Omelia (13-04-2006) |
don Luciano Sanvito |
Prima, Unica e Ultima Cena "Il mangiare di Dio con noi": ecco il Giovedì Santo. Il condividere con noi il pasto solenne dell'Ultima Cena arricchisce il cammino pasquale perché apre a noi la dimensione della vicinanza di un Dio che si fa nel pane e nel vino il Corpo e il Sangue di Gesù. Arricchisce il cammino pasquale perché ci orienta all'annientamento, in questi due simboli, nella persona stessa di Gesù che serve i suoi; quindi, nel passaggio a noi (pasqualità della fede). Arricciamo il naso di fronte a questo annientamento che Gesù chiede ai suoi, per darsi in cibo, Lui e noi, a questa umanità. Ma proprio qui arriviamo al punto, al messaggio stupendamente antico e modernissimo per il mondo di oggi, in attesa di un'alba pasquale rinnovante: nel perdersi si semina la vita nuova. Nel perdersi dei segni e del segno stesso della nostra persona, ci dice e ci mostra Gesù. Ecco perché l'Ultima Cena è efficace testamento: Gesù lascia i suoi nel senso più vero: nei suoi segni, in Lui stesso chiamato a scomparire, e chiede a noi di fare altrettanto. Ma questa Cena Santa ci rende sacerdoti soprattutto 'oltre' questo annientamento: ecco il sacerdozio umano, di tutti, e quello specifico, dei suoi; ecco il sacerdozio di Gesù, fondato e fondante sulla Parola che mette in circolazione la vita che pareva solo morta e dissipata. L'Ultima Cena anticipa (come ogni altro atto liturgico del Triduo Pasquale) il passaggio che verrà amplificato e attestato con solennità il giorno di Pasqua: quello dalla morte alla vita. L'Ultima Cena, quindi, è l'antipasto della Pasqua. Quindi non è solo 'Ultima' nel tempo della fine, ma nel fine stesso: è l'Unica', e in questo senso anche la 'Prima' di tutte le altre esperienze di condivisione dell'umanità in cammino verso la Pasqua eterna. Il Giovedì Santo attualizziamo allora il mangiare nostro con Dio stesso. |