Omelia (03-07-2003) |
padre Lino Pedron |
Commento su Giovanni 20, 24-29 Giovanni, dopo aver descritto il primo incontro di Gesù con i suoi la sera di Pasqua, si premura di precisare che Tommaso era assente quando venne Gesù (v.24). Quest'uomo molto concreto (cfr Gv 11,16; 14,5) vuol vedere con i suoi occhi e toccare con le sue mani; egli non crederà finché non abbia visto il segno dei chiodi nelle mani di Gesù e messo il dito al posto dei chiodi e la mano nella ferita del costato. Questa frase dell'apostolo è aperta dal verbo vedere e chiusa dal verbo credere. Egli dichiara apertamente: "Se non vedo e non tocco, non credo". Nella seconda apparizione ai discepoli nel cenacolo, otto giorni dopo, Gesù, dopo aver salutato gli amici col dono della pace, si rivolge all'apostolo non credente esortandolo a toccare le sue ferite per credere. In questo invito il Signore prende quasi alla lettera le parole di Tommaso, tralasciando la frase sul vedere, perché l'apostolo ha davanti a sé il Signore. L'esortazione del Signore a non essere incredulo, ma credente, trova la risposta nella professione di fede di Tommaso che riconosce in Gesù il Signore Dio. L'aggettivo "mio" davanti a Signore e Dio denota un accento d'amore e di appartenenza. Nella sua replica alle parole di Tommaso, Gesù volge lo sguardo ai futuri discepoli che non si troveranno nelle condizioni dell'apostolo, perché non avranno la possibilità di vedere il Risorto: i futuri discepoli che crederanno senza aver visto sono proclamati beati (v.29). La frase di Gesù a Tommaso contiene un velato rimprovero perché la fede pura dovrebbe prescindere dal vedere e dal toccare. Le ultime parole di Gesù: "Beati coloro che pur non avendo visto, crederanno" costituiscono il vertice delle apparizioni del Cristo risorto ai discepoli. Il messaggio di questa beatitudine evangelica è importante per tutti i cristiani di tutti i tempi. Alcuni di essi cercano, con una bulimia insaziabile, apparizioni, prodigi, messaggi celesti. La Costituzione Dogmatica del Concilio Vaticano II sulla Divina Rivelazione ricorda autorevolmente che non ci si deve aspettare nessun'altra rivelazione pubblica prima della venuta finale del Signore (DV,4). Dio si è manifestato in modo autentico nella sacra Scrittura, che rappresenta la regola suprema della fede della Chiesa, il nutrimento sano e sostanzioso della vita del popolo di Dio (DV,21). |