Omelia (19-03-2006)
don Mario Campisi
"Mercanti o adoratori?"

Dopo essere passati per le aride e calde rocce del deserto sperimentando fino a che punto satana può portare l'uomo e salito il monte Tabor dove ci siamo ricaricati della luce e della gloria di Dio, oggi l'evangelista Giovanni ci fa vivere un altro espediente della vita di Gesù e della sua azione evangelizzatrice nel nome del Padre suo.

La finale del brano del Vangelo di oggi penso che sia illuminante il gesto che Gesù compie: la purificazione del tempio di Gerusalemme da tutti i profanatori. Infatti il v. 25 "...sapeva quello che c'è in ogni uomo" apre un grande discorso sulla conoscenza che Gesù ha del cuore dell'uomo pieno di interessi materiali. Non ci può essere spazio per Dio in un cuore saturo di interessi economici, traffici illegali, sfruttamento, appropriazione indebita. Ed allora poiché Gesù "sapeva quello che c'è in ogni uomo", vuole che ognuno di noi liberi il proprio cuore da ciò che lo renderebbe ridicolo di fronte all'immenso amore di Dio per l'uomo, un amore senza interessi né approfittamento economico.

Gesù scaccia i mercanti dal tempio perché ne avevano fatto un vero e proprio luogo di loschi traffici e di speculazione economica. Ed allora ci siamo mai chiesti se andiamo in chiesa per pregare o per mercanteggiare con Dio. Ci siamo mai domandati se siamo più mercanti che adoratori e cercatori di Dio. Abbiamo mai pensato che quando parliamo con Dio nella nostra povera preghiera non facciamo altro che barattare la nostra merce in cambio di un suo favore. Non possiamo usare con Dio il vecchio principio degli antichi "do ut des".

Dio è Amore ed amore gratuito, ma che esige un altrettanto amore gratuito da parte dell'uomo capace di spalancare il suo cuore alle meraviglie di un Dio ricco di misericordia e pronto ad aspettare che ritorni il figlio perduto.

Ma torniamo al cuore della scena di oggi: "non fate della casa del Padre mio un luogo di mercato". Il detto di Gesù riguarda un certo tipo di religiosità.

Non si va in chiesa per sentirsi a posto con la coscienza a buon mercato. Occorre che ci si converta di vero cuore.

Con Dio non si mercanteggia, come si fa al mercato. Non si acquista Dio a buon mercato. Non si sistemano le cose storte con qualche salmo o preghiera. Le cose storte si sistemano... raddrizzandole. Non si può andare in pellegrinaggio al Tempio e poi continuare a rubare, sfruttare, calunniare il prossimo, fare cortile, giudicare senza conoscere bene le persone: «poiché in base alle tue parole sarai giustificato e in base alle tue parole sarai condannato» (Matteo 12,37).

Non si può essere sinceri con Dio quando si inganna la persona con la quale stringiamo la mano in segno di pace e comunione. Dio non accetta le genuflessioni di chi calpesta e disprezza la giustizia.

Ciò che Gesù condanna è la frequentazione del Tempio come rifugio (ecco la caverna, il covo, che mette al riparo i delinquenti). Oserei dire siamo dei latitanti spirituali. Ciò che si condanna è la pietà religiosa come alibi. Un culto del genere è un culto menzognero e la sicurezza che una ne ricava è una falsa sicurezza.

Purificazione del Tempio, in questo senso, significa smascherare l'ipocrisia delle persone religiose e praticanti che credono di sistemare le proprie faccende poco pulite col Signore dietro pagamento di qualche pratica, un certificato di buona coscienza. Allora che cosa dobbiamo fare? Occorre modificare la condotta e non moltiplicare le invocazioni e le preghiere.

L'alternativa al Tempio "luogo di mercato" è il Tempio "aperto", non certo a persone apparentemente perfette, ma a persone che vogliono vivere nella fedeltà, nella chiarezza e nella sincerità, e che cercano in Dio non un "complice" disposto a chiudere un occhio su certe faccende, ma un Dio che guida su una strada di rettitudine, onesta e trasparente.