Omelia (26-03-2006) |
Antonio Pinizzotto |
«Dio ha tanto amato il mondo da dare il suo Figlio unigenito»! «Rallegrati, Gerusalemme»! La Liturgia dell'odierna IV Domenica di Quaresima si apre (antifona d'ingresso) con un invito alla gioia: l'invito a rallegrarci in Gerusalemme, la Città santa da cui si sprigionerà il dono pasquale della salvezza. E' la Tradizione della Chiesa che ci fa questa consegna nella particolare giornata di oggi, la quale segna, all'incirca, la metà del cammino quaresimale e, quindi, il traguardo sempre più vicino della Pasqua del Signore. Tale invito alla gioia deve condurci a una seria verifica del nostro cammino di fede: la Quaresima, tempo di grazia, è dono del Signore per recuperare la stato originale di grazia che il peccato ha corrotto, con la consapevolezza che è la grazia a salvarci dalle tenebre della morte eterna (cfr. Ef 2,5), così come ci insegna la Seconda Lettura che è stata appena proclamata. «Per questa grazia infatti siete salvi mediante la fede» (Ef 2,8). Ancora Paolo ci aiuta a fare un passo in avanti nella nostra riflessione: la grazia che Cristo ci ottiene a prezzo del suo sangue è per noi salvezza mediante la fede; cioè, la nostra totale fiducia in Dio ci permette di dare valore a quel gesto incommensurabile d'Amore che Cristo ha compiuto per noi. La fede ci salva! Per questo, la totale fiducia in Dio non può che essere il primo requisito per "dirci" ed "essere" veramente cristiani! La fede è il "Sì!" incondizionato dell'uomo a Dio, lungi dai "se" e dai "ma" che limitano i rapporti di umana convivenza, dove notiamo con sofferenza che l'Amore è troppo spesso travisato dalle effimere emozioni che la vita qua e là trova e ci consegna. Allora, la nostra verifica oggi vuole guardare al dono della fede: la certezza che Dio è con noi e cammina sempre accanto a noi deve essere la forza per oltrepassare ogni ostacolo, ogni tribolazione, ogni paura ed angoscia, perché Egli, che è l'Amore, non può certamente deluderci, ma può solo darci la gioia, la pace e la sicurezza a cui aneliamo senza poter afferrare se non abbandonati a Lui, che da senso ad ogni cosa! La pagina evangelica che la Liturgia odierna ci propone sostiene certamente la nostra fede, la fortifica e soprattutto la incoraggia. Gesù, a colloquio con Nicodemo, ci insegna la necessità di quel sublime atto d'Amore che da lì a poco Egli compirà per noi. In un tempo di peregrinazione e di incertezza come quello vissuto dal popolo di Israele nel suo pellegrinaggio lungo il deserto, la mancata fede in Dio è corretta con la presenza di serpenti velenosi che fanno strage di uomini. Ma Dio non rimane indifferente nei confronti di chi crede nel Suo Amore; per questo, il serpente di bronzo che Mosè innalza nel deserto si impone come segno di salvezza: non è il Serpente a guarire, ma la fede di chi lo guarda! Allo stesso modo del serpente, anche Gesù viene innalzato: il Figlio dell'uomo è la nostra salvezza e noi, volgendo gli occhi a Colui che abbiamo trafitto (cfr. Gv 19,37) con i nostri peccati, siamo liberati e guariti dalle tenebre del mondo e siamo avvolti nella Luce della grazia. L'uomo non riesce a guardare in faccia la morte, eppure, solo se imparerà ad accettarla sarà salvato. Nel deserto dovrà guardarla nelle sembianze del serpente per essere salvato dal morso mortale, ma in Cristo crocifisso potrà guardarla nella sua crudele verità ed essere salvato dal morso del peccato. Là dove l'uomo sperimenta il proprio limite e la propria vulnerabilità, Dio rivela la sua forza e realizza la sua promessa. La morte di Cristo non è solo un gesto d'amore, ma è l'Amore stesso nel quale ogni uomo può tornare a rivivere. Ci risulta facile dire che viviamo in un mondo di serpenti che ci mordono e ci tolgono la vita: criminalità organizzata, droga, sesso, potere, successo, guerre, lotte di religione, liti in famiglia e tra amici... di certo il silenzio e l'inoperosità non guariscono e non liberano questo "mondo senza Dio", oppresso da ogni male, sconfitto nelle tentazioni! Ma anche oggi c'è qualcosa, o meglio, Qualcuno verso cui volgere gli occhi per essere guariti, salvati: è il Cristo Crocifisso, modello perfetto, unico e universale d'Amore! Ed è la nostra fede in Lui che può salvare il mondo! Certamente non una fede "fai da te", non una fede da organizzare in modo commerciale, bensì una fede oblativa e operosa, capace di guardare a Lui non semplicemente per ammirazione, ma per imitare l'esempio che Egli ha voluto darci, attraverso la Sua Parola, i suoi gesti, la sua Passione. «Dio infatti ha tanto amato il mondo da dare il suo Figlio unigenito, perché chiunque crede in lui non muoia, ma abbia la vita eterna» (Gv 3,16). In questa rivelazione che Gesù fa a Nicodemo è racchiuso il progetto di Dio, quel progetto disegnato sin dalla caduta dei nostri progenitori, progetto di salvezza universale che Dio ha attuato non per mezzo dei profeti e dei patriarchi, la cui missione risulta ormai insufficiente, ma per mezzo del suo Unigenito Figlio, Cristo Gesù, Salvatore del mondo. In Lui, noi abbiamo la Vita, quella che non ha mai fine, quella che illumina di Luce splendida il mondo, il nostro mondo, che è e rimane sempre creatura di Dio e le cui sorti non possono essere lasciate alle tenebre. Il sacrificio di Cristo si è reso, pertanto, necessario e noi non possiamo permetterci di vanificarlo! Siamo, dunque, chiamati a fare del nostro cristianesimo una religione d'azione, dove si deve distinguere il nostro instancabile impegno per ridare Dio al mondo, estirpando dalle nostre coscienze la tentazione del giudizio, della condanna, della disperazione mortale. «La luce è venuta nel mondo, ma gli uomini hanno preferito le tenebre alla luce» (Gv 3,19). Dio agisce per Amore: l'Amore è la risposta "folle" di Dio a un mondo che non sa più cosa siano i sentimenti, se non quelli negativi come l'odio, la vendetta, la superbia... Amati fratelli nel Signore, è tempo di imparare a coniugare il verbo "Amare" così come Dio ci insegna nel dono del Figlio. Solo così potremo imparare a rifiutare le tenebre in favore della Luce: non possiamo dormire sogni tranquilli mentre Dio viene ancora rifiutato e il Sacrificio pasquale di Cristo vanificato! La Prima Lettura che abbiamo ascoltato ci propone l'esperienza dell'esilio, che è conseguenza del rifiuto all'Amore di Dio, drammatica esperienza di una storia senza futuro. Sperimentando la lontananza di Dio, Israele sperimenta la morte che annulla ogni progetto e allontana ogni speranza. Ma la stoltezza non alberga soltanto nel cuore disobbediente dell'antico popolo di Israele: la stoltezza alberga anche e soprattutto in noi, nella Chiesa, il nuovo Israele. Noi viviamo, talvolta senza accorgercene, nella Babilonia dell'esilio, della tristezza, della confusione... ma in noi vive il desiderio di libertà e di vita, un desiderio che è possibile realizzare accogliendo senza esitazione Cristo nella propria vita! «Dio ha tanto amato il mondo da dare il suo Figlio unigenito, perché chiunque crede in lui non muoia, ma abbia la vita eterna» (Gv 3,16). Riprendendo questa Parola del Signore, ci accorgiamo che essa contiene la chiave della Libertà e della Vita che non tramontano, che ma che danno la gioia senza fine. Il cristiano, l'uomo di oggi ha bisogno di scoprirsi amato da Dio: l'uomo, ciascun uomo, è al centro del progetto d'Amore di Dio, un Dio che non esita a umiliarsi, ad abbassarsi, a farsi peccato (cfr. 2 Cor 5,21). Pensate a quando Gesù, nel momento di essere crocifisso, viene spogliato delle sue vesti (v. Mt 27,35-36): Egli non conta più nulla! Egli sceglie l'umiliazione totale di sé per rialzarci dalle cadute che il peccato ha provocato! Scrive il Papa Benedetto XVI: «Il vestito conferisce all'uomo la sua posizione sociale; gli dà il suo posto nella società, lo fa essere qualcuno. Essere spogliato in pubblico significa che Gesù non è più nessuno, non è nient'altro che un emarginato, disprezzato da tutti. [...] Il Signore sperimenta tutti gli stadi e i gradi della perdizione degli uomini, e ognuno di questi gradi è, in tutta la sua amarezza, un passo della redenzione: è proprio così che egli riporta a casa la pecorella smarrita». Che dire, dunque, di un Dio così innamorato dell'uomo? Come reagire? La Quaresima è un tempo ricco di insegnamenti per la nostra vita cristiana: rileggiamo la nostra esistenza alla Luce dell'Amore che Dio ha per noi; apriamoci, abbandoniamoci, convertiamoci a questo Amore, anche se ci troviamo infinitamente mancanti e/o insufficienti: Dio colma tutto col Suo Amore! Ma spetta a noi aprire il cuore perché quest'Amore trovi la sua dimora e la nostra vita il senso vero della sua esistenza, cosicché la gioia brilli sempre nei nostri occhi e chi ci guarda rimanga irradiato dall'Amore di Dio! Alla Vergine Maria, nel cuore di questo tempo di grazia, vogliamo chiedere la sua materna intercessione, perché ci prenda per mano cosicché possiamo essere non camminatori stanchi e smarriti lungo le tenebre del mondo, ma pellegrini gioiosi verso la Pasqua di Cristo, Luce del mondo! Amen! |