Omelia (27-03-2006) |
Monaci Benedettini Silvestrini |
Va', il tuo figlio vive Vi era un funzionario del re che aveva un figlio malato a Cafarnao. Udito che Gesù era ritornato in Galilea, si recò da lui e lo pregò di scendere per guarire suo figlio che stava per morire. Gesù è pregato di scendere da Cana a Cafarnao, geograficamente è esatto, ma nel vangelo di Giovanni i richiami teologici fanno sempre da sottofondo. "Per noi uomini e per la nostra salvezza discese dal cielo". Gesù gli disse: "Se non vedete segni e prodigi, voi non credete". Non accetta di intervenire per concedere un beneficio, pur necessario, senza suscitare la fede in lui, che chiede, e negli astanti. La fede non è chiedere "segni o prodigi", è credere a Dio per quello che ha già fatto. Il ricordo, molte volte assente, di ciò che ha compiuto in noi nel passato, è motivo sufficiente per credere qui e ora a lui. La salvezza non è la salute, bene tanto prezioso, neppure la rianimazione di un cadavere: la salvezza sta nella fede che fa aderire a colui che è la vera Vita. Il funzionario del re – dice l'evangelista, - insistette: "Signore, scendi". Gesù dunque accetta di guarire a distanza. Tuttavia, ecco la delicatezza del Dio che vuole completamente salvarci e non si accontenta di soddisfare il desiderio accorato di questo genitore. Egli vuole mettere fede in questo cuore, e perciò nell'atto stesso di concedere, chiede fede. "Va' tuo figlio vive". Quell'uomo credette e si mise in cammino. "Mentre scendeva, gli vennero incontro i servi a dirgli: Tuo figlio vive!" Abbiamo bisogno anche di testimoni, che confermano la nostra totale fiducia nella parola del Signore. La fede come viene dall'ascolto, è sempre e solo fondata sulla Parola, che raccontando la salvezza avvenuta, la dona e la conferma a chi l'ascolta ancora. Nella vita di ciascuno di noi, ogni giorno si rinnova questo itinerario di vita, che ci fa confessare: "Io credo, o Signore, e sulla tua Parola, farò come tu dici". |