Omelia (19-03-2006) |
don Fulvio Bertellini |
Gesù sovversivo? In linea con la tradizione Sembra che questo sia l'unico brano del Vangelo in cui Gesù si comporta in maniera per così dire "violenta". Ma la lettura attenta del brano ci conduce a misurare l'esatta portata dei gesti di Gesù, che non vanno confusi con una generica "arrabbiatura", o con uno stravagante andare "contro" le convenzioni consolidate. Gesù sale a Gerusalemme, per il pellegrinaggio della festa. Non ci può essere un agire più tradizionale e conforme alle "regole". Trova nel tempio venditori e cambiavalute. Da un certo punto di vista, si tratta di modernità, innovazione, ragionevole organizzazione. I sacrifici richiedono animali, e procurarli per tutti esige una efficiente rete commerciale; al tempio arrivano da tutte le regioni della terra, con le loro monete, ed è perfettamente logico organizzare un servizio di cambio. Dunque, per usare categorie semplificate, Gesù è per la tradizione, i venditori sono per la modernizzazione. Una modernizzazione che però non è in linea con lo spirito originario del tempio. Per quanto tempo? Quello che potrebbe ingannarci è la nostra lettura frettolosa e veloce, come se tutto si svolgesse nell'arco di pochi minuti. Chiediamoci invece, sulla base del testo di Giovanni, quanto tempo impiega Gesù a girare tra i banchi dei venditori, in un edificio enorme e sontuoso qual era il tempio di Gerusalemme. E' presumibile che la zona del mercato fosse il portico regio, una specie di grande basilica circondata da colonne, larga almeno duecento metri, che si affiancava al grande cortile meridionale. Possiamo supporre anche che i venditori fossero particolarmente numerosi, trattandosi di una festa. Dalla descrizione dell'evangelista, ricaviamo che Gesù prende visione di tutta la zona, valutando la presenza di diverse categorie di venditori, nonché i banchi dei cambiavalute. E' lecito anche supporre che durante il giro che percorre, cresca lo sdegno di Gesù. Ma uno sdegno consapevole e misurato, non un'arrabbiatura inconsulta. Come un buon mandriano Gesù si fabbrica una frusta di cordicelle. E' il dettaglio a prima vista più violento, di fatto il più innocente. La frusta serve per guidare gli animali. Torpidi buoi e imbelli pecorelle. Anche questo inganna chi non ha mai visto o fatto il lavoro di guidare gli animali. Occorre essere calmi e misurati, ma anche forti e decisi. La frusta serve solo in casi estremi, anche perché eccitare gli animali oltre il limite può essere pericoloso. La scena è più comica che violenta: con un dettaglio ironico l'evangelista fa notare che "tutti" (i venditori) sono scacciati dal tempio "con le pecore e i buoi": tutti associati in un unico gregge, o un'unica mandria, tutti accomunati dalla stessa bovina ignoranza. Certamente, è anche una scena concitata: ci vuole un po' di tempo prima che tutti i greggi siano usciti, e che si possa passare ai banchi dei cambiavalute. Assordati dal rumore dei soldi, costoro si lasciano smuovere solo con un gesto forte. Gesù fa capire che sta parlando seriamente. Ai venditori di colombe basta la parola, ed è un dettaglio che colpisce: sono gli unici che non subiscono l'azione diretta di Gesù. Forse perché non ce n'è bisogno, o forse perché rovesciare le gabbie sarebbe pericoloso per gli animali? L'annuncio del Padre Dal racconto dell'evangelista ricaviamo anche che Gesù non viene arrestato, non viene fermato, non c'è rissa con i venditori. I miei amici commercianti mi assicurano che non sarebbe normalmente possibile. Se uno va al mercato e si mette a scaravoltare tutto, succederebbe un putiferio. Ma in questo caso Gesù ha colpito nel segno. I venditori sanno di non essere a casa loro, e comprendono l'intenzione di Gesù. O in ogni caso si adeguano. Il gesto forte ha scosso il torpido, animalesco automatismo, la pacifica accettazione di una abitudine parassita. Il tempio è la casa di Dio. Ma Gesù lo chiama "casa del Padre mio". Anche la cacciata dei venditori è annuncio di Dio, annuncio del Padre. Gesù non lotta contro le strutture economiche, ma lotta perché Dio sia riconosciuto come il Padre di tutti, che tutti accoglie nella sua casa. La reazione L'evangelista ci presenta solo la reazione dei discepoli, che interpretano l'agire di Gesù come agire profetico, sulla scorta del versetto di un salmo. Gesù è l'ultimo profeta, giunto a purificare il tempio, come Geremia un tempo aveva predicato contro le false pretese nazionaliste legate al santuario di Gerusalemme. I Giudei chiedono un segno. Anch'essi, significativamente, non contestano l'azione di Gesù, ma si interrogano sulla sua autorità. Sanno che egli ha fatto la cosa giusta, ma si rendono anche conto della pretesa che si cela dietro le sue parole. Gesù non si proclama soltanto restauratore del tempio, ma anche autentico interprete della volontà del Padre. E' lui il nuovo tempio. E il segno, l'inaugurazione del nuovo luogo di incontro con il Padre, avverrà con la sua Passione. Il suo corpo, distrutto e risuscitato, sarà il vero grande segno attraverso cui tutti potranno ritornare al Padre. Flash sulla I lettura I dieci comandamenti (per stare aderenti al testo: le "dieci parole") sono distinti dal resto della legislazione promulgata sul Sinai e conservata nel libro dell'Esodo. Infatti sono pronunciati direttamente da Dio nel corso di una grandiosa apparizione, che spaventa il popolo, a tal punto che nessuno vuol più sentire parlare Dio direttamente. Il resto della Legge è dato a Mosè, che si occupa di trasmetterla al popolo. Si attribuisce dunque uno status particolare ai dieci comandi fondamentali: essi sono voce di Dio udibile da tutti, indipendentemente dal mediatore. La riflessione teologica successiva interpreta il contenuto dei dieci comandamenti come espressione della "legge naturale", iscritta nel cuore di ogni uomo. Anche se la loro formulazione ha in realtà bisogno di alcuni significativi ritocchi: basta confrontare il testo dell'Esodo con i Dieci Comandamenti da memorizzare al catechismo per rendersi conto delle differenze. Anche all'interno della stessa Torah abbiamo un testo leggermente differente, nel libro del Deuteronomio. La Legge eterna di Dio si presenta sempre in una forma storica, determinata dai tempi: si possono riconoscere alcune esigenze fondamentali, ma la loro formulazione concreta è sempre condizionata dall'epoca, dalla conformazione della società, dalle particolari condizioni in cui vivono le persone che tentano di riconoscere e applicare le parole vive di Dio. Nessuno di noi ad esempio desidera "il bue o l'asino o la schiava del prossimo". Una specificazione molto importante per il popolo di Israele, in cui l'economia si basava sul possesso di animali e schiavi, diventa trascurabile per noi, che pure abbiamo bisogno di quello stesso comandamento: "non desiderare". Il comandamento quindi, più che un meccanismo rigido, è per sua stessa struttura un dispositivo "aperto", che fa appello alla persona, e che continuamente esige di essere applicato, rinnovato, attualizzato. Flash sulla II lettura "... i Giudei chiedono miracoli": rispondendo ai Corinzi, Paolo delinea le difficoltà della sua predicazione, che sono le stesse della comunità. I Giudei (e una frangia della comunità dei Corinzi - e potremmo anche dire una parte delle nostre comunità) richiedevano manifestazioni di potenza, segni, prodigi, come sostegno della fede. Solo che la continua richiesta di segni non rafforza, anzi a lungo andare indebolisce la fede genuina, e le impedisce di crescere nella comprensione più profonda del Cristo, crocifisso e risorto. I Greci invece erano più sensibili alla filosofia, alla ricerca di una dottrina razionalmente comprensibile e argomentabile. Nel nostro tempo una simile esigenza è molto sentita, soprattutto dal mondo scientifico-tecnologico, e anche dal mondo dell'economia, abituato a ragionare su dati concreti, misurabili, su obiettivi visibili e a breve termine. Solo che lo sforzo razionale non rende ragione di tutta la fede: precisamente, è incapace di attingere la sua dimensione fondamentale, che non è contro la ragione, ma oltre la ragione: la croce di Cristo supera la ragionevolezza umana. "noi predichiamo Cristo crocifisso": la croce è il nuovo punto di partenza, proposto da Paolo. Di fronte alla croce va ridefinito il concetto stesso di "potenza", e si apre la via per una concezione completamente nuova del "potere". Così pure la "sapienza" dovrà essere ripensata a partire dalla croce. Mentre Giudei e Greci pensano di poter giudicare Gesù in base ai loro preconcetti, Paolo fa presente che è la croce che Giudica Greci e Giudei, con tutti i loro preconcetti. |