Omelia (12-04-2006)
mons. Vincenzo Paglia


Giuda cova nel suo cuore il tradimento già da molto prima del suo metterlo in atto. C'è una lontananza della nostra vita dal Signore che costituisce il terreno sul quale affonda le radici il tradimento e la diffidenza. E una volta presa dimora la pianta maligna si sviluppa mascherando i suoi rami con i ragionamenti del realismo, come un argine ad un sogno che potrebbe portarci troppo lontani da noi stessi. Nella scena intima e familiare di quell'ultima cena dei fratelli del Signore riuniti il tradimento si affaccia e semina sconcerto. Non è un estraneo, un nemico che cova il risentimento, ma uno di quei familiari. Non è un pagano o un fariseo, ma uno di loro ad aprire le porte del cuore al male, tanto da divenirne complice. E' facile, vuol dirci il Signore, sentirsi nel giusto e intanto fare spazio al male, cooperare con suo agire, ritenersi vicini e costruire intanto baratri di incomprensione e freddezza. Non è un mostro Giuda, è uno dei dodici, ha visto e vissuto tutto quello che ha fatto Gesù, ha intinto la mano nel suo stesso piatto, eppure ha fatto del suo cuore la casa del risentimento verso quel Signore che ha l'unica colpa di avergli voluto fin troppo bene.