Omelia (02-04-2006) |
LaParrocchia.it |
Fecondi come piccolo seme ... L'esperienza della fede non è una semplice curiosità o una ricerca dilettevole di chissà quale sapienza. Essa è un coinvolgimento intenso e intimo in un 'giocò di partecipazione e di imitazione che esalta la vita dell'uomo. Dio non ci chiede, cioè, una banale adesione a lui, quasi una sorta di mediocre affetto; al contrario, ci invita ad una partecipazione feconda al mistero della sua vita. "Voler vedere Gesù", in fondo, significa semplicemente questo. La Coletta di questa domenica ci esorta a chiedere di coinvolgerci di più nel mistero di Dio, che trova la sua più stravolgente rivelazione nella morte in croce del Figlio. E' una preghiera piana ma densa, quasi una 'giaculatoria' d'altri tempi, dove il senso della fede è solo e tutto nella 'partecipazione intima alla passione redentrice' di Gesù. Se il chicco di grano. Dei greci si interessano di Gesù. Ne avranno sentito parlare: la sua fama si era così diffusa che tanti volevano vederlo. Se proviamo per un attimo a sostituire alla parola 'Gesù' il significato di questo termine (Dio salva), allora potremo interpretare l'interrogativo come una domanda provocante e leggermente irrisoria: i greci dell'epoca volevano sapere come Dio avrebbe salvato il mondo. Loro, che di divinità ne avevano tante, e tutte intenti a guardare il mondo dall'Olimpo dei loro interessi e delle loro ingordigie. Ma questa interpretazione può apparire una forzatura. Ci atteniamo al senso più semplice del curioso interrogativo. La persona di Gesù stava affascinando e incuriosendo la gente dei 'dintorni'. Il suo messaggio e il suo stile stimolavano il modo di vedere Dio. Si voleva sapere di più di Lui e cogliere il suo mistero. E Gesù inizia a rispondere... Il mistero di Dio è come quello di un seme che muore, consacrato quasi inconsapevolmente a donarsi per portare frutto. Gesù parlava di Dio che si dona, ma parlava anche della vita che è chiamata a diventare dono. L'Uno e l'altra non vanno mai disgiunte! Poveri saremo quando dimenticheremo che il senso della fede è semplicemente per la pienezza di vita dell'uomo. Non avrebbe senso una fede sganciata dalla vita e non avrebbe valore una religiosità che non coinvolgesse le scelte, gli stili, le consegne di disponibilità che tanto difendiamo o centelliniamo. Diò è 'chicco di grane che muore': cioè, è dono, gratuità, altruismo, passione di liberta, responsabilità che ama, salvezza senza prezzo. La sua vita ha deciso di perderla... Per gli uomini!!! A noi ci è richiesta la sua (impossibile?!) imitazione. Crea in me, o Dio, un cuore puro. C'è sempre un'inquietudine nella nostra vita di credenti cristiani: la fatica o l'impossibilità di fare quello che il Maestro ci ha consegnato. Il cristianesimo corre il rischio di diventare, così, una sorta di moralismo, ripiegato sulle dinamiche della propria volontà o dei propri sforzi. E nascono, pertanto, tristezza e delusione. Se, invece, ciascuno si tuffa nel mistero di Dio, ci si accorge che il Signore ha stretto con noi un'alleanza diversa, dove non è più l'uomo chiamato a 'sforzarsi' per raggiungere certe mete, ma è Dio che 'pone la sua legge nell'animo' di coloro che lo cercano, lo amano e lo vogliono seguire. Una sola battuta: il cuore indurito e la mente indomita che ciascuno di noi si ritrova, saranno piegate dallo Spirito del Signore in un'alleanza così bella e profonda che solo la sua bontà poteva creare. E alla domanda dove abita Dio, S. Agostino ci ricorda e ci sorprende: "interior intimo meo". E' dentro di noi, nel più profondo del nostro essere. Se provassimo a riscoprire la vera spiritualità cristiana! Essa non è devozione o oceano di parole, ma semplicemente 'dolce e gentile' consapevolezza che siamo abitati da Dio. La fede è celebrazione. Non sempre riusciamo a cogliere la portata della liturgia cristiana. La riduciamo o la rendiamo così cerimoniosa che ci sfugge spesso il suo senso e il suo significato. La lettera agli Ebrei ci ricorda che la 'liturgia di Gesù' è stata tutta un'offerta di preghiere e suppliche al Signore perché lo esaudisse e, alla fine, si è tramutata in offerta della propria vita. E allora cosa 'celebrano' i cristiani? Celebrano questa offerta intima e reale che Gesù ha fatto al Padre e gli rendono grazie per il dono di questa consegna di amore da parte del Figlio. Più la fede diventa celebrazione e più acquista i crismi della sua veridicità. Quanto è difficile trasformare la fede in celebrazione! E quanto è difficile accorgerci che la vera celebrazione è l'offerta della propria vita al Signore! E quanto è urgente riscoprire la fede come 'obbedienza capace di soffrire', causa di salvezza eterna per tutti! Dovremmo verificarci più spesso come uomini di fede e lasciarci condurre sulle strade della consegna gioiosa al mistero di Dio. Non c'è altra Quaresima! Non c'è altra Pasqua!... O ne cerchiamo 'altre'? |