Omelia (19-03-2006) |
Omelie.org - autori vari |
* È sempre bello, quando si entra nella casa di due giovani sposi, vedere come anche la casa risplenda di novità, di "odore di vernice fresca". La preparazione del matrimonio corrisponde per molti con la preparazione di una casa, ambiente necessario per la vita comune, segno che rispecchia la serenità o la difficoltà di una famiglia. Di contro, quando una casa deve essere lasciata, si sa che non si lascia solo un ambiente, ma un insieme di vita, fatta di ricordi e di emozioni. Ancor peggio, quando si è vittime di un furto, ci si sente derubati non solo di denaro o di oggetti più o meno preziosi, ma di un pezzo della nostra anima. * Anche Gesù vede la casa del Padre, il tempio ricostruito da poco, "derubato", nel racconto che l'evangelista Giovanni colloca, a differenza dei sinottici, all'inizio della vita pubblica di Gesù, subito dopo il segno delle nozze di Cana. * Per l'ebreo il tempio di Gerusalemme evocava tutto un passato fatto di costruzioni e ricostruzioni, frutto di quel desiderio di Davide, attuato poi dal figlio Salomone, di dare a Dio una dimora, pur consapevole che il cielo stesso e i cieli dei cieli non possono contenere Dio, "tanto meno questa casa che io ho costruita" (1 Re 8,27). Il tempio è comunque la "casa di preghiera per tutti i popoli", uno spazio sacro in cui il rapporto con Dio è reso più facile da tutto un contesto di sacralità. Al tempo di Gesù il tempio di Gerusalemme era una nuova costruzione, non ancora compiuta, fatto iniziare da Erode nel 19 a.C. * Gesù era già entrato nel tempio altre volte. Ricordiamo il racconto di Luca, quando a Gesù dodicenne non pare vero di essere finalmente nella casa del Padre suo, tanto da "dimenticarsi" di riprendere il cammino del ritorno a Nazaret. Gesù sapeva da sempre cosa accadesse in quel luogo santo. Ma è giunta l'ora, entrato nella vita pubblica, di compiere, come a Cana, un nuovo segno. Il tempio è diventato un luogo di mercato. Invece di trovare persone innamorate di Dio, Gesù vede gente avida di guadagno, noncurante del luogo santo dove si trovano. Gesù vuole "fare pulizia" per far riscoprire il vero Tempio. Possiamo immaginare lo scompiglio creato da Gesù quando si mise a cacciare tutti i venditori e la reazione degli stessi che chiedono: "Ma quale segno ci dai per compiere tutto questo?". * Anche per i discepoli l'atto compiuto da Gesù non fu immediatamente compreso. L'evangelista annota che lo compresero dopo. Precisamente il vangelo dice: "si ricordarono", un verbo carico di risonanza biblica. Non si tratta infatti di un semplice ricordo della memoria, ma indica invece "comprendere in pienezza, rivivere, celebrare, interpretare alla luce della Pasqua". Ciò che ricordarono è un versetto del Salmo 69 che dice: "lo zelo per la tua casa mi divora". Indica l'amore geloso per la santità di Dio e del suo tempio. Questo fuoco che divora equivarrà per Gesù al fuoco d'amore che lo farà morire per la salvezza del mondo, in adesione piena alla volontà del Padre. Il vero tempio è proprio Lui. * E' a questo punto che Gesù invita i suoi ascoltatori ad un passaggio, pur con un linguaggio misterioso, dal tempio fatto di pietre terrene al tempio del suo corpo. Sarà questo il segno: "Distruggete questo tempio e in tre giorni lo farò risorgere". Un'affermazione assurda, che verrà riportata come capo d'accusa durante il processo contro Gesù, nel sinedrio. Come può un uomo distruggere una costruzione, frutto del lavoro di 46 anni, per poi farla risorgere in tre giorni? * Ecco che, come per la trasfigurazione, l'evento raccontato oggi non è che un'anticipazione del mistero pasquale, preparazione dell'evento grandioso della nostra salvezza. Anche per i discepoli tutto questo discorso di Gesù sarà risultato difficile. Ma - commenta di nuovo l'evangelista - dopo la morte e la resurrezione, si ricordarono di queste sue parole e capirono che egli parlava del tempio del suo corpo. * Per noi oggi l'immagine del tempio si applica alla Chiesa intera e al nostro corpo. Noi siamo il tempio vivo dell'amore di Dio, come ci ricorda San Paolo: "Non sapete che siete tempio di Dio e che lo Spirito di Dio abita in voi? Se uno distrugge il tempio di Dio, Dio distruggerà lui. Perché santo è il tempio di Dio, che siete voi" (1 Cor 3,16-17) * La prima lettura ci riporta all'esperienza del popolo nel deserto e al dono del decalogo. Il testo, ben conosciuto, richiama il fatto che l'Antico Testamento era segnato dalla legge. L'uomo deve vivere nel rispetto il suo rapporto con Dio, l'unico, che lo ha fatto uscire dall'Egitto; ma deve anche salvaguardare il rapporto con il prossimo. Ma il tempio, luogo in cui la legge doveva trovare lo spazio del sacro, diventa invece il luogo del peccato. Il tempio del nostro corpo, oggi, è lo spazio sacro in cui vivere in pienezza il dono del decalogo non come legge che lega, ma come parola che libera. Il decalogo non è il "no" di Dio all'uomo, ma il "sì" dell'uomo a Dio. così si esprime Benedetto XVI: "Potremmo dire che il volto di Dio, il contenuto della cultura della vita, il contenuto del nostro grande «sì», si esprime nei dieci Comandamenti, che non sono un pacco di proibizioni, di «no», ma presentano in realtà una grande visione di vita. Sono un «sì» a un Dio che dà senso al vivere (i tre primi comandamenti); «sì» alla famiglia (quarto comandamento); «sì» alla vita (quinto comandamento); «sì» all'amore responsabile (sesto comandamento); «sì» alla solidarietà, alla responsabilità sociale, alla giustizia (settimo comandamento); «sì» alla verità (ottavo comandamento), «sì» al rispetto dell'altro e di ciò che gli è proprio (nono e decimo comandamento)". * Il Salmo 18 illumina il senso del vero "sì" a Dio che è Gesù. Infatti in Cristo la Chiesa trova perfezione, ristoro per l'anima, saggezza, gioia e luce, purezza, ricchezza e dolcezza. A lui la Chiesa rinnova la professione di fede di Pietro: "Signore, tu hai parole di vita eterna" (Gv 6,69) I tre versetti della prima lettera ai Corinzi racchiudono tutto il senso del mistero della croce. Il centro della predicazione della Chiesa non sta nella sapienza o nei miracoli, nella potenza di Dio, ma nella debolezza della croce. Dio si è fatto piccolo, umile, condividendo in tutto, eccetto il peccato, la fragilità umana. Proprio con questa debolezza Dio è risultato forte. Egli che è capace di riedificare il "vero tempio" in tre giorni, passa attraverso la sofferenza e la morte per dare a tutti la speranza che la morte non è l'ultima parola, ma l'uomo è fatto per la vita e la resurrezione. Commento a cura di don Paolo Ricciardi |