Omelia (05-07-2003) |
padre Lino Pedron |
Commento su Matteo 9, 14-17 Il dibattito sul digiuno segue immediatamente il pasto scandaloso di Gesù con Matteo e i suoi amici esattori delle imposte. I discepoli di Giovanni e i farisei digiunavano per affrettare la venuta del Messia e per prepararsi ad accoglierlo. I discepoli di Gesù sanno che il Messia è già arrivato ed è Gesù in mezzo a loro. Per questo mangiano, bevono e fanno festa. Gesù si presenta come lo sposo. Il regno dei cieli è paragonato a un banchetto che il Padre ha preparato per le nozze del Figlio con l'umanità (Mt 22,1-14). Digiunare durante un pranzo di nozze non ha senso. Gesù però annuncia che anche i suoi discepoli digiuneranno quando lo sposo "sarà loro tolto". Questa espressione, presa da Is 53,8, si riferisce al Servo di Iahvè destinato a morte violenta ed è un'allusione alla morte di Gesù. Il digiuno cristiano avrà due significati fondamentali: sarà rivolto al passato in quanto commemora la morte di Gesù, ma sarà anche proiettato verso il futuro in quanto è attesa delle nozze definitive dell'Agnello (Ap 21,9ss). Con le due immagini del pezzo di stoffa grezza e del vino nuovo, Gesù ribadisce l'inconciliabilità del suo vangelo con le antiche strutture religiose e il loro contenuto. Il vangelo non è una pezza nuova su un vestito vecchio né un vino nuovo messo in un contenitore vecchio. I contenitori religiosi precedenti non vanno riparati, ma sostituiti. Per questo tutti i tentativi di conciliare la novità del vangelo con le vecchie strutture del giudaismo o di qualsiasi altra religione sono destinati al fallimento. Paolo dedica l'intera lettera ai Galati a questo tema. Il vino nuovo è simbolo del tempo della salvezza. Il nuovo è il regno di Dio che Gesù impersona e annuncia. Egli propone forme nuove e contenuti nuovi per la vita cristiana, quelli stessi che ha proclamato nel discorso della montagna. |