Omelia (09-04-2006)
Suor Giuseppina Pisano o.p.
Commento a Mc 14,1- 15,47

La liturgia eucaristica di questa domenica si apre con la commemorazione del solenne ingresso di Gesù a Gerusalemme, che Marco, così descrive: "..quando fu annunziato che Gesù veniva a Gerusalemme, il popolo uscì per andargli incontro e, agitando rami di palma, acclamava:«Osanna nell'alto dei cieli.»".
Il Figlio di Dio entra trionfalmente nella città Santa, dove, dopo pochi giorni, si sarebbe compiuta la "sua Ora".
Spente le acclamazioni e l'esultanza della folla, quella stessa folla che poi lo avrebbe cacciato fuori dalle mura della città, reclamando tra le grida scomposte, che fosse crocifisso, troviamo Gesù a casa di Simone il lebbroso, qui, "..mentre stava a mensa, giunse una donna con un vasetto di alabastro, pieno di olio profumato, di nardo genuino, di gran valore: ruppe il vasetto di alabastro e versò l'unguento sul suo capo....", il gesto, uno di quei segni d'amore, di cui solo le donne sono capaci, provocò la reazione dei commensali, che lo giudicarono uno spreco.
Sicuramente fu uno spreco, un eccesso; ma di lì a poco ci sarà un altro eccesso, e stavolta da parte di Dio, che nel Figlio Gesù, compie quel gesto estremo d'amore, spezzando il suo corpo e versando, non olio profumato, ma il suo stesso sangue: ".. Mentre mangiavano prese il pane e, pronunziata la benedizione, lo spezzò e lo diede loro, dicendo: «Prendete, questo è il mio corpo». Poi prese il calice e rese grazie, lo diede loro e ne bevvero tutti. E disse: «Questo è il mio sangue, il sangue dell'alleanza, versato per molti. In verità vi dico che io non berrò più il frutto della vite fino al giorno in cui lo berrò nuovo nel regno di Dio».
Il Maestro aveva accolto, gradito l'omaggio di quella donna, e lo aveva indicato come gesto profetico:" Ella ha compiuto verso di me un' opera buona;... Essa ha fatto ciò ch'era in suo potere, ungendo in anticipo il mio corpo per la sepoltura. In verità vi dico che dovunque, in tutto il mondo, sarà annunziato il vangelo, si racconterà pure in suo ricordo ciò che ella ha fatto».
Un 'opera buona.
In quell' anonima donna sono riassunte tutte le donne, sono loro l'unico conforto nei giorni della passione, intrepide nell'amore, come la leggendaria Veronica, fedeli nella vicinanza, come la tradizione le presenta lungo il cammino verso il Calvario, forti ai piedi della croce, assieme alla Madre:"...c'erano anche alcune donne, che stavano ad osservare da lontano, tra le quali Maria di Màgdala, Maria madre di Giacomo il minore e di Joses, e Salòme, che lo seguivano e servivano quando era ancora in Galilea, e molte altre che erano salite con lui a Gerusalemme...".
Una presenza, questa delle donne, che è anche un segno, una vocazione, una missione.
A parte questo squarcio di luce e di amore, il racconto della passione e morte di Gesù, che oggi domina la liturgia eucaristica, è una lunga drammatica sequenza di fatti, di fronte ai quali, è difficile far dei commenti. Quando sopraggiunge un grande dolore, o una gioia intensa, le parole rivelano tutta la loro inadeguatezza, e, ad esse, si sostituisce il silenzio, un silenzio colmo di emozione, di fronte alla vita e all'amore, come di fronte alla morte, alla violenza estrema e a quanto di più atroce c'è stato e c'è nella storia dell'uomo.
Tuttavia, la grande commozione che invade il cuore, alla lettura della Passione di Gesù, non può esser solo emozione, essa deve trasformarsi in una ferita, che tenga viva la coscienza della smisurata portata del male e dello sconvolgimento che il peccato opera, se il prezzo, veramente incalcolabile, che è stato pagato, per la sua remissione,è la vita stessa del Figlio di Dio, Gesù di Nazareth.
Nel racconto di Marco, sobrio nello stile, ma attento ai dettagli, la figura del Cristo emerge in tutta la sua tragica debolezza; quest'uomo non ha niente del super-eroe, né del " mito", egli è chiaramente uno di noi, e, in lui, Dio rivela pienamente la sua solidarietà con l'uomo, del quale ha assunto tutto il limite, tutta la finitudine, tutta la fragilità e vulnerabilità. Lui l'Onnipotente, l'Immortale, l'eternamente Beato, la stessa Beatitudine, ha operato quella spoliazione che ben descrive Paolo:
" Cristo Gesù, pur essendo di natura divina, non considerò un tesoro geloso la sua uguaglianza con Dio, ma spogliò se stesso, assumendo la condizione di servo e divenendo simile agli
uomini" ( Fil 2,6-7) quegli uomini, ad opera dei quali e per i quali ha sperimentato tutto il dolore possibile.
Di lui, sofferente, profetizzò Isaia:" ..ho presentato il dorso ai flagellatori, la guancia a coloro che mi strappavano la barba; non ho sottratto la faccia agli insulti e agli sputi...." ( Is.50); ma, oltre alla sofferenza fisica, per la violenza dei colpi e la fatica del camminare, sotto il peso della croce, su Gesù si abbatte il dolore più profondo ed oscuro, quello della paura, e dell'angoscia.
"... poi, prese con sé Pietro, Giacomo e Giovanni e cominciò a sentire paura e angoscia. Gesù disse loro: «La mia anima è triste fino alla morte. Restate qui e vegliate». Poi, andato un po' innanzi, si gettò a terra e pregava che, se fosse possibile, passasse da lui quell'ora. E diceva:
«Abbà, Padre! Tutto è possibile a te, allontana da me questo calice! Però non ciò che io voglio, ma ciò che vuoi tu».
Il Padre, da quel momento, sembra essersi fatto lontano, come recita il salmo: "Mio Dio, mio Dio, perché mi hai abbandonato?... Signore, non stare lontano, mia forza, accorri in mio aiuto! "
( sl.21); e lontani sono anche i discepoli, quelli che erano stati più vicini, i tre prescelti che avevano contemplato lo splendore del Tabor.
Ormai l'entusiasmo della sequela è cosa remota: Pietro tradisce e gli altri fuggono, mentre la folla incalza, quella folla che lo aveva acclamato e che sicuramente era stata beneficata.
Così, nella desolazione e nell'abbandono più tragico, si compie il destino dell' uomo-Gesù, il Figlio di Dio redentore:" Condussero dunque Gesù al luogo del Golgota, che significa luogo del cranio, e gli offrirono vino mescolato con mirra, ma egli non ne prese. Poi lo crocifissero e si divisero le sue vesti, tirando a sorte su di esse, quello che ciascuno dovesse prendere. Erano la nove del mattino quando lo crocifissero...Venuto mezzogiorno, si fece buio su tutta la terra fino alle tre del pomeriggio. Alle tre Gesù gridò con voce forte: «Eloi, Eloì, lamà sabactànì. che significa: Dio mio, Dio mio, perché mi h abbandonato? Alcuni dei presenti, udito ciò, dicevano:«Ecco, chiama
Elìa!». Uno corse ad inzuppare di aceto una spugna e, postala su una canna, gli dava da bere, dicendo: «Aspettate vediamo se viene Elia a toglierlo dalla croce». Ma Gesù, dando un forte grido, spirò. "
Nello sconvolgimento della natura, in quel simbolico velo del tempio di Gerusalemme squarciato dall'alto verso il basso, solo una luce si accende, la luce della fede e della rivelazione che raggiunge un " lontano", un pagano, un soldato:".. il centurione che gli stava di fronte, vistolo spirare in quel modo, disse: «Veramente, questo uomo era Figlio di Dio!», un riconoscimento, che è già annuncio di Pasqua; la morte e il peccato sono vinti alla radice e l'uomo, nel dolore che, pure, lo accompagnerà ancora, nell'arco dell'esistenza e nel volger della Storia, non è più solo.
E' la grande luce interiore di Dietrich Bonhoeffer che, dalla prigionia, scrive:" La croce di Dio ha voluto essere il dolore di ciascuno; e il dolore di ciascuno è la croce di Dio".
Di queste croci assurde è costellata la storia, anche quella recente, e quella presente, in diverse parti della terra; nelle tragiche vicende dell'uomo, di fronte al Mistero grande del Dio crocifisso siamo chiamati a contemplare e a riamare, siamo chiamati ad operare, per tener viva nel mondo la Presenza di Lui, morto e risorto per noi, di Lui tante altre volte crocifisso nei suoi fratelli.
Ecco quel che scriveva nel suo Diario Etty Hillesum, che visse il dramma inaudito della Shoah, e morì ad Auschwitz nel 1945:
" Non mi faccio molte illusioni su come stiano le cose veramente...Si, mio Dio, sembra che tu non possa far molto per modificare le circostanze attuali, ma anch'esse fanno parte di questa vita. Io non chiamo in causa la tua responsabilità, più tardi sarai tu a dichiarare responsabili noi. E quasi a ogni battito del mio cuore, cresce la mia certezza: tu non puoi aiutarci, tocca a noi aiutare te, difendere fino all'ultimo la tua casa in noi. Mio Dio, cercherò di aiutarti affinché tu non venga distrutto dentro di me....Una cosa, però, diventa sempre più evidente per me, e cioè che tu non puoi aiutare noi, ma che siamo noi a dover aiutare te, e in questo modo aiutare noi stessi. L'unica cosa che possiamo salvare di questi tempi, e anche l'unica cosa che veramente conti, è un piccolo pezzo di te in noi stessi, mio Dio! E forse possiamo anche contribuire a disseppellirti dai cuori devastati di altri uomini. "


sr Mariarita Pisano O.P.
Monastero Domenicano SS.mo Rosario