Omelia (09-04-2006)
Agenzia SIR


Prima di Pasqua è forse questa la domenica più festosa e partecipata. Vengono a Messa anche non pochi genitori, che accompagnano i loro figli con i rami di palma o di ulivo, i simboli apparentemente contradditori del martirio e della pace.

Pochi giorni prima della sua passione, Gesù entra trionfalmente in Gerusalemme: "La folla era venuta per la festa, udito che Gesù veniva, prese dei rami di palme e uscì incontro a lui, gridando: Osanna! Benedetto colui che viene nel nome del Signore, il re d'Israele". Luca redattore di questo brano, aggiunge una sua rievocazione profetica che dice: "Non temere figlia di Sion. Ecco il tuo re viene, seduto sopra un puledro". Ora si attua quella profezia. Con Gesù è venuto tra i suoi il vero re d'Israele.

Anche i discepoli lo comprenderanno molto dopo, quando davvero vedranno manifestarsi la gloria del Risorto. Per il momento non dovranno lasciarsi ingannare dall'effimero entusiasmo di quella folla, la stessa che non tarderà a gridare contro Gesù la sentenza di morte: "Crocifiggilo". Questo repentino cambiamento è sempre stato portato a esempio di quanto siano cangianti e volubili gli umori della gente, che spesso si lascia influenzare da chi grida più forte, senza ragionare con la propria testa.

Prima di affrontare la passione e la morte, Gesù anticipa la cena con i suoi discepoli. Dopo prese il pane il vino per trasformarli nel suo corpo e nel suo sangue. I cristiani conoscono questi gesti che il sacerdote ripete nella Messa, obbedendo al comando del Signore: "Fate questo, in memoria di me". È quanto di più grande Gesù abbia lasciato ai suoi, il suo corpo e il suo sangue, tutto se stesso presente nel sacrificio eucaristico.

È per noi il sacrificio e la cena del Signore, il mistero della fede, poiché noi crediamo nella sua presenza. Ogni volta che mangiamo questo pane e beviamo a questo calice, come ci ricorda San Paolo, noi diventiamo una sola cosa con Cristo. Le membra si uniscono al loro capo, non siamo più disgregati e dispersi, ma formiamo un solo corpo. Gesù si è veramente consegnato a noi e ci ha donato tutto se stesso.

Attraverso vari passaggi, Luca, nel suo Vangelo, vuole accompagnarci, passo passo, a riconoscere in Gesù il Figlio di Dio. Si serve dei miracoli, delle parole e degli incontri di Gesù con la folla. Ma soprattutto riporta la testimonianza di chi ha visto la morte di croce. Quando Gesù, dando un forte grido, spirò, "il velo del tempio si squarciò in due, dall'alto in basso, Allora il centurione che gli stava di fronte, vistolo spirare in quel modo disse: "Veramente questo uomo era figlio di Dio!". Un'autentica professione di fede, da parte di un pagano "che lo aveva visto spirare in quel modo".

Quale modo? Certamente l'abbandono di Gesù alla volontà del Padre, senza un moto di protesta o di ribellione. Certamente l'esempio di un innocente che accetta di subire la violenza e l'ingiustizia. Un agnello, aveva detto Isaia, che va al macello senza lamento. È in fatti la croce il fondamento della nostra fede, con la conseguente risurrezione. Gesù, passato dalla morte alla vita, è il segno della nostra speranza.

Commento a cura di don Carlo Caviglione