Omelia (19-07-2003) |
padre Lino Pedron |
Commento su Matteo 12, 14-21 I farisei tennero consiglio contro di lui per toglierlo di mezzo. Decidono di uccidere Dio perché ama l'uomo. La notizia della decisione dei farisei di far morire Gesù ci introduce nella comprensione della sua messianicità: egli non è il messia spettacolare, ma il Servo sofferente del Signore, "mite e umile di cuore" (Mt 11, 29) e benevolo verso tutti i malati e i peccatori. Egli non affronta direttamente i suoi avversari, ma si ritira. Questo è lo stile di Gesù quando viene minacciato (Mt 4,12; 14,13). Egli non desidera lo scontro frontale perché non è venuto per sconfiggere l'uomo, ma per salvarlo. La missione di Gesù non corrisponde alle attese di un messia vincente e acclamato. Egli porta a compimento tutte le promesse della storia della salvezza come Servo sofferente del Signore usando unicamente i mezzi dell'amore. I verbi del testo di Isaia "non contenderà, non griderà, non spezzerà, non spegnerà" ci assicurano che Gesù non ha fatto del male a nessuno. Il suo amore per gli uomini non gli ha permesso di essere come lo avrebbero voluto il Battista e i suoi connazionali: pieno di zelo nel combattere i nemici, insignito di tutti i poteri, battagliero, travolgente. E' stato invece mite, umile, buono e comprensivo con tutti. Egli non è un conquistatore di popoli che travolge tutto e tutti, ma salva la vita e rianima la speranza dei più deboli. L'umanità malata e peccatrice non ha bisogno di urla e di minacce, ma di conforto e di misericordia. Gesù è la manifestazione della bontà di Dio per tutti gli uomini (cfr Tt 2,11). |