Omelia (21-04-2000) |
Casa di Preghiera San Biagio FMA |
Dalla Parola del giorno Disprezzato e reietto dagli uomini, uomo del dolori che ben conosce il patire (...). Egli si è caricato delle nostre sofferenze, si è addossato i nostri dolore (...). E' stato trafitto per i nostri peccati (...). Il castigo, che dà a noi la salvezza, si è abbattuto su di lui. Come vivere questa Parola? Il dolore, a cui nessuno può sottrarsi nell'arco della vita, è un mistero a cui ti affacci senza trovare una risposta che lo interpreti veramente e lo riscatti. L'ottica cristiana, invece, lo illumina nella sua dimensione salvifica, proprio a motivo del "Giusto" per eccellenza di cui parla qui Isaia, profetizzando la Passione e la Morte del Signore. Quello che fa soffrire, quando si è dentro l'esperienza del dolore, è il fatto che spesso attorno a te le persone, pur buone che siano, non riescono, non possono comprendere. A volte, a chi sta soffrendo, si dicono parole che suonano artificiose o moralistiche, irriverenti del dolore che l'altro sta vivendo. Gesù, al contrario, non solo ha condiviso, ma si è addossato tutta la sofferenza del mondo, anche la mia, perché Lui, l'Innocenza infinita di Dio, ha preso su di sé tutti i peccati, anche i miei, segreta causa del dolore e della morte. Così il castigo "si è abbattuto" a tal punto su di Lui che Egli, proprio al momento della morte, si è sentito respinto dal Padre. Ed è l'apice del dramma! L'esercizio spirituale di oggi può essere quello di lasciar risuonare in me il grido di Gesù in quell'istante: "Dio mio, perché mi hai abbandonato?" e l'altro: "Nelle tue mani, o Padre, affido il mio spirito". Faccio mia nel cuore questa preghiera, nella consegna di tutto me stesso al Padre, insieme a Gesù: mia fiducia, mia salvezza. La Parola della Chiesa Per Cristo e in Cristo riceve luce quell'enigma del dolore e della morte che, al di fuori del suo Vangelo, ci opprime. Concilio Vaticano II. GS, 22. |