Omelia (19-03-2006)
Antonio Pinizzotto
III Domenica di Quaresima - B

La Prima e la Seconda Domenica di Quaresima ci conducono ogni anno rispettivamente nel deserto e sul Tabor, per fare l'esperienza della vittoria sulle tentazioni del diavolo e per gustare l'evento della Trasfigurazione.
Le Domeniche Terza, Quarta e Quinta di Quaresima seguono, invece, un particolare indirizzo che differisce nei vari cicli, il quale ci aiuta a mettere a fuoco un particolare aspetto della Quaresima; nell'Anno "A", l'indirizzo è quello Battesimale; nell'Anno "C", l'indirizzo è quello della Penitenza-Conversione. Quest'anno (siamo nel ciclo "B"), l'indirizzo della Quaresima è quello Cristologico: la Parola di Dio che la Liturgia ci propone mette in rilievo Gesù il Cristo, Verbo del Padre, venuto a prendere su di sé il peccato del mondo.

Volgendo il nostro sguardo alla pagina evangelica che è stata appena proclamata, ci incontriamo con Gesù che viene a "purificare" il Tempio.
In questo racconto leggiamo le violenza che Gesù usa nel cacciare fuori tutti coloro che hanno fatto del Tempio un luogo di mercato. Ed è molto strano per noi capire ciò: Gesù non ha mai usato la violenza se non in questo episodio.
Tuttavia, è bene ricordare che l'evangelista Giovanni, al di là dei racconti, vuole sempre comunicarci un messaggio piuttosto forte che bisogna cogliere attraverso una riflessione attenta sulla Parola.
Anzitutto, il brano è da collocare all'inizio del ministero pubblico di Gesù e non in prossimità della Passione, come fanno i Sinottici.
L'aver compiuto un gesto di ribellione verso la presenza dei cambiavalute e dei venditori di animali per i sacrifici del Tempio in sé non vuol dire altro che esprimere "zelo" per la casa di Dio, "profanata" dall'intenso commercio e dal chiasso di attività, tipiche del periodo pasquale, che poco avevano a che fare con la preghiera e la spiritualità.
Questo gesto di Gesù mette sicuramente in crisi anche noi che viviamo all'interno della mura della chiesa, ma che spesso facciamo di questo luogo il traffico dei nostri interessi. Ciò non vale solo per i preti, ma per tutti, quando della Casa di Dio e della Comunità cristiana facciamo la sede delle mormorazioni e delle sentenze spregiudicate sui fratelli... allora il nostro andare in chiesa si trasforma in una sorta di nuovo paganesimo, dove la preghiera, l'accoglienza, la gioia di stare insieme, di vivere il dono della Comunione... sono solo una pura utopia!

«Portate via queste cose e non fate della casa del Padre mio un luogo di mercato» (Gv 2,16).
Gesù riconosce nel Tempio, il cuore della città, la dimora di Dio in mezzo al suo popolo. Questo luogo deve essere lo specchio della santità, dove ciascuno deve guardarsi e rimanere irradiato dalla Luce divina; non è possibile accettare il mercato, gli interessi, la legge del profitto... giustificandoli con la festa di Pasqua.
Anche noi, con le nostre belle feste patronali e relative processioni, non facciamo altro che alimentare le nostre pratiche esteriori, che non hanno nulla di "sacro", trascurando quel culto «in spirito e verità» (Gv 4,23) che Dio vuole.

«Distruggete questo tempio e in tre giorni lo farò risorgere» (Gv 2,19).
A questo punto emerge il significato più profondo del brano che abbiamo ascoltato: Gesù, purificando il Tempio di Gerusalemme, vuole porre la nostra attenzione su di sé, sul «tempio del suo corpo» (Gv 2,21) che, dato in pasto alla morte, risorgerà, ovvero, sarà riedificato dopo tre giorni.
E' chiaro che i discepoli non possono al momento intendere questo linguaggio, ma capiranno più avanti, quando sarà compiuto il Mistero pasquale ed il dono dello Spirito farà capire loro ogni cosa.

La Quaresima che stiamo vivendo è dono del Signore risorto e glorificato che ci invita a purificare il nostro cuore, che è la sede dei nostri sentimenti, della coscienza... e quella violenza che Gesù adopera oggi e che ci insegna è l'unica violenza da esercitare in questo mondo. E' una violenza che non richiede l'uso delle armi, ma è una violenza interiore che ci permette di estirpare le radici profonde del peccato dalla nostra vita e dalla nostra esistenza per guardare il mondo con occhi di libertà e di santità.
Gesù ci aiuta così a compiere un passo importante, ci aiuta ad "essere" e non ad "apparire", così come vorremmo fare perché ci sembra più bello e più facile. Non vi è nulla di più bello della santità, ricevuta nel Battesimo e smarrita lungo la strada.
Il grande don Tonino Bello ci insegna che dobbiamo essere "santi", non "sacri". Il "sacro" purtroppo è facile individuarlo nei nostri gesti esteriori, nelle nostre sterili liturgie, nel nostro essere pii, umili, religiosi... ma ciò vale solo davanti agli uomini per ottenere il loro plauso, perché questa è solo ipocrisia! Essere "santi", invece, è un impegno oneroso, continuo, disinteressato; è affidarsi alla volontà di Dio nella più totale fiducia, anche quando risulta esigente.

La Prima e la Seconda Lettura di questa Liturgia si propongono come aiuto valido alla nostra crescita nella santità.
Anzitutto i Dieci Comandamenti, «che non sono un pacco di proibizioni, di "no", ma presentano in realtà una grande visione di vita. Sono un "sì" a un Dio che dà senso al vivere (i tre primi comandamenti); "sì" alla famiglia (quarto comandamento); "sì" alla vita (quinto comandamento); "sì" all'amore responsabile (sesto comandamento); "sì" alla solidarietà, alla responsabilità sociale, alla giustizia (settimo comandamento); "sì" alla verità (ottavo comandamento), "sì" al rispetto dell'altro e di ciò che gli è proprio (nono e decimo comandamento). Questa è la filosofia della vita, è la cultura della vita, che diviene concreta e praticabile e bella nella comunione con Cristo, il Dio vivente, che cammina con noi nella compagnia dei suoi amici, nella grande famiglia della Chiesa. Il Battesimo [dove ha avuto origine la nostra santità e che siamo invitati a riscoprire in questo tempo] è dono di vita. È un "sì" alla sfida di vivere veramente la vita, dicendo il "no" all'attacco della morte che si presenta con la maschera della vita; ed è "sì" al grande dono della vera vita, che si è fatta presente nel volto di Cristo, il quale si dona a noi nel Battesimo e poi nell'Eucaristia» (Benedetto XVI, omelia per la Festa del Battesimo del Signore, 8.I.2006).
La sapienza della Croce, poi, è fondamento della vita cristiana, perché Gesù Maestro ha fatto di essa la cattedra dell'Amore e della Vita. Dalla croce egli parla a ogni essere umano, insegnando che per amore si può arrivare a soffrire e a morire. La vera potenza di Dio è quella che, senza armi ed eserciti, ma soltanto con l'Amore piega l'uomo, il quale si "corazza" inutilmente davanti al suo Creatore per nascondere la propria fragilità. La vera sapienza di Dio è la misericordia che dona salvezza e pace, in contrasto con i meccanismi di difesa che l'uomo si costruisce per non ammettere di vivere nel buio dell'ignoranza. Dio vince in quanto colpisce il cuore dell'uomo, il punto debole nel quale egli si trova di fronte a se stesso, nella nudità della sua coscienza.

Occorre, dunque, purificare il nostro cuore, cacciando via da esso i compromessi del nostro cristianesimo facile, senza sapore, incostante e timoroso, permettendo a Gesù di ricostruirvi in "tre giorni" un tempio nel quale adorare il Signore, facendo appello alla forza dello Spirito ricevuto nel Battesimo.
Il fondamento di questo tempio risiede nella consapevolezza che la nostra croce costituisce la testimonianza da offrire all'umanità: una fede coerente e seria, sapiente e potente nel vivere come il Signore vuole, salda nella speranza, operosa nella carità.

Affidiamo il nostro cammino verso la Pasqua alla custodia premurosa di san Giuseppe, sposo della Vergine Maria. Egli, che nel silenzio ha risposto con la fedeltà al Dio della Vita, interceda per noi, pellegrini verso la Risurrezione, perché possiamo sperimentare la gioia grande di essere salvati (cfr. Sal 50,14).

Amen!