestò la sua gloria e chiamando a testimoni la legge e i profeti indicò agli apostoli che solo attraverso la passione possiamo giungere al trionfo della risurrezione". Forte appello ed invito a fare del tempo della Quaresima anche il tempo della prova, della purificazione interiore e della disponibilità alla volontà di Dio mediante l'abbraccio delle nostre croci quotidiane. La gioia della vittoria e della risurrezione, la gioia della vita e della rinascita si sperimenta dopo il tempo della sofferenza e dell'abbandono, della solitudine e del Calvario. Sulla tematica morte-risurrezione di Cristo è incentrato anche il testo della seconda lettura tratto dalla Lettera ai Romani di San Paolo Apostolo: "Fratelli, che diremo? Se Dio è per noi, chi sarà contro di noi? Egli che non ha risparmiato il proprio Figlio, ma lo ha dato per tutti noi, come non ci donerà ogni cosa insieme con lui? Chi accuserà gli eletti di Dio? Dio giustifica. Chi condannerà? Cristo Gesù, che è morto, anzi, è risuscitato, sta alla destra di Dio e intercede per noi?". Nel testo della prima lettura, ricavato dal Libro della Genesi, troviamo narrato il sacrificio di Isacco, prefigurazione del sacrificio di Cristo, di cui tutta la parola di Dio di questa domenica parla in modo esplicito. Nel testo è sottolineata anche la fede del patriarca Abramo, completamente disponibile alla volontà di Dio. Uomo di fede per eccellenza e padre nella fede, oltre che esempio di fede per tutti, si lasciò guidare da Dio e non disdegnò su invito dello stesso Signore di donare in sacrificio il suo figlio Isacco. Questa sua disponibilità ad abbandonarsi ai progetti di Dio permise ad Abramo di avere il dono di non sacrificare più il suo unico figlio, ma di ottenere la promessa di una lunga e numerosa discendenza. Come così fu, non solo perché il popolo di Israele ebbe una lunga e gloriosa storia, ma soprattutto perché a partire da Abramo molti uomini hanno creduto e continuano a credere sulla Parola di Dio, che è vita, liberazione, è amore, oblazione e risurrezione. Nel cammino della Quaresima da poco iniziato un'iniezione di fede è necessaria a tutti per potenziare questo pellegrinaggio interiore che è soprattutto pellegrinaggio di fede, speranza e carità. Solo la fede ci aiuta e cogliere in Gesù Cristo l'unico salvatore del mondo, ieri, oggi e sempre. Solo la fede ci sostiene nel cammino della vita, spesso contrassegnato da tante prove e sofferenze, solo la fede ci proietta verso un'eternità e ce ne dà la certezza, non scientifica e dimostrabile mediante strumenti della tecnica, ma mediante l'accoglienza della Parola di Dio che è parola di verità, anzi è la verità stessa, in quanto Cristo, Verbo del Padre, è lui stesso la verità. Sul monte Tabor la verità finale su Dio e sulla storia dell'uomo è fatta intendere ed assaporare a tre discepoli ancora bisognosi di una fede adulta, capace di passare attraverso il vaglio della prova e della passione del loro maestro. Passione che sarà di esempio anche per affrontare con coraggio, una volta ricevuto il dono dello Spirito Santo, dopo la risurrezione di Cristo, la stessa morte e lo stesso martirio, senza rinnegare quel dono meraviglioso della fede in Gesù che non venne mai meno dopo questi singolari eventi, che restarono impressi nella mente e nella coscienza di quanti conobbero Gesù e lo toccarono con le loro mani, prima e dopo la risurrezione dai morti. Alla delusione e allo scoraggiamento che li presero nel momento della passione di Gesù subentrarono, dopo la risurrezione, la gioia e la speranza di un mondo nuovo, che partì proprio dal sepolcro vuoto. Quella gioia che gli apostoli assaporarono pienamente sul monte Tabor, nella Trasfigurazione del divino Maestro che tanto colpì la mente e il cuore di Pietro, Giacomo e Giovanni, tanto da chiedergli di rimanere lì per sempre. E' questa la nostra prospettiva eterna, quella della contemplazione della gloria di Dio e della nostra partecipazione totale ad essa, anche con la nostra corporeità trasfigurata alla fine dei tempi con il giudizio universale e con la ricapitolazione in Cristo di tutte le cose. Allora noi saremo simili a lui e lo vedremo faccia a faccia per l'eternità beata. |