Omelia (26-03-2006)
don Marco Pratesi
Il Figlio innalzato

Il Vangelo di oggi ci presenta la situazione dell'umanità intera, che è analoga a quella di Israele nel deserto, quando incappò in un luogo pieno di serpenti mortalmente velenosi. Questa la situazione: il maligno ci morde, ci avvelena, ci uccide.
Di fronte a questo, il piano di Dio prevede ("bisogna") che ci sia un uomo innalzato nella storia, posto sotto gli occhi di tutti, un uomo innalzato sulla croce, il suo Figlio unico, Gesù. Il Figlio deve essere alzato in mezzo agli uomini, perché chi alza gli occhi verso di lui e guarda a lui con fede sia salvato dai morsi mortali del maligno.
Chi non guarda a lui, chi rifiuta di alzare gli occhi, oppure guarda ma senza vedere in lui la salvezza, si autocondanna. Vediamo bene, qui, come non è Dio che condanna. Il fatto, in se stesso, di non guardare e di non credere è condanna. Perché quel Figlio innalzato sulla croce in mezzo alla storia è la luce del mondo, e chi non l'accoglie si condanna da solo alla tenebra.
Si condanna alla tenebra non in modo innocente, per sbaglio, ma perché ha già fatto una scelta di campo, e non vuole che, alla luce, il proprio modo di fare e le proprie scelte si rivelino false. Non acconsente a lasciarsi giudicare dalla luce: in questo modo rifiuta un giudizio per la misericordia e sperimenta un giudizio per la condanna.
Questo è il combattimento che avviene nella storia: la luce brilla, le tenebre cercano di soffocarla. È il combattimento che avviene nel cuore di ogni uomo, di ciascuno di noi.
Vivere la quaresima significa guardare a lui per essere guariti dai morsi del male; lasciarsi illuminare dalla luce del Figlio innalzato sulla croce, lasciarsi giudicare da lui, per essere liberati dalla condanna.
Vivere la quaresima significa accettare il giudizio che questo amore è per noi e per le nostre scelte, e trovare nell'amore vissuto dal crocifisso, grande, totale, l'antidoto al veleno della chiusura a Dio e ai fratelli; aprirci al dono della vita nuova in Cristo.

All'offertorio:
Pregate fratelli e sorelle perché questo sacrificio ci liberi dalla condanna, e sia gradito a Dio Padre Onnipotente.

Al Padre Nostro:
Fiduciosi nell'amore del Padre, che ci ha donato tutto insieme al suo Figlio unigenito, preghiamo come Gesù ci ha insegnato: