Omelia (02-04-2006)
Omelie.org - autori vari


* Sarà capitato anche a voi di fermare qualcuno per strada e chiedere un'informazione: "Scusi mi saprebbe dire....!?!". E non è raro di incontrare la persona sbagliata, quella che si trova proprio lì per caso, solo di passaggio, e che quindi non conosce nulla di quello che noi vorremmo sapere. Non ci può essere di aiuto. Peccato! E le nostre peripezie continuano.
Se poi ci troviamo a doverci esprimere in un'altra lingua che conosciamo poco, ahimè! Fu così che qualche anno fa' mi ritrovai con degli amici ad attraversare la città di Atene, su e giù per diversi chilometri, alla ricerca, senza facile successo, della comunità religiosa che ci avrebbe ospitati, ma... a notte fonda ormai.

* Nel vangelo di questa domenica le cose vanno per il meglio. Un gruppo di Greci chiede informazioni per sapere cosa fare per conoscere Gesù: "Vogliamo vedere Gesù": curiosità, interesse, o vera ricerca?
I Greci non potevano essere più fortunati: incrociano infatti i passi di due "esperti", abili all'incontro con il Maestro: Andrea e Filippo, una "coppia pilota" che sa il fatto suo. Sono proprio del posto, fortunatamente!

* E' stupendo aver trovato nella nostra vita le persone giuste al momento giusto, all'appuntamento di alcuni passaggi nodali dell'esistenza e al crocevia complesso di alcune decisioni importanti per le quali la storia di ciascuno prende proprio quella precisa direzione invece di un'altra possibile, o sviluppa delle scelte risultate poi vincenti, o pone le basi di ciò che potrà segnare una reale svolta della propria crescita e del proprio futuro.
Ed è altrettanto spiacevole, a dir poco, aver incrociato sfortunatamente le persone sbagliate che non hanno saputo sostenere e incoraggiare le nostre attese, ansie, speranze, capacità, e sogni.
E' bello poter dire di aver incontrato nella vita persone che ci hanno sollecitato a sognare al di là dei nostri limitati orizzonti, che ci hanno aiutato a prendere il largo, a rischiare sul grande cabotaggio.

* Quelle interpellate dai Greci del vangelo non sono guide improvvisate.
Andrea, dopo essere stato indirizzato dal Battista verso Gesù, annuncia al fratello Simone: "Abbiamo trovato il Messia", e lo condusse da Gesù;
così, poco dopo, Filippo, dopo essere stato invitato da Gesù stesso a seguirlo, incrocia l'amico Natanaele al quale annuncia: "Abbiamo trovato colui del quale hanno scritto Mosè nella Legge e i Profeti, Gesù, figlio di Giuseppe di Nazareth" (Gv 1,40-42).
Da qui l'invito di Filippo:
"Vieni e vedi" (Gv 1,46)

* Filippo e Andrea appaiono come gli uomini della tradizione. Non solo non possono tenere per sé l'esperienza, ma sono veri maestri nel raccontare quello che hanno trovato: annunciano, agganciano, sorprendono e convincono. Il processo della tradizione porta a un ottimo risultato: anche Simone e Natanaele arrivano a "vedere" e a "conoscere" Gesù di Nazareth, di cui diventano discepoli.

* La richiesta dei Greci è bene espressa: anche loro mirano a "vedere" Gesù di Nazareth.
Questi mostrano il desiderio di avvicinarsi, di avere un'esperienza personale di lui (vedere): Andrea e Filippo pongono la questione a Gesù.

* L'incontro con il Signore Gesù non può essere un'improvvisazione individuale, un "affare privato": può essere celebrato e vissuto soltanto grazie alla mediazione della comunità (Andrea e Filippo) che mette a contatto con il Signore. Così quando Gesù risponde alla richiesta, non si rivolge ai Greci, ma ai discepoli: è la sua comunità, investita della missione verso i pagani.

* La risposta di Gesù mostra la disponibilità a "mostrarsi" nella doppia linea, quella discendente dell'interramento del seme e quella ascendente dell'elevazione da terra. Entrambi scorrono lungo la logica dell'amore sacrificale, dell'offerta della vita quale condizione irrinunciabile per portare frutto. Vedere il Signore significa cogliere l'essenza della sua identità nella stessa missione d'amore per la quale giunge al dono totale: il frutto inizia nello stesso chicco che muore. Anche l'innalzamento da terra rivelerà lo splendore dell'amore di Dio per l'uomo e del dono della vita.

* Essere gettato sotto terra o dirsi elevato in alto non significa semplicemente morire, ma trasformare la propria vita in potenza che vivifica e salva dalla stessa morte. Così gli uomini, rappresentati dalla richiesta dei Greci, potranno "vedere" il Padre, il Dio che è amore e vita per l'uomo. Sia nel silenzio del seme che marcisce, sia nel dolore lacerante della croce, l'annuncio gridato al mondo è sempre lo stesso: Deus caritas est!
L'offerta della propria vita di cui parla Gesù, non è un atto isolato: è il culmine di un processo di donazione di se stesso, è l'ultimo atto di una dedizione costante, resa irreversibile nell'ultimo definitivo sigillo.

* La fecondità del Vangelo non è data dall'insegnamento di una dottrina, ma da questa estrema dimostrazione d'amore di cui ogni creatura può fare esperienza. L'amore è il messaggio.
Dare la propria vita, condizione per la fecondità, è la misura suprema dell'amore.
Tale decisione non è per l'uomo una perdita, ma il suo massimo guadagno: significa portare la vita al suo massimo successo. Il timore di perdere la vita è il grande ostacolo alla dedizione dell'amore. L'impegno per l'attaccamento alla vita è un fallimento. Questa rivelazione è la vera rivoluzione: vedere Gesù dovrà significare condividere questo progetto esistenziale, vivere come Lui un amore fino all'estremo limite. Gesù invita a seguirlo in questo cammino.

* La comunità che deve essere feconda, lo sarà in questa sequela, collocandosi spiritualmente dove sta Lui. C'è vita, c'è realizzazione dell'uomo soltanto dove c'è amore: chi vuole sbarazzarsi dell'amore si dispone a sbarazzarsi dell'uomo in quanto uomo" Deus caritas est, n. 28).
La libertà secondo Gesù è diventare signore della propria vita, e per questo poterla donare.
Vivere è dare la vita, e la vita si ha nella misura in cui si dona.

Commento a cura di don Gerardo Antonazzo