Omelia (09-04-2006)
mons. Antonio Riboldi
Benedetto colui che viene

In punta di piedi, lasciamoci sorprendere e commuovere dalle liturgie di questa settimana, che giustamente la Chiesa definisce "Santa".
E' una settimana in cui Dio non solo ci svela in Gesù Suo Figlio quanto ci ama, ma chiede di essere amato. Una settimana in cui ogni vero discepolo di Gesù si fa sorprendere e commuovere dall'amore, fino a "entrare nel vivo del Suo Cuore e farci plasmare".
Vorrei dire a voi, che siete diventati miei amici e quindi compagni nel cammino verso Dio, i sentimenti che provava Paolo VI proprio commentando questa domenica, detta "delle Palme".
"Se noi vogliamo comprendere bene la nostra vita e l'indirizzo che sempre intendiamo imprimerle, dobbiamo guardare a Cristo. Egli è il Re, il Sovrano della storia, il centro di ogni aspirazione e la meta dell'uomo. Egli consegue il suo trionfo nel dare quanto ha: il sangue, l'onore, la sua libertà, la sua vita per noi. Gesù ci ha salvati nel dolore e nell'amore. Figlioli, lasciamoci impressionare da queste altissime verità. Incominciamo a comprendere le scene che il racconto evangelico e le cerimonie liturgiche rievocano davanti alle nostre anime. Lasciamoci commuovere, sì commuovere. C'è molto bisogno, proprio di scuotere i nostri sentimenti a volte stagnanti, opachi, tetri, incapaci di vibrare dinanzi a queste supreme lezioni, che riguardano la storia e le finalità stabilite per l'uomo. Sentiamo nelle nostre anime ciò che Gesù Cristo sentì in se medesimo. Che da Lui a noi passi il fluido, la corrente dei suoi sentimenti per trasformare ed accendere i nostri! Gesù ci ha amato: ha offerto la sua vita per noi: ciascuno di noi è debitore a lui di una salvezza per cui è occorso il prezzo del suo sangue. Sì, fratelli, lasciamoci commuovere e coinvolgere.
Non possiamo rimanere inerti, non dobbiamo più oltre comportarci come insensibili, refrattari, nemici. Curviamo invece la fronte, come il Centurione che, dopo aver confitto in croce Gesù, quando lo vide morto, confessò: Veramente era il Figlio di Dio!" (11 aprile 1965).
Ma saremo capaci di accostarci con sincerità e umiltà di cuore a questa fonte di amore e felicità, uscendo dal ghetto del nostro egoismo, che è davvero il buio del cuore? Lasciamoci commuovere!
Durante tutta la settimana, deve accompagnarci l'apostolo Paolo, che così scriveva ai Filippesi questa storia di amore di Dio: "Cristo Gesù, pur essendo di natura divina, non considerò un tesoro geloso la sua uguaglianza con Dio, ma spogliò se stesso, assumendo la condizione di servo e divenendo simile agli uomini; apparso in forma umana, umiliò se stesso, facendosi obbediente fino alla morte e alla morte di croce. Per questo Dio l'ha esaltato e gli ha dato il nome che è al di sopra di ogni altro nome; perché nel nome di Gesù, ogni ginocchio si pieghi nei cieli, sulla terra e sotto terra e ogni lingua proclami che Gesù Cristo è il Signore, a gloria di Dio Padre" (Fil 2,6-11).
Poche righe che raccontano l'amore di Dio, che si rivela e si mostra in questa settimana santa, che ci porta alla Pasqua.
Inizia questa settimana con "le palme o ulivi".
Così narra Giovanni l'evangelista: "La gran folla che era venuta per la festa, avendo udito che Gesù veniva a Gerusalemme, prese dei rami di palme e uscì incontro a lui gridando: Osanna! Benedetto colui che viene nel nome del Signore, il re d'Israele! Gesù, trovato un asinello vi montò sopra, come sta scritto: "Non temere, figlia di Sion, ecco il tuo re viene seduto sopra un puledro di asina!" Sul momento i suoi discepoli non compresero queste cose! Ma quando Gesù fu glorificato, si ricordarono che questo era stato scritto di lui e questo gli avevano fatto" (Gv 12,1-16).
Il nostro è un tempo - ma è l'eterna storia dell'uomo, malato di superbia – che sostituisce la mitezza dell'amore, con il trionfalismo di sé. Dio sa molto bene che l'amore va a braccetto con l'umiltà. Vuole essere amore e basta. Forse noi, al posto di Gesù, in quella cavalcata di osanna, avremmo suonato tutte le trombe possibili, per un trionfo che il più delle volte genera umiliazioni di altri...come avviene.
L'amore è come "il chicco di grano che se caduto in terra non muore non può portare frutto". L'amore è davvero il dono di Dio ed il sogno di ogni uomo di buona volontà, e come tale è l'infinita dolcezza di perdersi nel volto di chi si ama, magari perdendo se stesso, come Gesù. S. Chiara amava dire che per essere di Cristo occorre avere umiltà, povertà e carità. In altre parole "spogli di ogni ambizione o idolatria, ricchi di cuore". Come sarebbe bella la vita, il mondo, gli uomini se così fosse in tutti. Questa del resto è stata la lezione che Gesù ha indicato per quella pace che è l'anelito dell'uomo.
E certamente il bisogno di pace, oggi, lo si sente da tutti, a cominciare dalla gente comune che, con aria di festa, inonda le nostre città, agitando palme o rami di olivo, sapendo che ha di fronte a sé, una densa coltre di violenze che tolgono a volte anche il respiro della pace.
Siamo davvero stanchi di tanti egoismi, che generano violenze di ogni sorta. Una violenza che sembra impazzita, entrando persino nelle famiglie con le tragedie che raccontano le cronache.
Siamo davvero nauseati del come vediamo strappato ogni lembo di dignità nelle torture, nelle emarginazioni, e viene da dire quanto con amarezza disse Levi: "Ma che uomo è mai questo?" La superbia dell'uomo forse non si rende conto del come stritola i fratelli, come fossero "merce da usare" in ogni modo o "cose di poco conto".
A volte sentiamo l'amarezza di una vita che potrebbe essere la gioia di gridare, agitando le palme: "Benedetto colui che viene nel nome del Signore"...come la sentì Gesù vedendosi non accolto e capito.
Chi di noi è stato pellegrino in Terra Santa, certamente avrà fatto la ripida discesa che da Betfage porta all'Orto degli Ulivi. A mezza strada si incontra un luogo chiamato "Dominus flevit". Ai piedi di questa strada vi è il Getsemani e quindi l'Orto degli Ulivi, dove Gesù ha vissuto la sua "agonia". Di fronte c'è la grande Gerusalemme con la spianata dei templi: Gerusalemme, la città di Dio, che non ha saputo accogliere il Figlio di Dio.
Racconta l'evangelista Luca: "Quando fu vicino alla città, Gesù la guardò e si mise a piangere per lei. Diceva: "Gerusalemme, se tu sapessi almeno oggi, quel che occorre alla tua pace! Ma non riesci a vederlo. Ecco, Gerusalemme, per te verrà il tempo nel quale i tuoi nemici ti circonderanno di trincee. Ti assedieranno e premeranno su di te da ogni parte. Distruggeranno te e i tuoi abitanti e sarai rasa al suolo, perché tu non hai saputo riconoscere il tempo nel quale Dio è venuto a salvarti" (Lc 19,41-45).
Ogni volta mi reco in quel luogo, mi siedo a lungo e cerco di capire l'amarezza, ancora di più il pianto del Figlio di Dio, che era ed è la sola pace possibile se accolto, e mi chiedo cosa direbbe oggi delle "nostre Gerusalemme", che siamo noi. Mi chiedo fino a che punto sappiamo riconoscere il tempo, che è l'oggi, in cui Gesù viene in mezzo o incontro a ciascuno di noi...ma "non siamo riusciti a vederLo...perché non sappiamo riconoscere il tempo in cui Dio viene a salvarci...Lo sapessi almeno oggi!".
Come possiamo non farci interpellare da questo pianto di Gesù, restando indifferenti di fronte a tanto amore che non accolto diventa pianto? E' il grande momento questa Settimana Santa di cogliere l'occasione di "riconoscere il nostro tempo" e quindi asciugare le lacrime di Dio. Ma saremo capaci?
Ripercorrendo le stazioni della via Crucis, proposte dal S. Padre lo scorso anno, alla vigilia di quel grande evento che fu la morte del grande Giovanni Paolo II (ricordate?), così l'allora Card. Ratzinger, ora nostro amato Papa, per le donne che incontrandoLo sulla via del Calvario piansero di dolore, così pregò: "Signore, alle donne che piangono hai parlato di penitenza, del giorno del giudizio, quando ci troveremo al cospetto del tuo volto, il volto del Giudice del mondo. Ci chiami a uscire dalla banalizzazione del male con cui ci tranquillizziamo, così da poter continuare la nostra vita di sempre. Ci mostri la serietà della nostra responsabilità, il pericolo di essere trovati, nel giudizio, colpevoli e infecondi. Fa' che non ci limitiamo a camminare accanto a te, offrendo soltanto parole di compassione. Convertici e donaci una nuova vita; non permettere che alla fine rimaniamo come il legno secco, ma fa' che diventiamo tralci viventi in te, e che portiamo frutti per la vita eterna" (Via Crucis, ottava stazione).
Oggi, domenica della Palme, vogliamo aggregarci al popolo umile e devoto che portava in trionfo Gesù agitando palme e olivi. Portiamo con noi il ramoscello di ulivo che ci sarà dato e questo sia segno della nostra buona volontà di farci convertire da Gesù e vivere di Lui, che è la vera pace. E con l'ulivo questa pace entri nelle vostre case e sia il sorriso e la speranza tra di noi, come un canto di fiducia.
Vivremo insieme i grandi giorni di questa settimana santa
-Giovedì, la giornata della Eusarestia "in Cena Domini" e quindi l'adorazione notturna a fare compagnia a Gesù nella sua agonia nel Getsemani.
-Venerdì Santo è il grande giorno dell'amore che non teme di essere come "pane stritolato e spezzato, grano che caduto in terra muore", per dare vita al grande albero della resurrezione o Pasqua.
Vi sarò vicino, con qualche breve riflessione, in modo da vivere insieme questi giorni che sono "la solennità dell'amore che si dona".

NOTA BENE:
Martedì santo il mio carissimo e prezioso collaboratore, che è quello che si carica con tanto amore a farvi avere le riflessioni, il buon Guido, vi farà avere una breve riflessione per il Giovedì Santo e il Venerdì Santo che vi aiutano a vivere spiritualmente i grandi Misteri di amore di Gesù.
La riflessione della S. Pasqua sarà come al solito.