Omelia (09-04-2006)
don Remigio Menegatti
Mio Dio, mio Dio, perche' mi hai abbandonato? (242)

Per comprendere la Parola di Dio alcune sottolineature
Nella prima lettura (Is 50, 4-7) Isaia sembra anticipare e presentare il senso del dolore che vive Gesù nella sua vita e soprattutto nella passione. Nella sofferenza che subisce a causa dei peccatori sa che può contare sulla forza e tenerezza di Dio, anche quando tutto può sembrare smentirgli questa fiducia. Dalla sua vicenda nasce anzi un motivo di incoraggiamento per quanti sono gravati dal loro e tentati a non credere nell'amore di Dio.
Il vangelo (Mc 14, 1- 15,47) è il lungo racconto delle ultime ore della vita di Gesù: la sua donazione che appare in contrasto con la cattiveria umana; il suo amore che sembra sconfitto e si rivela invece come la vittoria definitiva di Dio, che mai abbandona il suo Figlio che dona a noi per renderci figli.

Salmo 21
Mi scherniscono quelli che mi vedono,
storcono le labbra, scuotono il capo:
«Si è affidato al Signore, lui lo scampi;
lo liberi, se è suo amico».

Un branco di cani mi circonda,
mi assedia una banda di malvagi;
hanno forato le mie mani e i miei piedi,
posso contare tutte le mie ossa.

Si dividono le mie vesti,
sul mio vestito gettano la sorte.
Ma tu, Signore, non stare lontano,
mia forza, accorri in mio aiuto.

Annunzierò il tuo nome ai miei fratelli,
ti loderò in mezzo all'assemblea.
Lodate il Signore, voi che lo temete,
gli dia gloria la stirpe di Giacobbe,
lo tema tutta la stirpe di Israele.

Il versetto che reciteremo tra le strofe del salmo riprende le stesse parole che Gesù dice poco prima di morire. Parole che possono apparire come denuncia dell'abbandono del Padre nei confronti del Figlio che tanto ama.
Il salmo descrive infatti la sofferenza e il dolore potente che sperimenta il servo di Dio che non si ritira nonostante la croce, ripropone i gesti di chiusura e cattiveria che le persone manifestano sotto la croce del "Re dei Giudei".
Il salmo in realtà si chiude con parole cariche di speranza, perché ricorda come Dio non rimane estraneo all'invocazione del Figlio e di tutti i suoi figli. L'invito alla lode, il proposito di testimoniare a tutti la fedeltà di Dio alla sua promessa di alleanza sono la conferma che il Padre non abbandona coloro che ama.
Siamo testimoni di parole che esprimono dolore, che invocano aiuto...e che confermano la tenerezza di Dio che non abbandona chi ama.

Un commento per ragazzi
Purtroppo la condanna a morte non è antico ricordo di metodi "barbari" del lontano passato. Molte persone anche in questo inizio di terzo millennio ricevono la condanna: la loro vita viene chiusa attraverso la morte procurata loro da altre persone, con l'autorità della legge, e metodi più o meno dolorosi.
Alla condanna a morte assistono di solito alcune persone: si tratta di parenti di persone che hanno subito il torto per cui ora si esegue la condanna alla pena capitale. Si tratta anche di persone che devono sorvegliare che tutto si svolga secondo le regole previste dalla legge. Altri invece sono più vicini al condannato: si tratta di quanti hanno inutilmente chiesto clemenza per chi è stato giudicato colpevole e meritevole di morte.
Anche sotto la croce di Gesù sono presenti questi diversi "spettatori": c'è chi lo deride e ricorda le parole piene di fiducia e di speranza che Gesù aveva proclamato. Accanto a questi stanno altri, che invece vivono il dramma della morte ingiusta di colui che è stato condannato per calcoli politici e idee religiose miopi. Ci sono altri che hanno il compito di eseguire la condanna e di verificare che sia avvenuta la morte di quanti sono stati portati al supplizio. Tra questi il centurione, che comandava il drappello dei soldati romani. Un uomo certamente estraneo alle dispute religiose degli ebrei; uno che forse non ha mai sentito parlare di Gesù. Lui non si sarà interessato neppure un attimo delle parole e dei gesti per cui questo Galileo era stato giudicato colpevole e condannato alla pena capitale. Per lui quell'uomo era uguale agli altri due, crocifissi uno alla sua destra e l'altro alla sua sinistra.
Eppure non può rimanere indifferente a quanto vede: "vistolo spirare in quel modo" ci dice il Vangelo, proprio il Centurione diventa il primo in tutto il Vangelo che afferma la divinità di Gesù senza essere smentito, o obbligato al silenzio, come succedeva invece per gli indemoniati e per il lebbroso guarito.
Può dire a voce alta la fede che tanti hanno provato a comprendere sulle rive del lago, nei campi bagnati dal Giordano, sulle colline che rendono bella la Palestina. È lui il messaggero da ascoltare, testimone della sofferenza di un condannato, della fiducia di chi in croce dedica le sue ultime forze a parlare con Dio, dicendogli il dolore suo e di tutta l'umanità e anche la fede nell'intervento del Padre che non abbandona i suoi figli nella disperazione e nella morte. Un primo testimone, a cui seguiranno altri, testimoni loro pure del grande dono che è preparato per tutti coloro che sono disponibili ad accogliere un parola nuova, impegnativa, sconvolgente, ma grande. Grande davvero.

Testimoni sono quindi coloro che si trovano sotto la croce, e poi accompagnano quel gruppo di persone che calano il corpo di Gesù dalla croce per metterlo in una tomba.
Testimoni che il primo giorno dopo il sabato annunciano che la tomba è vuota, che non c'è più il corpo del Crocifisso. Testimoni che ripetono le parole di altri: di giovani, in vesti bianche e sfolgoranti, che annunciano il vero mistero: la tomba è vuota non perché qualcuno ha portato via il corpo che vi era deposto prima del tramonto del giorno che precedeva il sabato. La tomba è vuota perché Gesù è risorto, è il Messia atteso, il Figlio dell'uomo. Sì, come aveva detto anche il Centurione, pur senza sapere di quanto sarebbe capitato nei giorni seguenti.
Testimoni, all'inizio di una lunga fila, che senza interruzione giunge anche a noi e ci coinvolge. Testimoni sono i primi cristiani, quelli che hanno subito le persecuzioni per il coraggio di dire che Gesù è Figlio di Dio. Testimoni coloro che sono arrivati dopo, quando tutto era più tranquillo e non si rischiava la vita per dirsi cristiani.
Testimoni anche noi, in una realtà in cui tanti credono in Gesù e molti non lo conoscono, non sanno neppure chi sia. Testimoni, non solo della morte, ma soprattutto della vittoria sulla morte.

Un suggerimento per la preghiera
Noi ti ringraziamo o Padre perché "hai dato come modello agli uomini il Cristo tuo Figlio". È lui il "nostro Salvatore, fatto uomo e umiliato fino alla morte di croce". È lui il vincitore della morte e del peccato. Ti chiediamo: "fa' che abbiamo sempre presente il grande insegnamento della sua passione, per partecipare alla gloria della risurrezione". La sua, ma soprattutto anche la nostra.