Omelia (09-04-2006)
don Marco Pratesi
Passione di N. S. Gesù Cristo secondo Marco

Abbiamo ascoltato tl racconto della passione del Signore secondo l'evangelista Marco.
Il suo è un racconto essenziale, nel quale le parole e i commenti sono scarsi. Marco racconta mettendo in primo piano i fatti e le situazioni: per lui sono queste le cose importanti ed eloquenti. È certamente un invito a leggere la passione di Gesù prestando prima di tutto attenzione alla sua "ossatura": in sostanza, Gesù viene tradito, abbandonato, condannato da tutti (i discepoli, la gente, le autorità religiose e politiche). Man mano che dal "portale" della passione, l'unzione di Betania, ci si inoltra in essa, vediamo Gesù progressivamente entrare in un silenzio sempre più profondo, fino a tacere del tutto. "Tu lo dici" è l'unica parola che egli risponde alle domande di Pilato. Da allora non dirà più niente, fino alla drammatica invocazione: "Eloì, Eloì, lamà sabactanì?" (15,34) e al seguente grande grido col quale spira (15,36). Si compie così, fino all'estremo limite, l'abbandono di Gesù: anche il Padre sembra abbandonarlo.
Quali elementi ci offre Marco per leggere il modo in cui Gesù vive questo abbandono? Mi sembrano importanti tre aspetti.
Il primo è la preghiera che Gesù rivolge al Padre nel podere del Getsemani: "Abba, Padre! ogni cosa ti è possibile; allontana da me questo calice! Ma pure, non quello che io voglio, ma quello che tu vuoi" (14,36). Lungo tutto il dispiegarsi della sua sofferenza, Gesù vive questa sofferta adesione alla volontà del Padre, come ripetendo ad ogni momento: "non quello che io voglio, ma quello che tu vuoi".
Il secondo è il silenzio di Gesù, un silenzio ricco di molteplice senso, ma che mi sembra esprimere prima di tutto il suo consapevole entrare, senza opporre resistenza e nell'affidamento della sua causa al Padre, nei mostruosi gorghi della menzogna, negli abissi dell'ingiustizia e della violenza.
Il terzo elemento è l'invocazione sulla croce: "Eloì, Eloì...". Come è noto, si tratta dell'inizio di un salmo, preghiera che esprime l'intensa sofferenza di un giusto perseguitato, ma anche la sua incrollabile fiducia in Dio.
Anche noi, come le donne, siamo invitati a "guardare" (15,40): contempliamo la sofferenza e la morte del Signore per scoprire in essa l'inattesa rivelazione di un Dio che, in ogni possibile abbandono, rimane tenacemente, ostinatamente fedele alla follia dell'amore.

All'offertorio:
Pregate fratelli e sorelle perché questo sacrificio ci renda compartecipi della passione del Signore, e sia gradito a Dio Padre Onnipotente.

Al Padre Nostro:
Chiediamo al Padre di poter fare sempre la sua volontà, dicendo anche noi, insieme a Gesù: "non quello che io voglio, ma quello che tu vuoi":