Omelia (19-03-2006)
mons. Antonio Riboldi
Gesù sa che cosa c’è in ogni uomo

Vorrei aprire questa mia riflessione con un grande augurio. Oggi, anche se la Chiesa trasporta a domani la festa, per la precedenza che ha il grande tempo liturgico della Quaresima, è la festa di S. Giuseppe.
Chissà quanti, che si chiamano Giuseppe o Giuseppina, ci sono tra di voi: a tutti dico che vi voglio bene e oggi ho una preghiera speciale per ciascuno di voi. Avete come patrono colui che il Vangelo definisce "uomo giusto", sposo di Maria, custode del Figlio di Dio.
Un uomo che ha accolto la volontà di Dio, meravigliosa, ma difficile, in silenzio, portando il suo compito fino alla fine: una vita tutta avvolta nel silenzio, che è la sola parola del compiere la "volontà di Dio".
Uomo, padre di famiglia, lavoratore, in dignitosa povertà, come vero ornamento della sua famiglia divina; uomo, diremmo noi, "dalla schiena diritta: insomma uomo giusto".
Santo da proporre a tutti, senza eccezione. Tanti auguri carissimi e carissime ed affidatevi al grande Patrono S. Giuseppe perché vegli su di voi, come fece con Maria e Gesù.
Oggi la Liturgia della Parola, con molta serietà, ci invita ad accostarci al mistero della Pasqua, se necessario, facendo piazza pulita di quanto a volte fa della nostra piccola "casa del Padre", che è ciascuno di noi, "un luogo di mercato".
Troviamo Gesù oramai che sente farsi vicina la sua Pasqua, e sappiamo che non era solo il ripetere la pasqua degli Ebrei, che ricordava la grande liberazione dall'Egitto, ma era ben altra liberazione da questo esilio, in cui ci ha gettato, tutti, il peccato di origine.
Devono essere stati giorni di grande tristezza in Gesù e lo farà capire alla fine di questo vangelo.
Racconta Giovanni: "Si avvicinava la Pasqua dei Giudei e Gesù salì a Gerusalemme. Trovò nel tempio gente che vendeva buoi, pecore e colombe (che servivano per i sacrifici) e i cambiavalute seduti al banco". Un mercato insomma, addirittura dentro il tempio. "Fatta allora una sferza di cordicelle, scacciò tutti fuori dal tempio con le pecore e i buoi; gettò a terra il denaro dei cambiavalute e ne rovesciò i banchi...e disse: "Portate via queste cose e non fate della casa del Padre mio un luogo di mercato".
Fa davvero impressione pensare allo sdegno di Gesù verso chi osa "mortificare" la casa del Padre. Così spiega Giovanni questo sdegno: "I discepoli si ricordarono che sta scritto: Lo zelo per la tua casa mi divora".
Cerchiamo, in questa prima parte del Vangelo, se per caso, oggi, anche le nostre Chiese, a volte sono "luoghi di mercato". E' giusto chiederselo e io, come vescovo, questo problema me lo sono posto tantissime volte in occasione dei Battesimi, delle Prime Comunioni, e non ultimo, dei matrimoni.
Nessuno vuole negare la gioia e la festa in queste occasioni, che sono davvero la festa dei doni che Dio ci fa', o con il farci suoi figli nel Battesimo, o ancora di più nel farci partecipi del "Suo Corpo e Sangue" nella Eucaristia o, nel grande momento della Pentecoste, in cui lo Spirito Santo ci rende testimoni forti e coraggiosi nel vivere la fede e donarla; e non ultimo il grande giorno in cui l'uomo e la donna sono addirittura ministri della meravigliosa vocazione a essere "una cosa sola", per tutta la vita, nel matrimonio, che con Gesù deve divenire con i figli: "piccola chiesa domestica". E che tutto questo sia segnato da una nota di festa in Chiesa va bene. Quello che fa veramente male e fa della Chiesa il ghiotto mercato del consumismo, è quell'eccesso di esteriorità in cui ciò che appare è il mercato, "usando il sacramento". Non è giusto.
Quante volte fanciulli preparati alla prima comunione, "giorno beato", abbandonano l'Eucarestia la domenica dopo, come se la "festa fosse finita". E così della Cresima, in cui pare che il mandato dello Spirito "Andate e dite alle genti la buona Novella" si fermi ad "andare"; ossia si abbandona la Chiesa, tradendo il dono ricevuto. Per non parlare del "fasto" che urta la "povertà evangelica", che è indice di serietà, nei matrimoni, che a volte si sciolgono dopo poco tempo come "neve al sole".E tutto questo "per apparire" agli occhi della gente, che è il vizio del nostro tempo, ignorando la festa che Dio fa con noi, nel Cuore, per sempre.
Davvero sembra che il consumismo, ossia "il mercato" a volte abbia invaso la casa del Padre. Che farebbe Gesù in questi casi? Userebbe la sferza fatta di cordicelle, cacciando quanti osano "usare la casa del Padre" come palcoscenico per fare colpo agli occhi della gente e dei fotografi? Ma tutto questo può essere superato, formando veramente alla fede e ricordando quella povertà di Cristo che Lo accompagnò dalla nascita, ai momenti solenni della sua vita, finendo nella povertà più integrale che è stata la croce. E' lì che si vive la passione per Cristo! E si fa festa!
Fa davvero meditare quanto il S. Padre, Benedetto XVI, allora Cardinale, disse durante la Via Crucis dello scorso anno, commentando la nona stazione: "Che cosa può dirci la terza caduta di Gesù sotto il peso della croce? Forse ci fa pensare alla caduta dell'uomo in generale, all'allontanamento di molti da Cristo, alla deriva verso un secolarismo senza Dio. Ma non dobbiamo pensare anche a quanto Cristo debba soffrire nella sua stessa Chiesa?
A quante volte si abusa del sacramento della Sua Presenza, in quale vuoto e cattiveria del cuore spesso entra! Quante volte celebriamo soltanto noi stessi senza renderci conto di Lui! Quante volte la sua Parola viene distorta e abusata! Quante parole vuote! Quanta sporcizia c'è nella sua Chiesa e proprio anche in coloro che, nel sacerdozio, dovrebbero appartenere totalmente a Lui! Quanta superbia, quanta autosufficienza! Quanto poco rispetto al sacramento della riconciliazione, nel quale Egli ci aspetta per rialzarci dalle nostre colpe... Signore, spesso la tua chiesa ci sembra una barca che sta per affondare, una barca che fa acqua da tutte le parti. E anche nel suo campo di grano vediamo più zizzania che grano! La veste e il volto così sporchi ci sgomentano. Ma siamo noi stessi a sporcarli. Siamo noi stessi a tradirti ogni volta, dopo le nostre grandi parole, i nostri grandi gesti. Abbi pietà della tua Chiesa, anche all'interno di, essa. Adamo cade sempre di nuovo. Con la nostra caduta ti trasciniamo a terra e Satana se la ride, perché spera che non riuscirai più a rialzarti da quella caduta, spera che anche tu, trascinato nella caduta della tua Chiesa, rimarrai per terra sconfitto. Tu però ti rialzerai. Ti sei rialzato; sei risorto e puoi rialzare anche noi. Gesù, salva e santifica la tua Chiesa. Salva e santifica anche noi" (Via Crucis, IX Stazione).
Possono sembrare parole dure in chi, di lì a pochi giorni, Dio sceglierà a drizzare il corso della Chiesa: "Tu sei Pietro". E in questi tempi del suo pontificato ci dà segni chiari del voler "rialzare la Chiesa, noi".
C'è oggi un risveglio in tanti a fare sul serio: ossia a rigettare la troppa attenzione del mondo, o di satana con le sue bugie, che rischiano di farci cadere per sempre sulla strada del nostro Calvario. Ma quello che si accompagna con la voglia di liberarci da questo stato di male, è il senso di non farcela. Tanti, ma tanti, vorremmo entrare nella gloria della resurrezione, ma abbiamo paura.
Ce la faremo? Con la Grazia e la buona volontà tutto è possibile...perché la debolezza della nostra natura è davvero grande, ma è ancora più grande la forza dello Spirito, se Lo accogliamo.
"Allora i Giudei presero la parola e gli dissero: "Quale segno ci mostri per fare queste cose? Rispose: Distruggete questo tempio e in tre giorni lo farò risorgere. Gli dissero: Questo tempio è stato ricostruito in quarantasei anni e tu in tre giorni lo farai risorgere? Ma Gesù parlava del tempio del suo corpo. Quando poi fu risuscitato dai morti, i suoi discepoli si ricordarono che aveva loro detto questo e credettero alla Scrittura e alla parola detta da Gesù" (Gv 2,13-25).
Fa parte veramente del disegno di amore di Dio verso di noi, a volte permettere che "facciamo acqua da tutte le parti", fino ad avere l'impressione di affondare, per poi fare irruzione con il grande dono della resurrezione ossia della Pasqua.
Non ci resta che dire grazie a Dio se a volte prende a frustate i nostri atteggiamenti che fanno della Chiesa, che è anche in noi, "una spelonca di ladri", dimenticando che siamo "casa del Padre".
E' in questi momenti che dobbiamo alzare gli occhi all'invito alla resurrezione, volgendo i nostri passi verso il Cielo, sempre tenuti con tenerezza dalle mani del Padre.
Questa è la Quaresima che dovremmo vivere: un cammino verso la resurrezione, guidati da quelle stupende regole, che sono il patto di amicizia tra noi e Dio, e che sono fondamentali per la santità e per una civiltà di amore. Guardiamo "dentro i comandamenti" l'amore del Padre e la nostra felicità.
"In quei giorni Dio pronunziò tutte queste parole: Io sono il Signore, tuo Dio, che ti ho fatto uscire dal paese di Egitto dalla condizione di schiavitù; non avrai altri dèi di fronte a me. Non pronunzierai invano il mio nome...Ricordati del giorno di sabato per santificarlo. Onora tuo padre e tua madre, perché si prolunghino i tuoi giorni nel paese che il Signore, tuo Dio, ti dà. Non uccidere. Non commettere adulterio. Non rubare. Non pronunziare falsa testimonianza contro il tuo prossimo. Non desidererai la moglie del tuo prossimo, né il suo schiavo, né qualunque cosa gli appartenga" (Es 20,1-17).
Così pregava Mons. Tonino Bello: "Con quest'olio, bambino mio, ti innesto nella centrale energetica del Signore e ti trasmetto la forza stessa di Gesù. Se ti capiterà di fare il braccio di ferro con la potenza del male, non avere paura, nei tuoi muscoli scorrerà l'identico vigore con cui Cristo ha sconfitto il demonio. Quando, poi, divenuto più grande, ti dovrai caricare il fardello degli impegni cristiani e la vita ti obbligherà a un esercizio difficile di sollevamento pesi, stai tranquillo, le spalle non si incurveranno e le ginocchia non vacilleranno. Perché quest'Olio dello Spirito Santo ti farà diventare tutt'uno con il Signore che si mette alla stanga con te" (1990).