Omelia (19-03-2006) |
don Roberto Rossi |
Le parole della vita Nel vangelo Gesù vuole con decisione il rispetto del Tempio. Ma il vero Tempio è Cristo stesso e Cristo è Dio. Tempio diventa anche l'uomo: "Non sapete che siete tempio di Dio?" Il vero culto è accogliere e mettere in pratica i comandamenti di Dio. Nel testo dell'Esodo, riportato nella prima lettura, vediamo la bellezza dei comandamenti e noi sappiamo che sono il dono di Dio per la nostra vera realizzazione, per la nostra libertà, per la nostra vita. Gesù non è venuto ad abolire la legge, ma a completare e riempire la legge con la croce, cioè con l'amore, col dono di sé. Abbiamo così una nuova interpretazione dei comandamenti nella logica dell'amore: "Amerai il Signore Dio tuo, con tutto il cuore e il prossimo tuo come te stesso. Della preghiera e del culto ci ha parlato il brano del vangelo. Gesù, un giorno, salì al tempio di Gerusalemme; vi trovò gente che vendeva, urlava e contrattava, come avviene di solito nei luoghi di mercato; allora, fu preso da sdegno e, fatta una sferza, non sappiamo di che cosa, cominciò a rovesciare a terra banchi e gabbie di animali, gridando: Portate via queste cose e non fate della casa del Padre mio un luogo di mercato, perché essa è "casa di preghiera". C'è una condizione perché il culto dell'uomo sia gradito a Dio: è che non sia ipocrita; che esso, cioè, sia espressione di una vita orientata verso Dio e obbediente alla sua legge e non un momento staccato dal resto, un onorare Dio con le labbra, tenendo il cuore e la vita lontano da Lui. Gesù si arrabbia. Egli è mite e mansueto, ma qui prende una frusta e manda via dal tempio coloro che vi erano andati non per pregare, ma per vendere, per commerciare. Il vangelo ci pone questa domanda: perché io vado in chiesa? Qual è il mio atteggiamento? Per abitudine, per dovere, per conformismo? Oppure per pregare, per incontrare davvero Dio nella mia vita e orientare a Lui la mia esistenza? Il vangelo ci dice: state attenti che la vostra pratica cristiana non diventi abitudine, che le celebrazioni liturgiche a cui partecipate non siano staccate dalla vita. Qualcuno potrebbe illudersi di essere a posto senza la preghiera, senza la Messa: ma noi abbiamo bisogno di imparare a pregare ogni giorno, per imparare a vivere a qualunque età; abbiamo bisogno dell'Eucarestia, della Messa, che ci unisce a Cristo e agli altri; senza la Messa non costruiremmo la vita cristiana che è comunione con tutti gli altrui, in Cristo. Cristo non ci ha fatti discepoli isolati, ma ci ha costituiti Chiesa, cioè comunità di fratelli. Nello stesso tempo quando prego o partecipo alla Messa, so che la mia preghiera non finisce lì, ma la preghiera mi deve aiutare a trasformare la mia vita e le mie azioni. Oggi ci sono richiamati anche i comandamenti del Signore in quel bellissimo testo del libro dell'Esodo. I comandamenti non sono imposizioni, sono il cammino della vera libertà e della vera realizzazione dell'uomo e dei popoli; sono per il nostro bene. Infatti se non onoriamo il padre e la madre, se chiudiamo il cuore di fronte alle necessità dei nostri fratelli, se la nostra vita si svolge tra menzogne e raggiri, se siamo freddi, scostanti, calcolatori ed egoisti, se la nostra vita è torbida e sfrenata, se non rispettiamo la santità e la fedeltà del matrimonio; in tutti questi casi e in altri simili a questi... non costruiamo la nostra vita cristiana, la nostra preghiera non entra nella vita, non diventa vita. Certo, possiamo fare fatica, possiamo anche sbagliare tante volte. Allora andare in chiesa ha senso: con l'aiuto di Dio a poco a poco possiamo risorgere con Cristo a vita nuova. Questi dieci comandamenti sono stati il cardine della vita morale prima del popolo ebraico e poi del popolo cristiano. Non contengono tutta la legge; la loro forma negativa indica che si tratta di alcuni "segni di confine" che delimitano un ambito morale, più che descriverlo positivamente. Dentro vanno posti "tutta la legge e i profeti" e in particolare il comandamento dell'amore che li riassume tutti, come ci dirà Gesù. All'inizio, essi non sono sentiti neppure come legge, ma come evento: il popolo entra in alleanza con Dio e i comandamenti sono il segno della sua appartenenza al Signore, sono la proclamazione del suo carattere di popolo eletto, diverso da tutti, cioè santo. Di qui il fatto, sorprendente per noi, che Israele non parla della legge come di un peso, o di una imposizione, ma come di un dono grandissimo, di una "luce per i passi dell'uomo"; ne parla con trasporto (come nel Salmo responsoriale di oggi) e con grande fierezza: Beati noi perché ci è stato rivelato ciò che piace a Dio. S. Paolo ci parla di Cristo "crocifisso... potenza di Dio e sapienza di Dio". Cristo ci insegna la sapienza della croce, cioè la sapienza dell'amore. Egli annuncia che tutta la legge e i profeti sono riassunti nel comandamento dell'amore: "Amerai il Signore Dio tuo con tutto il cuore... e il prossimo tuo come te stesso", "Amatevi come Io vi ho amati". |