Omelia (02-04-2006) |
mons. Antonio Riboldi |
Attirerò tutti a me C'era un tempo in cui la Chiesa, per proclamare la serietà del momento liturgico che stavamo vivendo, copriva statue, crocifissi e quanto altro di veli violacei. E faceva davvero impressione quel vedere scomparire alla nostra vista statue e, più ancora, crocifissi, come si fosse davanti ad un 'dramma' che doveva coinvolgere tutti i fedeli. Era un prepararsi alla grande settimana santa così vicina. Il Crocifisso, se ricordate, veniva scoperto solennemente, adorato e baciato, durante la Liturgia del Venerdì Santo: mentre tutto veniva scoperto e tornava come a fare festa con noi la notte della vigilia di Pasqua. Anche se oggi tutto questo non avviene più, rimane però per tutti il dovere di entrare con fede e serietà in questo tempo, in cui ci accostiamo ai grandi misteri della settimana santa, che hanno il fine di condurci per mano 'dentro' la gioia della Pasqua. La Pasqua di Gesù risorto e la nostra pasqua di risorti, testimoni della speranza che è l'aurora senza tramonto dell'anima. Il Vangelo di oggi ha tre momenti di grande riflessione. Il primo: "Alcuni Greci si avvicinarono a Filippo e gli chiesero: Vogliamo vedere Gesù. Filippo andò a dirlo ad Andrea ed insieme andarono a dirlo a Gesù. Gesù rispose: E' giunta l'ora che sia glorificato il Figlio dell'uomo. In verità, in verità vi dico: se il chicco di grano caduto in terra non muore, rimane solo: se invece muore, produce molto frutto. Chi ama la sua vita la perde e chi odia la sua vita in questo mondo, la conserverà per la vita eterna. Se uno mi vuol servire mi segua, e dove sono io là sarà anche il mio servo. Se uno mi serve, il Padre lo onorerà. Ora l'anima mia è turbata: e che devo dire? Padre, salvami da quest'ora? Ma per questo sono giunto a questa ora! Padre, glorifica il tuo nome!" (Gv 12, 22-33). Gesù era lì a Gerusalemme per la Pasqua e sapeva molto bene che era giunto per Lui il momento della grande, incredibile prova di amore per noi: quell'ora che avrebbe cambiato la storia di noi tutti: da morti per il peccato a figli della gloria. Un'ora atroce ai nostri occhi, ma immensamente stupenda, nella mia, nella nostra vicenda umana. Lui chiama "quell'ora", il momento di gloria, davanti a noi tutti, a volte, malati di gloria di questo mondo (e quanto costa questa gloria umana!). Non ha paura Gesù di dire parole che quasi ci scandalizzano: "L'anima mia è turbata!" e subito la tentazione di sottrarsi alla prova: "Padre, salvami da quest'ora!" Forse Gesù vedeva realizzare quell'ora, nella notte del giovedì, quando solo si ritirò nel Getsemani a prepararsi e difendersi da quell'ora. Nell'agonia dell'anima, sudando sangue, prega: "Padre, se possibile, passi da me questo calice: però si faccia, non la mia, ma la tua volontà". Cerca compagnia dai tre cari apostoli, che aveva portato con sé, e li trova addormentati. Non avevano nemmeno sfiorato il grande dolore del Maestro, che mostra la durezza della prova e non la nasconde. In tutto questo, Gesù, come è vicino alle nostre prove! Chi di noi non ha avuto momenti di sconforto, fino a sentirsi mancare 'dentro', a 'sudare sangue' e, se ha fede, gridando a Dio: "Se possibile, passi da me questo calice!" Quanta gente ho visto, a cui sono stato vicino, in un 'Getsemani', quasi sudando sangue, cercare solidarietà e non trovarla, e avendo fede, gridare a Dio: "Aiutami! Allontana da me questo calice!" Ma è Gesù che descrive bene quale è la verità di un amore che desidera diventare "albero che dà molti frutti". E lo dice con quelle famose parole: "Se il chicco di grano, caduto in terra, non muore, rimane solo, se invece muore, porta molto frutto". E' legge dell'amore quella di morire per dare vita. Diversa dal pensare del mondo che, non solo non accetta di essere grano che muore per fare frutti, ma insegue e insegna insensatamente a essere albero con tanti frutti, ma senza la minima fatica. Ripeteva spesso il mio caro don Clemente Rebora, un convertito: "Sono chicco di grano che deve morire...anzi, voglio essere concime perché il chicco di grano abbia vita e dia grandi frutti". E così fu. Scriveva Annalisa Tonelli, che dopo avere vissuto, nascosta al mondo, come chicco di grano, in Africa, accanto agli ultimi, venne barbaramente trucidata, come martire: "La mia vita ha conosciuto tanti pericoli. Ho rischiato la morte tante volte. Sono stata tanti anni in mezzo alla guerra. Ho sperimentato nella carne dei miei, di quelli che amavo, la cattiveria dell'uomo. E ne sono uscita con una convinzione incrollabile, che ciò che conta è amare. L'abbandono incondizionato è come la resa a Dio, che è fiducia e amore". Sono certo che tra i miei amici lettori, ci sono quelli che non trovano, qui in terra, chi possa sollevarli dalla prova: abbiate la forza di ripetere le parole di Gesù: "L'anima mia è turbata, e che devo dire? Padre, liberami da quest'ora". "Padre glorifica il tuo nome!" Ed anche per voi è la voce del Padre: "L'ho glorificato e ancora lo glorificherò". Ma non abbandonatevi mai alla disperazione, che è come affidarsi all'abisso. Il Padre non viene mai meno alla sua parola. E' bello risentire la preghiera che il Santo Padre, allora solo Cardinale, alla vigilia della morte di Giovanni Paolo II, che provò fino in fondo l'amarezza della passione, disse all'inizio della Via Crucis. "Signore Gesù, per noi hai accettato la sorte del chicco di grano che cade in terra e muore per produrre molto frutto. Ci inviti a seguirti su questa via quando dici: "Chi ama la sua vita la perde e chi odia la sua vita in questo mondo la conserverà per la vita eterna". Noi però, siamo attaccati alla nostra vita. Vogliamo possederla, non offrirla. Ma tu ci precedi e ci mostri che possiamo salvare la nostra vita soltanto donandola. La croce, l'offerta di noi stessi, ci pesa molto. Ma sulla tua 'via crucis' tu hai portato anche la mia croce e non l'hai portata in qualche momento del passato, perché il tuo amore è contemporaneo alla mia vita. La porti oggi per me e con me e, in modo mirabile, vuoi che adesso anch'io, come allora Simone di Cirene, porti con te la tua croce e accompagnandoti, mi ponga con te a servizio della redenzione del mondo. Aiutami perché la mia Via Crucis non sia appena il devoto sentimento di un attimo. Aiutaci ad accompagnarti non solo con nobili pensieri, ma a percorrere la tua via con il cuore, anzi con i passi concreti della vita quotidiana...Liberaci dalla paura della croce, dalla paura di fronte all'altrui derisione, dalla paura che la nostra vita possa sfuggirci, se non afferriamo tutto ciò che essa offre. Aiutaci a smascherare le tentazioni che promettono vita, ma le cui profferte alla fine ci lasciano soltanto vuoti e delusi. Aiutaci, accompagnandoti sulla via del chicco di grano, a trovare, nel 'perdere la vita', la via dell'amore, la via che ci dona vita in abbondanza" (Preghiera iniziale Via Crucis). Un secondo momento, che l'evangelista Giovanni ci offre, è quello, inatteso, ma necessario, per mostrare a tutti noi che quel grano caduto in terra non è una storia, sia pure stupenda, che finisce, ma ha una preziosa conferma che il turbamento conoscerà la Sua gloria: una gloria che si manifesterà proprio nel momento in cui sembra che la croce sia il 'fallimento di Dio'. Dopo avere espresso il suo turbamento, dalle labbra di Gesù esce questa domanda al Padre: "L'anima mia è turbata: e che devo dire? Padre, salvami da quest'ora? Ma per questo sono giunto a quest'ora! Padre, glorifica il tuo nome". Venne allora una voce dal cielo: "L'ho glorificato e di nuovo Lo glorificherò". La folla, che era presente e aveva udito, diceva che era stato un tuono. Altri dicevano: "Un angelo gli ha parlato". Rispose Gesù: questa voce non è venuta per me, ma per voi....Io quando sarò elevato da terra, attirerò tutti a me" Questo diceva per indicare di quale morte doveva morire" (Gv 12,20-33). E' il terzo momento che ci viene proposto da fare nostro. "Attirerò tutti a me!" E che sia vero che quella croce ha attirato e attira noi cristiani, è la storia della nostra vita di fede. Chi di noi, nei momenti di 'passione', non ha rivolto il suo sguardo al Crocifisso, cercando una risposta al suo dolore e vedendo in Lui la ragione e l'esempio del dolore? Leggendo la vita di tanti santi e di gente che sono accanto alla nostra vita, quanto è vera l'attrazione del Crocifisso! Quante volte Lo stringiamo, come a sentirci in croce con Lui e quindi morire e risorgere con Lui! In Lui vediamo dolore e amore, come fosse non solo una sola anima, ma l'anima di tutti quanti sono stati attirati da Lui. Il mondo si fa affascinare dalla gloria, che è l'effimero che passa in fretta. E quanta gente, finita quella apparente gloria, si sente vuota, fino a non trovare la ragione e la bellezza della vita. Ben diversa l'attrazione di Gesù dalla croce da quella del palcoscenico della fiera delle vanità, che seguiamo, tante volte magari correndo invano, per arrivare ad una gloria che, alla fine, abbiamo l'impressione sia solo un trono di superbia. E' un vero dono della grazia quello di farsi attirare dalla croce di Gesù! Ma abbiamo la forza e la fede, in questo tempo di quaresima, di alzare lo sguardo verso la croce e sperimentarne l'attrazione? |